Continua
il pregevole lavoro della Fondazione Donizetti di Bergamo, nel manifestare la volontà di far riscoprire quanto di prezioso offre la
nostra cultura musicale e che talvolta viene messo da parte, in favore di
titoli più blasonati e di sicuro riscontro nel pubblico. In questo caso, la
scommessa è stata ancora vincente, con la messa in scena de ‘Il Furioso all’isola
di Santo Domingo’, soprattutto per l’importante recupero di un bozzetto che
il grande e compianto illustratore e scenografo Emanuele Luzzati aveva ideato anni addietro, per un progetto
operistico pensato proprio per l’isola dominicana, e poi in seguito accantonato.
La storia di per sé non ha nulla di particolarmente originale: un uomo
abbandonato dalla sua donna che poi fa di tutto per riconquistarlo, e
fondamentalmente il tutto si svolge attorno a questo fatto. Ma è come questo viene
posto in essere dal regista Francesco Esposito che sancisce la
riuscita di questa produzione. Infatti, l’ambientazione creata per essa ci porta in una dimensione fiabesca, come se i personaggi fossero usciti da un
libro incantato dai colori vivaci e splendenti. Le
scenografie sono opera di Michele Olcese, che ha avuto il compito di concretizzare quanto a suo tempo Luzzati aveva ipotizzato con il suo bozzetto. I fantasiosi scenari ispirati al pittore francese Henri Rousseau, insieme ai costumi di Santuzza
Calì e Paola Tosti, fanno sì che le vicende prendano vita in mezzo a
bellissimi paesaggi naturali e fondali marini animati meccanicamente.
La
vicenda di quest’opera che ispirò il librettista Jacopo Ferretti, debuttò al teatro Valle di Roma nel 1833, e trae
origine da un lavoro teatrale napoletano anonimo di poco precedente, nonché da
episodi del celeberrimo Don Chisciotte della Mancia di Cervantes, risalente al
1605.
Non
pazzo furioso è il nostro protagonista; è un malato d’amore, con tutte le
conseguenze del caso: rabbia mista a dolore, malinconia, sprazzi di follia
omicida poi rientrati in lampi di lucidità. Cardenio è impazzito per la troppa
sofferenza, per la delusione amorosa: il suo angelo lo ha tradito e ciò lo
conduce ad una follia che però talvolta è persino ironia, tanto assurde sono certe
sue azioni, di volta in volta subite da chi gli sta intorno e prontamente
sventate.
Per
quanto il libretto rechi il sottotitolo ‘melodramma in due atti’, oggi l’opera è
in realtà definita ‘semiseria’ per quel velo di leggera ironia che appunto pervade
tutta la narrazione. Ogni azione che prelude ad un momento tragico infatti, è
in realtà seguita da una contro azione che annulla in un lampo la precedente,
così che man mano chi assiste alla rappresentazione acquista la quasi consapevolezza
che in ogni caso il lieto fine sia dietro l’angolo. Si pensi all’iniziale
tentativo di suicidio da parte di Cardenio, trattenuto da Bartolomeo
e Marcella; oppure più avanti al suo tentativo di infierire nuovamente sul povero
moro Kaidamà, sempre fermato dalla comparsa di Bartolomeo; ed ancora il
gesto di voler colpire a morte Eleonora nel secondo atto, nuovamente arrestato,
stavolta dal fratello Fernando; ed infine al termine, la scellerata proposta di
doppio suicidio con l’amata da parte del Furioso, ancora una volta impedito da
Bartolomeo e Fernando. Infine, dopo l’ennesima prova d’amore da parte
della bella Eleonora disposta a morire essa sola, i due amanti si ritrovano insieme felici per sempre come
nelle più classiche delle storie narrate.
Il
cast della prima ha visto come protagonisti interpreti raffinati che con il
giusto spirito hanno saputo esemplificare tutte queste sensazioni, dando valore alla parola, al suo significato,
in perfetta fusione con la musica per essa creata dal compositore.
Il
Furioso della serata è Simone Alberghini. Grazie anche ad
una regia efficace che sottolinea soprattutto il lato malinconico del
personaggio (si pensi a quel suo contemplare costantemente l’effige della
fedifraga, ma che allo stesso tempo egli colpisce per sfogare la sua rabbia), il
baritono può esaltare le sue doti attoriali, unitamente ad un canto al servizio
della parola che conquista scena dopo scena.
In
grande spolvero è stato di sicuro Filippo Morace nei panni di Kaidamà.
Il suo comparire in scena in barella attaccato ad una flebo e mezzo ingessato mette
già lo spettatore in animo favorevole nei confronti del personaggio, che subisce
suo malgrado gli sbalzi di umore e lucidità del disperato Cardenio. Un canto
ben eseguito dalla sua voce corretta e voluminosa e una evidente propensione
alla recitazione, ne fanno il beniamino della serata.
Cinzia
Forte è stata davvero spiritosa nel cogliere tutte le sfaccettature
del suo personaggio: colpevole pentita, esprime con sicurezza la vena ironicamente
drammatica del suo personaggio, sottolineando i suoi stati d’animo grazie e
soprattutto alle variazioni della sua voce duttile ed agile, che si fa robusta
nel centro, per poi volare come piuma nella gamma più acuta.
Gradevolissima
l’interpretazione della brava Marianna Vinci come Marcella. Possiede
un timbro di voce rotondo e di corpo soprattutto nella gamma centrale, spigliata
e disinvolta, ha cantato con gran carattere il suo personaggio. Altrettanto dicasi
di Leonardo Galeazzi, un simpaticissimo
Bartolomeo dal timbro chiaro e piacevolissimo, anch’egli a suo agio sul palco.
Leggermente
meno sciolto ma molto concentrato nel suo canto, si fa man mano più disinvolto
il tenore Francesco Marsiglia nelle vesti del fratello Fernando. Anche per
lui diversi sono gli spunti atti a suscitare l’ilarità dell’audience, che
coglie sottolineandoli con una voce delicata che si piega al volere della scena
in corso.
Il
coro è parte integrante e viva della storia: i coloni ed i marinai sono
coloratissimi nei costumi di Calì e completano armoniosamente le azioni in atto
con la correttezza del loro canto.
L’orchestra
del Bergamo Musica Festival ha visto infine come suo condottiero il Maestro Giovanni
Di Stefano. Gli artisti non sono mai stati coperti dal suono dei
professori e la musica ha fatto più che altro da corretto accompagnamento alle
voci in scena, senza donare particolare guizzo ad una rappresentazione che in
alcuni punti avrebbe richiesto qualcosa in più.
Pubblico
folto ed entusiasta, ha salutato tutti con notevoli applausi di soddisfazione per la piacevole serata trascorsa.
MTG
LA
PRODUZIONE
Da un progetto inedito
di Emanuele Luzzati
Maestro
concertatore Giovanni Di Stefano
e
Direttore d’orchestra
Regia
Francesco Esposito
Coreografa
e
Assistente
alla regia Maria Cerveira
Scene
Michele Olcese
Costumi
Santuzza Calì
Assistente
ai costumi Paola Tosti
Tempesta
animata Luigi Berio
Luci
Bruno Ciulli
Direttore
del coro Fabio Tartari
GLI
INTERPRETI
Cardenio
Simone
Alberghini
Eleonora
Cinzia
Forte
Fernando
Francesco
Marsiglia
Bartolomeo
Leonardo
Galeazzi
Marcella
Marianna Vinci
Kaidamà
Filippo
Morace
Nuova
coproduzione:
Fondazione
Donizetti, Teatro dell’Opera Giocosa di Savona,
Fondazione
Teatro Comunale di Modena,
Teatro
Sociale di Rovigo, Fondazione Teatri di Piacenza,
Fondazione
Teatro Alighieri di Ravenna
Prima
esecuzione della nuova edizione Fondazione Donizetti
Sopratitoli
in italiano e inglese
Orchestra
e Coro del Bergamo Musica Festival
PHOTO STUDIOU.V.