Per questo sesto appuntamento concertistico della
stagione sinfonica la Fondazione Arena ha scelto due pezzi di straordinario
effetto e due interpreti di acclamata fama internazionale: il Maestro Boris
Brott e la violista Anna Serova.
La prima parte del concerto infatti ha visto come
protagonista un pezzo contemporaneo del compositore georgiano Gija Kantscheli: Styx per viola, coro e
orchestra.
L’autore, nato nel
1935, raccoglie in questa composizione tanta parte del suo vissuto e della sua
esperienza musicale. Siamo infatti nel 1999, anno in cui dedica questo suo
lavoro orchestrale a due suoi amici musicisti scomparsi qualche anno prima:
Terterian e Schnittke, il cui ricordo è evidentemente ancora molto vivo in lui ed il rimpianto per la loro scomparsa
talmente profondo da ispirare una musica molto accorata, in un certo senso ‘spezzata’,
come poteva essere dal punto di vista affettivo la vita dell’artista da quel
momento.
Immediatamente siamo posti di fronte ad un impatto emotivo dato da note ascendenti scandite da percussioni ed ottoni in evidenza, quasi come a richiamare l’attenzione dell’ascoltatore.
Poi si cambia subito tono con una atmosfera di solennità e diremmo sospensione
lirica, rappresentata dal fiume Stige che è chiaramente evocato nella sua funzione
mitologica di rappresentare il confine tra la terra dei vivi e quella dei
morti, con un sottofondo molto largo e dai toni sacri, grazie alla viola che interagisce
con il coro a simboleggiare il cammino mesto e lento dei defunti nell’aldilà. La
viola non cede a facili virtuosismi nella scrittura di Kantscheli, ma la sua
funzione è quella di sottolineare la malinconia con suoni molto acuti e quasi
stridenti, sì da straziare coloro che ascoltano, mentre il dolce canto dei
coristi evoca i nomi dei musicisti defunti con frasi senza un significato specifico, ma
dal giusto effetto sonoro. Spesso la melodia pacifica viene interrotta da
momenti di concitazione, ma sono soltanto lampi che preludono a silenzi
improvvisi, poi colmati dal suono pieno di tutta l’orchestra ed il coro
insieme, alternati da altri silenzi ed ancora momenti di pace assoluta. Infine,
come a dire che gli strumenti a disposizione neanche bastano ad esemplificare
le sensazioni che Kantscheli vuole
esprimere, verso il termine del pezzo vi è l’aggiunta di alcuni suoni ottenuti
strisciando semplicemente la bacchetta della viola solista e dei contrabbassi
sullo strumento, senza emettere alcun suono, ma solo un fruscio, accompagnato e
via via più accentuato dalle voci dei coristi che intonano addirittura una
specie di ronzio, come se la mente non potesse liberarsi da un pensiero fisso che
la tormenta. Davvero un lavoro impressionante.
Brott coglie soprattutto l’aspetto sofferente
della composizione, accentuando molto i momenti maggiormente concitati e contrapponendoli
nei volumi e nei tempi ai momenti più squisitamente lirici, ottenendo un
effetto di forte impatto uditivo. Anna Serova si inserisce con
sentimento in questo complesso manto di sensazioni, toccando con gentilezza le
corde del suo strumento ed ottenendo un suono delicato e carico di pathos. Per accontentare
il pubblico esegue poi un meraviglioso bis di Vieuxtemps: il Capriccio alla Paganini, ove le sue abilità tecniche sono
esposte con maggiore evidenza.
La seconda parte guarda più indietro nel tempo,
ma non si discosta totalmente da quella
precedente, con la Symphonie fantastique op. 14 di Hector Berlioz, datata 1830. È noto infatti che anche in questo
poema sinfonico vi siano evocati episodi della vita del compositore stesso, qui
favoleggiati e ricchi di ‘rêveries’. Il titolo completo della composizione in
italiano è infatti ‘Sinfonia fantastica, episodi della vita di un artista’,
scandita da cinque movimenti che evocano in modo specifico, con altrettanti
sottotitoli, questi momenti. La sua storia con l’attrice Harriet Smithson
finita male fu causa di molto dolore per il musicista, che in questo suo lavoro
celeberrimo trasfigura oltre misura i suoi sentimenti, immaginando una storia
precisa, in cui descrive inizialmente l’entusiasmo e la passione turbolenta di
un immaginario artista (Rêverie – Passions), poi segue lo sviluppo dei
sentimenti vorticosi verso questa donna amata che immagina di incontrare ad una festa (Un bal), seguita dalla quiete dei
campi in una lunga e tranquilla contemplazione (Scène aux camps), interrotta
dalla disillusione ed il conseguente sogno dell’assassinio dell’amante stessa,
seguito dunque da inevitabile condanna al supplizio (Marche aux supplice). Infine
nell’ultimo movimento (Songe d’une nuit du sabbat), il protagonista si vede nel bel mezzo di una festa demoniaca,
con esseri terrificanti e quant’altro popoli gli inferi e la campana ‘a morto’
che decreta la sua definitiva perdizione. Tutto questo Berlioz ce lo comunica
in un programma scritto proprio per presentare la sua composizione, spiegando
che questo fantomatico musicista si è riempito di oppio per lenire le sue
sofferenze amorose e tutto ciò che segue non è altro che il frutto delle
terribili visioni provocate dalla droga.
Con molta disinvoltura l’orchestra della
Fondazione Arena guidata da Boris Brott appare molto coinvolta
dalla partitura, grazie anche alla conduzione del Maestro, e se si escludono
alcune sonorità eccessive provenienti dal settore tube, il programma è portato
a termine con puntualità e destrezza. In evidenza come c’era da aspettarsi il
ballo, ossia il secondo movimento, in cui anche il Maestro si è lasciato
coinvolgere al punto di danzare quasi sul podio.
Anche se non pieno, il teatro ha registrato una
discreta affluenza di appassionati che ha mostrato di gradire, e questo
dispiace molto, soprattutto Berlioz e meno Kantscheli. Applausi comunque prolungati e
generosi per entrambi i protagonisti del concerto.
MTG
FOTO ENNEVI