Edizione critica a cura di Paolo
Fabbri
Ricordi, Fondazione Donizetti,
Edizione Nazionale delle opere di Gaetano Donizetti
La
figura di Anna Bolena rappresenta da sempre nell’immaginario collettivo colei
che usurpò con l’astuzia e gli appoggi giusti il trono della impareggiabile
Caterina d’Aragona, prima e secondo molti all’epoca unica legittima moglie di
Enrico VIII d’Inghilterra, benedetta da Dio e dal popolo. Senza soffermarci su
questioni politiche ed interessi internazionali che guidarono le scelte reali
inglesi nel ‘500, è anche vero che la volubilità del grande Enrico in fatto di
mogli è storia nota, ma soprattutto la
sua irrefrenabile missione di generare un erede maschio lo tormentò fino alla
fine dei suoi giorni, facendone quasi una malattia. La Anna Bolena di Donizetti
è ormai già una figura in ombra (quasi da non credere che grande regina sarà poi
sua figlia Elisabetta), nonché mesta se
pur mai arrendevole al cospetto del re, che ormai ha già posato gli occhi sulla dolce Giovanna Seymour,
futura terza moglie ed unica tra l’altro a dargli l’agognato figlio maschio (che
come si sa non sopravvisse a lungo).
Ecco
dunque che il regista Alessandro Talevi è partito proprio
da qui per immaginare la sua Bolena: l’oscurità regna sovrana nelle scene di Madeleine
Boyd i cui costumi sono anch’essi scuri e quasi si confondono con le
pareti; le luci di Matthew Haskins sottolineano allo stesso modo questo senso di
oppressione che sovrasta tutti i protagonisti, che per volere del regista
agiscono intorno e sopra ad una pedana girevole simbolo della famosa ruota del
destino, in un palco ove solo qualche elemento essenziale incornicia azioni
molto semplici, perché sia la parola immersa nella musica di Donizetti ad
esprimere sentimenti e pulsioni, molto più delle immagini.
Grande
orgoglio della fondazione Donizetti l’aver eseguito per la prima volta l’edizione
critica definitiva a cura di Paolo Fabbri, che ha visto impegnata una compagnia
di canto molto affiatata nei ruoli principali esaltati, è d’obbligo
sottolinearlo, da una direzione magnifica che non dimenticheremo.
Nel
ruolo eponimo ha debuttato una Carmela Remigio davvero in gran
forma. È riuscita ad imprimere allo stesso tempo forza e disperazione al suo
personaggio ma senza esasperarne il carattere dal punto di vista vocale,
delineando dunque una Bolena quasi incredula della sorte sopraggiunta, ma
sempre orgogliosa e fiera fino alla fine.
Le
fa da contraltare la Giovanna di Sofia Soloviy, la cui voce un po’ dura forse poco si addice al ruolo della
donna innamorata e dilaniata tra senso di colpa nei confronti della sua regina
e l’allettante prospettiva di un futuro come sua sostituta. Il canto però è corretto
come pure molto buona la presenza in scena.
Debutto
felice anche per Alex Esposito come Enrico: stupisce la cattiveria mostrata in
scena in perfetto accordo con l’oscurità d’animo richiesta dal regista. La sua
voce qui si piega ai dettami della partitura risultando ancora più profonda, quasi
cavernosa e sempre precisa, ottimo fondamento per una interpretazione a
tuttotondo quale un animale da palcoscenico come il cantante bergamasco sa
offrire sempre.
Suo
rivale, che si batte invece per la salvezza di Bolena, è il Percy di Maxim Mironov. Il vibrato molto
stretto e la non volumetrica voce potrebbero penalizzare questo giovane
interprete che invece mostra di possedere tutte le note che tempestano la sua parte
mostruosamente acuta. Inoltre il suo personaggio suggerisce una interpretazione
piuttosto dimessa, ma che in sala ha ricevuto parecchi consensi.
Tutt’altro
che dimesso il fratello della sventurata protagonista, Gabriele Sagona è un
ottimo e disinvolto Lord Rochefort ,
già ascoltato ed apprezzato in ruoli accorati di questo calibro, cui la voce
penetrante e sinuosa pare offrire ottimo terreno fertile per una eccellente
resa scenica.
Intensa
ed appassionata Manuela Custer come
Smeton: sia l’espressione del
volto che la voce intensa ed uniforme in tutta la gamma le attribuiscono un
carattere compassionevole, sinceramente innamorato e dove occorre ingenuo, nel
contribuire alla condanna della sua amata. Un ruolo per interpreti di grande esperienza
come è certamente il mezzosoprano. Chiude
il cast un buon Sir Hervey correttamente interpretato da Alessandro Viola.
Dulcis
in fundo sottolineiamo la colonna portante della spettacolo: la direzione
orchestrale di Corrado Rovaris . Fa molto piacere affermare
che questo capolavoro di quasi quattro ore di musica sia scivolato via lasciando
addirittura la voglia di sentire altro ancora. La fluidità del gesto è
corrisposta ad una esecuzione non solo scorrevole, ma delicata e puntuale fra
tutte le sezioni con una incredibile profondità di suono. Le aperture, gli
appoggi sulle note, l’attenzione ai minimi dettagli; tutto ha contribuito a
creare una atmosfera emozionante ed indimenticabile.
Teatro
letteralmente preso d’assalto come ai tempi d’oro di recente memoria, con
trionfo per la coppia protagonista, gli altri interpreti e naturalmente per il
direttore d’orchestra. Oltre dieci minuti di applausi e numerose chiamate alla
ribalta. Una grande e felicissima produzione per la Fondazione Donizetti.
Maria Teresa Giovagnoli
LA
PRODUZIONE
Maestro
concertatore Corrado Rovaris
e
Direttore d’orchestra
Regia Alessandro Talevi
Scene e costumi Madeleine Boyd
Luci Matthew Haskins
Coreografia Maxime Braham
Assistente alla regia Pamela Recinella
Maestro del coro Fabio Tartari
Regia Alessandro Talevi
Scene e costumi Madeleine Boyd
Luci Matthew Haskins
Coreografia Maxime Braham
Assistente alla regia Pamela Recinella
Maestro del coro Fabio Tartari
GLI
INTERPRETI
Enrico
VIII Alex Esposito
Anna Bolena Carmela Remigio
Lord Rochefort Gabriele Sagona
Anna Bolena Carmela Remigio
Lord Rochefort Gabriele Sagona
Giovanna
Seymour Sofia Soloviy
Lord
Riccardo Percy Maxim Mironov
Smeton
Manuela Custer
Sir Hervey Alessandro Viola
Sir Hervey Alessandro Viola
Produzione Fondazione Donizetti
Allestimento
della Welsh National Opera di Cardiff
Orchestra I
Virtuosi Italiani
Coro DonizettiFoto Gianfranco Rota
Gianfranco Rota
Gianfranco Rota