Nell’anno
dell’Expo milanese la Fondazione Arena di Verona ha scelto di non investire in
nuove ed esose produzioni visti anche i tempi che corrono, recuperando quindi gli
allestimenti ritenuti più significativi degli ultimi anni e che possano
rappresentare il nostro paese come fonte di arte e bellezza a livello mondiale.
Così per la serata inaugurale è stato scelto uno dei simboli del Festival che
assieme all’Aida costituisce il patrimonio dei ricordi e dei successi della storia
musicale veronese, il Nabucco di Giuseppe Verdi con la regia dell’inossidabile Gianfranco
de Bosio.
Come
già sottolineato in altre occasioni si tratta di uno dei più classici
spettacoli cui si possa assistere, ove tutto è in funzione degli eventi e sono
effettivamente visibili al meglio gli ambienti necessari affinché la storia sia
rispettata nella sua essenza. Abbiamo così ritrovato la città di Gerusalemme e
la reggia di Babilonia con le notissime strutture architettoniche di Rinaldo
Olivieri che utilizzano gli spazi sterminati del
palcoscenico. Ribadiamo che i movimenti scenici di questa regia risultano un po’ appesantiti ed
in generale lo spettacolo necessiterebbe di un rimodernamento.
La
compagnia di canto si è distinta soprattutto per le voci maschili.
Ancora una volta ci troviamo a sottolineare quanto Luca Salsi sia spirito trainante
in scena, forte di una voce importante ed imponente, dalla linea di canto
uniforme in tutta la gamma, il cui Nabucco si sviluppa in un crescendo di pathos
e carisma.
Piero Pretti è
un Ismaele quasi perfetto: timbro setoso con l’ottava acuta squillante che unita
ad una grande scioltezza interpretativa lo conduce saldo verso una serata
assolutamente positiva.
Dmitry Beloselsky è
uno Zaccaria composto ed altero dalla voce robusta e ben proiettata anche nell’ampio
spazio areniano.
Martina Serafin nel
ruolo di Abigaille non ci ha convinto pienamente per come si è approcciata al
personaggio, che talvolta è sembrato meno incisivo, anche dal punto di vista
vocale, di quanto ci aspettavamo da una interprete del suo calibro.
Fenena è una discreta Nino Surguladze dalla voce vellutata e dal carattere forte ma dolce e compito.
Il
gran sacerdote è un discreto Alessandro
Guerzoni, mentre Anna e Abdallo sono rispettivamente Madina Karbeli e Francesco Pittari.
L’ orchestra
guidata da Riccardo Frizza si pone su un
duplice piano nel condurre l’opera verdiana: alternando tempi larghi per i
momenti più elegiaci a guizzi di brillantezza e vigore, accompagna gli
interpreti con attenzione, equilibrio e compattezza armonica.
Come ormai di prassi il coro preparato da Salvo
Sgrò ha offerto il bis del ‘Va pensiero’ richiesto a gran voce e suon
di applausi, coronando la buona prova della serata.
Applausi scroscianti per tutti da parte di
una anfiteatro gremito nonostante il freddo autunnale, che però ci ha risparmiato
la pioggia, con qualche maleducato che ha lasciato l’Arena subito dopo il bis
del coro.
Maria
Teresa Giovagnoli
LA
PRODUZIONE
Direttore d'Orchestra Riccardo Frizza
Regia Gianfranco
de Bosio
Scene Rinaldo Olivieri
Maestro del Coro Salvo Sgrò
Scene Rinaldo Olivieri
Maestro del Coro Salvo Sgrò
Direttore
allestimenti scenici Giuseppe De Filippi Venezia
GLI INTERPRETI
GLI INTERPRETI
Nabucco Luca Salsi
Abigaille Martina Serafin
Zaccaria Dmitry Beloselsky
Fenena Nino Surguladze
Ismaele Piero Pretti
Gran Sacerdote Di Belo Alessandro Guerzoni
Abdallo Francesco Pittari
Anna Madina Karbeli
Orchestra, Coro e Tecnici dell'Arena di Verona
Foto Ennevi per gentile concessione Fondazione Arena di Verona