martedì 16 giugno 2015

FAUST, C. GOUNOD - TEATRO REGIO DI TORINO, DOMENICA 14 GIUGNO 2015

Se è vero che la filosofia si occupa spesso di analizzare dicotomie quali il bene verso il male, l’innocenza verso il peccato, l'oscurità verso la luce.., un’opera filosofica come Faust di Gounod si presta tout court a rappresentare tutto ciò che queste ed infinite altre antinomie rappresentano. Da qui parte lo spettacolo interamente concepito da Stefano Poda andato in scena in questi giorni al Teatro Regio di Torino. Il poema di Goethe da cui deriva l’opera è qui rappresentato nel suo significato più squisitamente filosofico e psicologico: la paura di invecchiare ma allo stesso tempo il voler conservare l'esperienza e la saggezza che ne derivano, lasciarsi tentare dalle gioie della giovinezza pur conoscendone le conseguenze per l'anima, scegliere i piaceri dell'amore rischiando grandi sofferenze. 

Ecco dunque che il buio si miscela alla penombra, con lampi di chiarore misto a fumo denso in una ambientazione che sembra uscire dalle viscere della terra, con le pareti sceniche ruvide, squadrate, dai colori smorzati che tendono al terriccio e dalle quali sembra spuntare come da una voragine l’enorme cerchio che incombe, abbraccia ed accoglie i personaggi che vivono intorno, sopra ed in esso. Poda ci ha abituati a queste ambientazioni visionarie e in questo caso sono molto accentuate visti i temi trattati. Con pochi dettagli le scene sono servite, ed ecco che una montagna di libri accatastati ci porta nello studio di Faust, il giardino di Marguerite è incastonato nell’anello gigante ed è costituito solo da due forme arboree bianche,  pure come la fanciulla all’inizio dell’opera; la sua stessa prigione è un insieme di catene che partono sempre dal cerchio roccioso, da cui sono trattenute anche le anime di sventurati che si muovono e saltellano quasi come insetti. Infine, l’anello misterioso nell’apoteosi definitiva sembra proprio squarciare lo sfondo e moltiplicarsi all’infinito, come a tornare dal punto di partenza.

In tale visione anche i costumi, per la verità molto ben forgiati e concepiti dallo stesso regista, si dividono tra colori prevalentemente scuri con dettagli ornamentali in risalto ed il bianco panna della sola Marguerite (che però appare in stato interessante in un abbastanza scontato rosso). Non manca il rosso fuoco anche nelle scene conviviali ove Méphistophélès rappresenta la summa di tutte le tentazioni. Tutto ha un senso, una funzione ed un significato in questo allestimento dalle atmosfere cupe, misteriose e ricche di simbologie, in cui probabilmente ognuno di noi può immergersi con risvolti sempre diversi.

Interessante la compagnia di canto che ha dovuto offrire oltre ad un ottimo canto anche energia e doti interpretative efficaci, come accade sovente nelle regie odierne, sempre più movimentate e diremmo ‘attive’.
Il tormentato ed insaziabile Faust è interpretato da Charles Castronovo che ha al suo forte una vocalità piuttosto vellutata nel centro, pur raggiungendo le vette tenorili senza problemi, il che lo aiuta a tratteggiare un professore dalle tinte aspre e forti.
Ildar Abdrazakov è il vero vincitore sulla scena. Non c’è nulla che l’interprete sembri non poter fare dal punto di vista interpretativo: a tal punto si è immedesimato nel suo Méphistophélès, la cui voce, pur non essendo secondo noi esageratamente profonda, si giova del suo timbro particolare per gestire la parte con versatilità oltre che sicurezza.
Alla dolcezza di Irina Lungu si unisce anche un pizzico di ingenuità mista a quel tanto di malizia che fa cadere in tentazioni, pur restando in fondo fedele alla propria natura. Con un canto uniforme e ben cesellato il soprano fa vivere una Marguerite convincente e ricca di sentimento.
Non male il Valentin del baritono Vasilij Ladjuk che presenta una vocalità che tende al chiaro quando si spinge nella zona alta del suo registro, aggiungendo molta umanità al ruolo del combattivo fratello e soldato.
Ketevan Kemoklidze intesse un Siebel delicato per linea di canto ed interpretazione, come giustamente una interprete femminile è chiamata a fare in questo ruolo: una presenza gentile e fedele su cui Marguerite può sempre contare.
Chiudono il cast il Wagner di un non particolarmente significativo Paolo Maria Orecchia e la Marthe di Samantha Korbey, qui provocante e disinibita.

L’orchestra guidata da Gianandrea Noseda è asciutta ma imponente, avvolgendo tutta l’opera di  sonorità ampie e multi sfaccettate, che seguono gli eventi e vi si adattano. Il maestro cura il contatto col palcoscenico con attenzione e rigore, gestisce l’orchestra con la padronanza di chi conosce i suoi musicisti.
Ottimi la compagnia di ballo ed il coro del Teatro Regio preparato da Claudio Fenoglio.

Successo pieno per tutti con ovazioni per gli interpreti principali, il regista ed il direttore.

Maria Teresa Giovagnoli

LA PRODUZIONE
Direttore d'orchestra
Gianandrea Noseda
Regia, scene, costumi,
coreografia e luci

Stefano Poda
Assistente
Paolo Giani Cei
Maestro del coro
Claudio Fenoglio

GLI INTERPRETI
Il dottor Faust, filosofo 
Charles Castronovo
Méphistophélès 
Ildar Abdrazakov
Valentin, soldato,
fratello di Marguerite 

Vasilij Ladjuk
Marguerite 
Irina Lungu
Siebel, studente, allievo di Faust

Ketevan Kemoklidze
Marthe, custode di Marguerite

Samantha Korbey
Wagner, amico di Valentin

Paolo Maria Orecchia

Orchestra e Coro del Teatro Regio
Nuovo allestimento 
in coproduzione con Israeli Opera (Tel Aviv)
e con Opéra de Lausanne







Foto Ramella &Giannese