domenica 26 aprile 2015

INTERVISTA A CHRISTIAN FRATTIMA , DIRETTORE MUSICALE DI COIN DU ROI



Siamo molto lieti di far conoscere ai nostri amici una meravigliosa associazione musicale sorta a Milano per valorizzare il repertorio operistico preromantico che generalmente è poco eseguito nel nostro paese. Incontriamo il suo direttore musicale Christian Frattima, che ci racconta un po’ di questa gradita sorpresa in un momento molto difficile per la cultura italiana che ha davvero bisogno di risorgere con persone piene di volontà, competenza e passione per la bella musica.


Ci descrive questa bella iniziativa e come è nata?

Coin du Roi è per definizione la prima compagnia italiana specializzata in opera del ‘700, repertorio che eseguiremo in modalità quanto più possibile filologica (organico, scelte ed esegesi delle fonti). La nostra mission oltre che artistica è anche sociale ed imprenditoriale, in quanto Coin du Roi si configura come l’unica compagnia operistica interamente privata in Italia, ed ha come obiettivo quello di riportare in auge il teatro d’opera quale centro cittadino di aggregazione sociale. Così come nel ‘700, vorremmo che il dramma in musica continuasse ad essere una forma d’arte fruita attivamente, uno spettacolo coinvolgente vissuto in piccoli teatri storici nei quali, per ragioni economiche, solitamente non si riesce a proporre l’opera lirica. Nel nostro Paese sono già state tentate numerose esperienze d’opera low-cost, iniziative sicuramente pregevoli, ma che non rispondono in alcun modo alla nostra visione. Coin du Roi vuole infatti mantenere inalterate, anche in assenza di contributi statali, la qualità degli spettacoli e le volontà del compositore, dall’integralità dell’orchestra alla spettacolarità scenica tipica del barocco, agli artisti di grande talento. Ciò comporta ovviamente dei costi razionalizzati ma comunque importanti, che sosteniamo attraverso lo sbigliettamento e cercando di riportare in auge quella categoria di spettatori che in passato erano i “palchettisti”. Noi li chiamiamo semplicemente soci, e facciamo grande affidamento sul loro mecenatismo.

Come avete impostato il programma, in base a quali criteri?

Per questo primo anno ci siamo preposti l’obiettivo di essere poliedrici nelle scelte, al fine di poter divulgare il più possibile un repertorio già di per sé raro in Italia. Eseguire la nicchia della nicchia chiudendosi a riccio, non sarebbe stata a nostro avviso la scelta giusta. Abbiamo cercato quindi di proporre un excursus di alcune delle principali esperienze operistiche settecentesche, ovvero l’opera semi-seria di matrice premetastasiana  (Serse di Händel), l’intermezzo buffo (Dittico pergolesiano) e la serenata in musica mozartiana (Il Re Pastore di Mozart). Pur trattandosi di opere repertoriali in altri paesi, in Italia esse non vengono eseguite con la frequenza che meriterebbero, ad esempio il Serse manca da 15 anni in Italia, ed addirittura dagli anni ’60 a Milano.

Cosa vi prefiggete di raggiungere?

La sfida che abbiamo deciso di affrontare è triplice. E’ ardua dal punto di vista economico, in quanto ci configuriamo come compagnia d’opera privata non foraggiata dagli enti pubblici. Lo è dal punto di vista artistico, in quanto attualmente non esistono in Italia, dagli anni in cui venne chiusa la Piccola Scala, realtà assimilabili alle KammerOper teutoniche; non esistono compagnie specializzate in opera del ‘700 filologica, eseguita con strumenti storici al diapason originale (415 e 430 Hz), e non esistono compagnie d’opera private che offrano spettacoli integrali, interamente scenici e con orchestra e coro completi. Infine, l’impresa è ambiziosa anche dal punto di vista sociologico, in quanto punto fondamentale della nostra proposta è creare associazionismo culturale, cercando di ristabilire l’idea che l’opera, artibus summa maxima, può e deve ritornare ad essere il cuore pulsante della città.

Come selezionerete gli artisti che parteciperanno?

Le piccole compagnie come la nostra a mio avviso hanno il dovere di fare talent-scouting. Da questo punto di vista il lavoro di selezione che attuiamo è molto più interessante e stimolante di quello delle grandi fondazioni liriche, che disponendo di budget ben diversi, possono permettersi il “lusso” di chiamare artisti già affermati e dai cachet d’oro. Coin du Roi svolge l’importante funzione di piattaforma di lancio per artisti giovani, di livello altissimo, ma non ancora affermatisi nel panorama italiano. Le modalità selettive che attuiamo sono miste, audizioni per alcuni, conoscenza pregressa per altri.

Qualche nome per quest’anno?

Posso definirmi davvero soddisfatto del cast di quest’anno, che annovera tre giovani registi d’eccezione (Valentino Klose, Olivier Lexa ed Alessio Pizzech), cantanti internazionali del calibro di Jud Perry, controtenore statunitense, Viktorija Bakan, soprano viennese e Philipp Mathmann, sopranista tedesco; non mancheranno i talenti nostrani: Stefano Cianci, Riccardo Gatto, Maria Laura Martorana, Carmine Monaco, Claudio Ottino, Graziano Schiavone, Arianna Stornello, Aurora Tirotta e Alessandra Visentin. Spenderei anche una parola sui musicisti della nostra orchestra, giovani professionisti di indubbio talento da tutta Europa, guidati da prime parti d’esperienza.

Perché scegliere un’organizzazione di tipo “sociale”? Avete già un bel numero di soci?

Come sappiamo, il mondo dell’opera europea è sferzato dal grave problema legato ai costi eccessivi dello spettacolo in rapporto alla “willingness to pay” dello spettatore. Andando alla Scala e pagando più di 100 euro di media biglietto, abbiamo la sensazione di stare supportando il teatro, od addirittura di pagare più del dovuto. In realtà, per coprire i costi della recita in corso, tutti i biglietti dovrebbero costare esattamente 3 volte tanto, perché la percentuale di incasso annuo ottenuta dallo sbigliettamento di qualsiasi teatro d’opera europeo si aggira dal 15 al 50% nel migliore dei casi, il resto è finanziato dagli sponsor e dallo Stato. Anche i nostri biglietti hanno un costo elevato, ma volendo utilizzare un teatro da 200 sole platee (il Litta), e non volendo scendere a compromessi circa la qualità artistica, non abbiamo altra scelta. Inoltre, all’assenza di finanziamenti pubblici, sopperiscono encomiabilmente i soci. Al momento abbiamo raggiunto più o meno il 40% del quorum prefissatoci, e le richieste, graditissime, continuano ad arrivare. Il socio è parte integrante della mission sociale che ci riproponiamo, vorremmo infatti democratizzare il processo di scelta artistica, creando il primo esempio moderno di governance diffusa della gestione operistica. Ovviamente il tutto sarà filtrato dalla direzione artistica, ma Coin du Roi farà partecipare i sostenitori attivamente alla programmazione delle sue stagioni. Va da sé che tra le tante richieste che abbiamo, selezioniamo coloro i quali a nostro avviso possono apportare un importante contributo non solo economico ma anche culturale.

Facciamo dunque un grande in bocca al lupo al Maestro Christian Frattima e a tutti i collaboratori di Coin du Roi, perché diventi una realtà sempre più grande e che contribuisca alla rinascita del nostro meraviglioso paese in tutti i campi, a partire proprio dall’Arte.

Maria Teresa Giovagnoli