Siamo
molto lieti di far conoscere ai nostri amici una meravigliosa associazione
musicale sorta a Milano per valorizzare il repertorio operistico preromantico
che generalmente è poco eseguito nel nostro paese. Incontriamo il suo direttore
musicale Christian Frattima, che ci
racconta un po’ di questa gradita sorpresa in un momento molto difficile per la
cultura italiana che ha davvero bisogno di risorgere con persone piene di
volontà, competenza e passione per la bella musica.
Ci descrive questa bella iniziativa
e come è nata?
Coin du Roi
è per definizione la prima compagnia italiana specializzata in opera del ‘700,
repertorio che eseguiremo in modalità quanto più possibile filologica (organico,
scelte ed esegesi delle fonti). La nostra mission
oltre che artistica è anche sociale ed imprenditoriale, in quanto Coin du Roi si configura come l’unica
compagnia operistica interamente privata in Italia, ed ha come obiettivo quello
di riportare in auge il teatro d’opera quale centro cittadino di aggregazione
sociale. Così come nel ‘700, vorremmo che il dramma in musica continuasse ad
essere una forma d’arte fruita attivamente, uno spettacolo coinvolgente vissuto
in piccoli teatri storici nei quali, per ragioni economiche, solitamente non si
riesce a proporre l’opera lirica. Nel nostro Paese sono già state tentate
numerose esperienze d’opera low-cost, iniziative
sicuramente pregevoli, ma che non rispondono in alcun modo alla nostra visione.
Coin du Roi vuole infatti mantenere
inalterate, anche in assenza di contributi statali, la qualità degli spettacoli
e le volontà del compositore, dall’integralità dell’orchestra alla
spettacolarità scenica tipica del barocco, agli artisti di grande talento. Ciò
comporta ovviamente dei costi razionalizzati ma comunque importanti, che
sosteniamo attraverso lo sbigliettamento e cercando di riportare in auge quella
categoria di spettatori che in passato erano i “palchettisti”. Noi li chiamiamo
semplicemente soci, e facciamo grande affidamento sul loro mecenatismo.
Come avete impostato il programma,
in base a quali criteri?
Per
questo primo anno ci siamo preposti l’obiettivo di essere poliedrici nelle
scelte, al fine di poter divulgare il più possibile un repertorio già di per sé
raro in Italia. Eseguire la nicchia della nicchia chiudendosi a riccio, non
sarebbe stata a nostro avviso la scelta giusta. Abbiamo cercato quindi di
proporre un excursus di alcune delle
principali esperienze operistiche settecentesche, ovvero l’opera semi-seria di
matrice premetastasiana (Serse di Händel),
l’intermezzo buffo (Dittico pergolesiano) e la serenata in musica mozartiana
(Il Re Pastore di Mozart). Pur trattandosi di opere repertoriali in altri
paesi, in Italia esse non vengono eseguite con la frequenza che meriterebbero,
ad esempio il Serse manca da 15 anni in Italia, ed addirittura dagli anni ’60 a Milano.
Cosa vi prefiggete di raggiungere?
La
sfida che abbiamo deciso di affrontare è triplice. E’ ardua dal punto di vista
economico, in quanto ci configuriamo come compagnia d’opera privata non
foraggiata dagli enti pubblici. Lo è dal punto di vista artistico, in quanto
attualmente non esistono in Italia, dagli anni in cui venne chiusa la Piccola
Scala, realtà assimilabili alle KammerOper
teutoniche; non esistono compagnie specializzate in opera del ‘700
filologica, eseguita con strumenti storici al diapason originale (415 e 430 Hz),
e non esistono compagnie d’opera private che offrano spettacoli integrali,
interamente scenici e con orchestra e coro completi. Infine, l’impresa è
ambiziosa anche dal punto di vista sociologico, in quanto punto fondamentale
della nostra proposta è creare associazionismo culturale, cercando di
ristabilire l’idea che l’opera, artibus
summa maxima, può e deve ritornare ad essere il cuore pulsante della città.
Come selezionerete gli artisti che
parteciperanno?
Le
piccole compagnie come la nostra a mio avviso hanno il dovere di fare talent-scouting. Da questo punto di
vista il lavoro di selezione che attuiamo è molto più interessante e stimolante
di quello delle grandi fondazioni liriche, che disponendo di budget ben
diversi, possono permettersi il “lusso” di chiamare artisti già affermati e dai
cachet d’oro. Coin du Roi svolge
l’importante funzione di piattaforma di lancio per artisti giovani, di livello
altissimo, ma non ancora affermatisi nel panorama italiano. Le modalità
selettive che attuiamo sono miste, audizioni per alcuni, conoscenza pregressa
per altri.
Qualche nome per quest’anno?
Posso
definirmi davvero soddisfatto del cast di quest’anno, che annovera tre giovani
registi d’eccezione (Valentino Klose, Olivier Lexa ed Alessio Pizzech),
cantanti internazionali del calibro di Jud Perry, controtenore statunitense,
Viktorija Bakan, soprano viennese e Philipp Mathmann, sopranista tedesco; non
mancheranno i talenti nostrani: Stefano Cianci, Riccardo Gatto, Maria Laura
Martorana, Carmine Monaco, Claudio Ottino, Graziano Schiavone, Arianna
Stornello, Aurora Tirotta e Alessandra Visentin. Spenderei anche una parola sui
musicisti della nostra orchestra, giovani professionisti di indubbio talento da
tutta Europa, guidati da prime parti d’esperienza.
Perché scegliere un’organizzazione
di tipo “sociale”? Avete già un bel numero di soci?
Come
sappiamo, il mondo dell’opera europea è sferzato dal grave problema legato ai
costi eccessivi dello spettacolo in rapporto alla “willingness to pay” dello
spettatore. Andando alla Scala e pagando più di 100 euro di media biglietto,
abbiamo la sensazione di stare supportando il teatro, od addirittura di pagare
più del dovuto. In realtà, per coprire i costi della recita in corso, tutti i
biglietti dovrebbero costare esattamente 3 volte tanto, perché la percentuale
di incasso annuo ottenuta dallo sbigliettamento di qualsiasi teatro d’opera
europeo si aggira dal 15 al 50% nel migliore dei casi, il resto è finanziato
dagli sponsor e dallo Stato. Anche i nostri biglietti hanno un costo elevato,
ma volendo utilizzare un teatro da 200 sole platee (il Litta), e non volendo
scendere a compromessi circa la qualità artistica, non abbiamo altra scelta. Inoltre,
all’assenza di finanziamenti pubblici, sopperiscono encomiabilmente i soci. Al
momento abbiamo raggiunto più o meno il 40% del quorum prefissatoci, e le richieste, graditissime, continuano ad
arrivare. Il socio è parte integrante della mission
sociale che ci riproponiamo, vorremmo infatti democratizzare il processo di
scelta artistica, creando il primo esempio moderno di governance diffusa della gestione operistica. Ovviamente il tutto
sarà filtrato dalla direzione artistica, ma Coin
du Roi farà partecipare i sostenitori attivamente alla programmazione delle
sue stagioni. Va da sé che tra le tante richieste che abbiamo, selezioniamo
coloro i quali a nostro avviso possono apportare un importante contributo
non solo economico ma anche culturale.
Facciamo
dunque un grande in bocca al lupo al Maestro Christian Frattima e a tutti i collaboratori di Coin du Roi, perché diventi una realtà
sempre più grande e che contribuisca alla rinascita del nostro meraviglioso paese in
tutti i campi, a partire proprio dall’Arte.
Maria Teresa Giovagnoli