venerdì 31 ottobre 2014

LA PORTA DELLA LEGGE, SALVATORE SCIARRINO – TEATRO MALIBRAN DI VENEZIA, giovedì 30 ottobre 2014

prima rappresentazione italiana
quasi un monologo circolare di Salvatore Sciarrino
da un racconto di Kafka : Vor dem Gesetz

Un palcoscenico completamente vuoto, uno sfondo buio che lascia nel chiarore solo la sagoma rettangolare di una porta che si allarga fino a comprendere tutto lo sfondo, per poi restringersi ancora intorno ai protagonisti. Ecco l’impianto posto in essere da Jürgen Lier entro cui si muove la regia di Johannes Weigand , per il lavoro di Salvatore Sciarrino che per la prima volta approda in Italia ed al Teatro Malibran di Venezia. A quanto pare la nostra umanità è composta da anonimi attori da cui sono presi ad esempio l’Uomo 1 e l’ Uomo 2, costretti a vivere in un mondo imperscrutabile ove anche l’ovvio viene contraddetto.

Entrambi vogliono attraversare la porta della legge, della giustizia, ma il guardiano glielo impedisce senza fornire alcuna spiegazione, nonostante le numerose richieste e suppliche. E l’assurdo arriva alla fine, quando l’usciere confessa ad ognuno dei due, ormai vecchi ed in fin di vita, che la porta era destinata proprio a loro. Nella novella di Kafka questa criptica trama ha una spiegazione legata all’intero romanzo da cui è tratta, il Processo, mentre presa singolarmente da Sciarrino ‘La porta della legge’ lascia parecchio spazio all’immaginazione di chi osserva e riflette. Forse la giustizia esiste, ma c’è chi impedisce che questa segua il suo corso, oppure la nostra vita è circondata da contraddizioni in termini che portano a conseguenti paradossi (come l’essere respinti ingiustamente proprio davanti alla porta della giustizia), oppure questa apertura è il simbolo di tante opportunità che vengono offerte dalla vita, ma qualcuno posto sul nostro cammino ci impedisce di coglierle, e magari quel qualcuno è il nostro alter ego che ha paura di varcare la soglia della felicità.

La definizione ‘monologo circolare’ ci fa immediatamente pensare ad una narrazione, se così possiamo definirla in questo caso, che ritorna su se stessa, ripercorrendo il suo iter. Il destino del primo personaggio viene difatti seguito da un altro suo simile, pur con caratteristiche fisiche e vocali diverse, e chiaramente l’autore vuole farci intendere che ad essi seguiranno tanti altri nella medesima situazione.
Il libretto dello stesso Sciarrino, che dovrebbe costituire il fulcro del pensiero dominante in tale lavoro, è in realtà molto scarno e costituito principalmente da poche frasi ripetute con fare ossessivo dai due uomini a turno: vorrei entrare, la porta della legge è sempre aperta, mi lasci entrare..  e dai noncuranti ora no, forse più tardi, ecc. del guardiano.

La musica è piuttosto frazionaria e di non facile decifrazione, poiché minimo appare il suo apporto alla rappresentazione. Più che un accompagnamento risulta in effetti come una sottolineatura delle frasi emesse in maniera ossessiva, lasciando quindi ampio spazio ai vuoti acustici rotti da improvvise riprese. L’orchestra si avvale anche di due pianoforti, una lastra metallica, perfino un tam-tam. Ma non sembra essere fondamentale in questa opera a nostro avviso. Non semplice quindi il compito del Maestro Tito Ceccherini , che segue pedissequamente la recitazione/canto dei tre protagonisti per far reagire prontamente l’orchestra. Il risultato riflette così la scia del libretto: l’insieme è giustamente scarno, ripetitivo,  quasi nebuloso.

Stesso dicasi per la resa degli interpreti: Ekkehard Abele interpreta il primo Uomo che chiede di varcare la porta con un’aria trasognata, incredula, ossessivamente inquisitoria. Il tono della voce è moderato, in linea con l’aria di sospensione che aleggia in scena, si muove con circospezione sul palco cercando di seguire la sagoma variabile della famigerata porta.

Al pari Roland Schneider appare forse più ingenuo pur nel medesimo copione, meno aggressivo, ma ugualmente tormentato, di chi lo precede e sfrutta il timbro della sua voce da controtenore per sottolineare l’inquietudine che prova, quasi come se non osasse esprimersi troppo forte per non disturbare il glaciale Usciere. Costui è impersonato da Michael Tews che deve fare pure i conti con certe torsioni del busto imposte dalla regia, che lo vuole povero nel verbo ma espressivo nel corpo.

Ci piace concludere raccontando l’istallazione video di Jakob Creutzburg che appare al termine: un’ infinità di uomini, sempre simili ed anonimi, continuano a ripetere le stesse poche parole, bloccati nelle loro porte che salgono e scendono all’infinito nella penombra del palco, finché la musica non cessa del tutto e si oscura la scena. Ed è buio totale.

Il pubblico non numeroso ha accolto con sufficiente calore lo spettacolo di questa recita.
Maria Teresa Giovagnoli

LA PRODUZIONE


direttore          Tito Ceccherini
regia                Johannes Weigand
scene e costumi          Jürgen Lier
video               Jakob Creutzburg

GLI INTERPRETI

L’uomo I        Ekkehard Abele
L’uomo II       Roland Schneider
L’usciere         Michael Tews

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
con sopratitoli in italiano

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice




Foto Michael Hoernschemeyer/Wuppertaler Buhnen