Madama
Butterfly è sicuramente una di quelle opere che va vissuta più intimamente che
visivamente. Lo sanno bene tutti quei registi che hanno di recente privilegiato
l’aspetto emozionale rispetto a quello
più squisitamente scenografico nei loro spettacoli. Quello ideato da Beni Montresor, nella ripresa di Paolo Giani in scena al Teatro
Verdi di Padova, ci porta in un Giappone molto semplice e scarno, ma
immediatamente riconoscibile. Ci troviamo di fronte ad una schematica casetta giapponese
al centro della scena, con ai lati le pareti trasformate in specchi che
allargano la prospettiva visiva, ed un suolo bianco dove le luci sono chiamate
a giocare un ruolo importante, ma che a nostro avviso non sono state
significative in questa occasione. Gli abiti e le acconciature sono piuttosto
graziosi ed in classico stile orientale, che portano quasi naturalmente le protagoniste
femminili ad un incedere che richiama i gesti e le movenze delle famose Geishe.
Per il resto non vi è molto altro, se non lo spogliarsi ancor di più della scena
per accennare l’interno della casa di Butterfly, che viene poi ‘occupata’ dalle
vele della nave di Pinkerton al suo arrivo, subito ripiegate su se stesse nel
prosieguo dell’azione. I fiori che la povera illusa prepara per accogliere l’amato
sono dei semplici coriandoli bianchi calati a pioggia dall’alto, mentre un velo
plana sul pavimento nell’istante in cui Butterfly si toglie la vita.
Riteniamo
che per uno spettacolo così concepito, la parte musicale debba essere il fiore
all’occhiello per valorizzare quanto pensato registicamente, ma purtroppo
questa è mancata sotto diversi aspetti.
A
cominciare dalla conduzione del Maestro Tiziano Severini, alla testa di una orchestra di Padova e del Veneto non in forma smagliante.
Non abbiamo sentito infatti la miriade di colori che arricchisce la partitura
di Puccini. I momenti concitati lasciavano troppo spazio al clamore e
proponevano un suono a nostro avviso frammentato, mentre assenti sono
stati gli slanci lirici della passione prima e la profondità del suono nel
dolore. In generale ci è sembrata una semplice lettura della partitura.
Di conseguenza anche alcuni interpreti non hanno potuto brillare in tale circostanza.
Andrea Rost sembra una Cio-Cio-San davvero poco
coinvolta. Se una certa innocenza è parsa emergere nel primo atto, non abbiamo
percepito in seguito il dolore della donna ormai cresciuta e tuttavia
aggrappata ad una vana speranza poi disillusa. Anche dal punto di vista vocale,
il timbro del soprano è sì di bella pasta morbida, ma risulta piccola
soprattutto nel confronto con l’orchestra. L’interprete inoltre sceglie una
esecuzione asciutta anche nei momenti di massimo languore.
J-F. Pinkerton è un Luciano Ganci tutto slancio e
sentimento, che dona molto di se stesso alla resa del personaggio. Il tenore ha
sicuramente una voce importante, ma sembra aver subito certi tempi distesi dell’orchestra
e un appiattimento generale, che potrebbero averlo condizionato nell’emissione
in taluni passaggi.
Colpisce davvero la particolarissima voce di Daniela Innamorati. Con il
suo timbro caldo color dell’ebano interpreta una compassionevole ed attenta Suzuky,
di certo elegante e compita, che difatti il pubblico ha molto applaudito al
termine dello spettacolo.
Giorgio Caoduro va premiato per l’impegno nell’essere
andato in scena nonostante un infortunio ad un piede, con il suo Sharpless piuttosto
austero ma compassato al momento opportuno.
Convince il Goro di Max Rene' Cosotti per voce
interessante dal timbro colorito, nonché per il suo calarsi nella parte con
giusta partecipazione. Corretti il principe Yamadori di William Corrò, il
Commissario imperiale di Francesco Milanese e l’impetuoso zio
Bonzo di Abramo Rosalen, che pure ha dovuto fare i conti con il volume orchestrale.
Da risentire la Kate Pinkerton di Sabrina Vianello per poterne
apprezzare meglio la voce, mentre segnaliamo nella folta schiera di parenti lo
zio Yakusidé di Gianluca Zoccatelli, la zia, cugina e madre di Butterfly,
rispettivamente Babusci Valentina, Baldin Simonetta e Benetti Silvana. Non si può
che lodare il piccolo Sebastiano Corrò, impegnatissimo
nel ruolo di Dolore, nel suo splendido mini kimono bianco.
Qualche piccola incertezza da registrare nell’esecuzione del coro diretto
da Dino
Zambello, dovuta probabilmente a quanto detto relativamente alla direzione
musicale.
Il pubblico davvero numeroso che ha riempito la platea ed ogni ordine di
palco, ha tributato applausi di gradimento discreto in generale.
Infine registriamo per dovere di cronaca la competenza e disponibilità dell’ufficio
stampa che ha sopperito ad una spiacevole accoglienza da parte della
biglietteria che non ci aspettavamo e che speriamo sia migliorata quanto prima per
la serenità di chi si reca in questo gioiello di teatro per lavoro o svago.
Maria Teresa Giovagnoli
LA
PRODUZIONE
Maestro Concertatore
e Direttore D'orchestra Tiziano
Severini
Regia, Scene E Costumi Beni Montresor ripresa di Paolo Giani
Regia, Scene E Costumi Beni Montresor ripresa di Paolo Giani
GLI INTERPRETI
Cio-Cio-San Andrea
Rost
Pinkerton Luciano Ganci
Sharpless Giorgio Caoduro
Suzuky Daniela Innamorati
Sharpless Giorgio Caoduro
Suzuky Daniela Innamorati
Zio Bonzo Abramo Rosalen
Goro Max Rene' Cosotti
Goro Max Rene' Cosotti
Il principe Yamadori William Corrò
Il commissario imperiale Francesco Milanese
Kate Pinkerton Sabrina Vianello
Zio Yakusidé Gianluca Zocatelli
Zia di Butterfly, cugina Babusci Valentina, Baldin Simonetta, Benetti
Silvana.
e madre
dolore Sebastiano Corrò
Coro Città di Padova diretto dal M° Dino Zambello
Orchestra di Padova e del Veneto
Orchestra di Padova e del Veneto
Foto Giuliano Ghiraldini