“E' brutto esser vecchi.
Lei però è sempre bella.
Sappia, i pazzi hanno vita lunga, io
vivrò a lungo certo! E finché l' uomo si innamora.”
Per la prima
volta sul palcoscenico della Bayreische Staatsoper in lingua originale e con la
partitura revisionata in base alle tre stesure (1923 1925) dell'eterno insoddisfatto
Janaceck ad opera di Annette Thein, Jonas Hajek e Tomas Hanus, il capolavoro
del compositore moravo è stato finalmente reso all'ascolto del pubblico nella
sua versione più completa e più fedele alle intenzioni dell'autore, chiarendo
numerosi errori che le precedenti edizioni avevano creato nella strumentazione,
nella ritmica e nella struttura armonica.
Opera complessa
e immensa che fonde con superba maestria gli ingredienti del thriller macabro,
del giallo sociologico, del poliziesco fantastico, del racconto alchemico in
una trama ingarbugliatamente pluristratificata in un lavoro teatrale di durata
tutto sommato limitata (1ora e 50 di musica), Vec Makropulos è figlio diretto
del clima magico che si respirava a Praga in quegli anni con i lavori di Kafka
e di Karel Capek.
Maestro
indiscusso del canto di conversazione dove la scansione drammatica è
rapidissima, nella sua penultima opera Janacek raggiunge l'apice della fusione
completa parola\musica: gli scambi di battute sono fulminei,come ovviamente lo
sono gli elementi musicali, brevi, lucidi e scolpiti in una partitura
costituita in gran parte di temi brevissimi dove la musica ruota costantemente
su se stessa.
E interprete
indiscusso di questa rappresentazione a Monaco è stata senza ombra di dubbio la
musica e il suo interprete principale, il direttore d'orchestra Tomas Hanus, il
quale coinvolgendo una orchestra come quella della Bayerische Staatsorchester
in stato di grazia è riuscito a far risaltare tutta l'originalità della
partitura contribuendo a renderla tesa e interessante. La scarica nervosa e lo
scarno e nervosissimo tessuto orchestrale che Hanus è riuscito a
comunicare, si è perfettamente sposato
con un' orchestra di ampio colore espressionistico, risaltata da una pulizia
timbrica esemplare e metronomicamente perfetta.
Finalmente Hanus
ci ha restituito i bellissimi passaggi della viola d'amore solitamente tagliati, scritti in partitura,
che sottolineano il carattere magico e fantastico di questa scrittura.
Con la scelta di
rappresentare l'opera senza intervalli, il regista Arpad Schilling, coadiuvato
nella drammaturgia da Miron Hakenbeck, si pone in perfetta simbiosi con la
direzione tesissima di Hanus. Il dramma scorre senza interruzioni, ma si perde
via via per strada in un vuoto di idee alquanto imbarazzante per un lavoro
talmente esplosivo come questo.
L'impianto
scenico di Marton Hag è fisso ma girevole nel lati per ogni atto, una montagna
di sedie per il primo, un palcoscenico vuoto per il secondo, una gelida stanza
d'albergo per il terzo.
Schilling nel
suo lavoro esalta esclusivamente l'aspetto erotico della protagonista, grazie
anche ad un'interprete come Nadja Michael dal fisico mozzafiato, strizzando più
volte l'occhio alla Sharon Stone di Basic Instincts, soprattutto nel secondo
atto dove la famosa scena
dell'accavallamento di gambe con vista delle nudità è ripetuto più volte.
E poi un via via
di palpamenti, amplessi, coiti interrotti e quant'altro fino alla scena finale
dello svelamento della vera identità della protagonista, declamato da una
seminuda Michael (sì abbiamo capito, è bellissima ed ha un fisico spettacolare)
mentre si fa frustare con contorno di coristi (che in realtà dovrebbero stare
in buca con l'orchestra..) voyer che se ormai non scandalizzano più nessuno, disturbano
sicuramente un pochino.
Ovviamente in
tutto questo festival dell'ormone, il lato magico, fantastico e onirico della
storia viene smarrito, con conseguente focalizzazione sull'aspetto
esclusivamente carnale della donna immortale e dei suoi spasimanti
sovraeccitati.
Nadja
Michael è una Emilia Marty spettacolare
vocalmente, che unisce la voce calda e brunita del suo essere stata un
mezzosoprano ad un perfetto canto di conversazione anche se non si capisce bene
in quale lingua canti. Le difficilissime “parole cantate” di Janaceck scorrono
comunque bene e la voce è perfetta nelle due ore ininterrotte, arrivando al
climax finale in una ideale catarsi musicale.
Pavel Cernoch é
un Albert Gregor bellissimo anche lui fisicamente e vocalmente dal timbro seducente.
Specialista nel teatro di Janacek, Cernoch è un tenore che non si risparmia
nell'economia vocale con risultati ottimali. La sua ostica e acutissima parte
gli calza come un guanto perfetto.
Suo rivale sulla
scena, lo Jaroslav Prus di John Lundgren ha voce possente anche se molto nasale
ma si adatta perfettamente al suo ruolo.
Gustav Belacek è
stato un Dr Kolenaty perfettamente a suo agio, complice la madrelingua ceca,
nell' ispida parte del petulante avvocato, aderendo alla perfezione alle
intenzioni del compositore.
Kevin Konners
(Vitek) e Dean Power (Janek) sono stati un po' sottotono, probabilmente tutti
concentrati ad assecondare le richieste registiche piuttosto che concentrarsi
sul canto.
Interessante il
cameo del veterano Reiner Goldberg (sommo cantante wagneriano tra i più
acclamati del secolo scorso) nei panni del conte Hauk-Sendorf, qui interpretato
come un povero scemo che perde la testa per la starlette di turno.
Completavano il
cast con corretta partecipazione Tara Erraught (Krista), Peter Lobert (un
tecnico), Heike Grotzinger (una donna delle pulizie), Rachel Wilson (la
cameriera di Emilia).
Corretta la
breve partecipazione della sezione maschile del Chor der Bayerischen Staatsoper
diretto da Soren Eckhoff.
Successo per tutta la compagnia musicale con applausi di cortesia e qualche
dissenso per i responsabili della messa in scena da parte del pubblico.
Pierluigi
Guadagni
LA PRODUZIONE
Direttore Tomáš Hanus
Regia Árpád Schilling
Scene e costumi Márton Ágh
Luci Tamás Bányai
Drammaturgia Miron Hakenbeck
Maestro del coro Sören Eckhoff
GLI INTERPRETI
Emilia Marty Nadja Michael
Albert Gregor Pavel Černoch
Vítek Kevin Conners
Krista Tara Erraught
Jaroslav Prus John Lundgren
Janek Dean Power
Dr. Kolenatý Gustav Beláček
Ein Theatermaschinist Peter Lobert
Eine Aufräumefrau Heike Grötzinger
Hauk-Šendorf Reiner Goldberg
Kammerzofe Emilias Rachael Wilson
Foto Bayerische
Staatsoper