lunedì 25 novembre 2013

L'AFRICAINE, G. MEYERBEER - GRAN TEATRO LA FENICE, 23 novembre 2013, ore 18.00

Il teatro la Fenice di Venezia decide di anticipare le celebrazioni per il 150° anniversario dalla morte di Meyerbeer con una nuova produzione dell'opera musicalmente più controversa del compositore berlinese.
L 'Africaine è opera complessa fin dalla sua gestazione che ha impiegato il compositore, mai soddisfatto del suo lavoro e un fiume in piena compositivo, per più di 27 anni giungendo infine a non completarla a causa della sua morte avvenuta prima della conclusione e del riordino dei numerosissimi pezzi musicali già pronti.
Opera complessa dunque, dove è inutile cercare compattezza e coerenza.

Il libretto di Scribe è quanto di più sgangherato e incoerente abbia scritto nella sua carriera, egli mescola con alcuni dati storici un intrigo di rivalità amorosa ricalcata sul modello dell'infelice amore di Didone.
Già di per sé il titolo di quest'opera è un ossimoro: chiamare Africana una vicenda che si svolge con personaggi e ambientazioni indiane, dice molto.

Ma il teatro veneziano non si è spaventato di fronte a tanta complessità e ha scelto di portare in scena una versione tutto sommato accettabile della sterminata partitura.
I tagli sono pesanti e in alcuni casi incomprensibili (più di un'ora di musica scompare) come il duetto tra Ines e Selika all'inizio del 5° atto rendendo la già intricatissima trama ancora più assurda, giacché non si comprende come mai Ines venga allontanata causando il suicidio di Selika.

Leo Muscato, chiamato a gestire la complessa messa in scena, sceglie un' ambientazione tradizionale ma non tradizionalistica nell'allestimento, tutto teso all'esaltazione dell'aspetto scenico ed esotico di cui quest'opera  ne è capolavoro.
Del suo lavoro ricordiamo con piacere l'attenzione al gesto, ai movimenti e alla recitazione, cosa assai rara nel teatro lirico di questi anni.
A tanta precisione si affiancano i meravigliosi costumi di Carlos Tieppo con una punta di meraviglia per quelli di ambientazione indiana, curati con precisione maniacale di rara memoria.
Le scene di Massimo Cecchetto sono essenziali, il taglio rinascimentale degli atti di Lisbona e il taglio esotico degli atti indiani sono resi con una pulizia ed una semplicità encomiabili, come pure le proiezioni a video a sipario chiuso negli entre'act.
Nel ruolo eponimo cantava Veronica Simeoni.
La scrittura della parte di Selika è indubbiamente per soprano drammatico  mentre la Simeoni è un mezzosoprano, dalla voce bellissima e ambrata, ma che spende una fatica immane nella gestione dei fiati nella parte alta del rigo.
La sua voce è ideale nelle parte drammatiche e d'affetto del testo musicale, ma risulta spesso in affanno nei momenti  spiccatamente belcantistici come l'aria “Sur mes genoux” o il duetto “O longue souffrance”.
Ines era Jessica Pratt, che ha cantato con la consueta precisione e meraviglia di accento e timbro una parte in questa produzione purtroppo tagliatissima.

Che dire del Vasco de Gama di Gregory Kunde? Alla soglia dei sessant'anni il cantante americano ci regala sorprese canore impensabili. Kunde possiede una impressionante varietà di timbro, lo scavo della parola e la precisione nell'accento sono quanto di più bello ci sia dato da ascoltare negli ultimi anni. Il suo Vasco de Gama è credibile anche nella recitazione che si lega a doppio filo alla precisione e alla coerenza del dettato vocale.

Il Nelusko di Angelo Veccia possiede una presenza scenica non comune, unita ad una capacità vocale di alto valore, il suo personaggio risulta credibile in toto, molto buona la sua “Adamastor, roi des vagues”.

Luca dall'Amico è un Don Pedro che si distingue per correttezza di canto e un giusto livello di cattiveria, senza mai cadere nel rischio di creare un personaggio esageratamente trucido.

Ruben Amoretti da' corpo al personaggio del Grand-Pretre de Brahma con voce calda e pulita nell'emissione.
Corretti il Don Diego di Davide Ruberti, il Grand Inquisiteur de Lisbonne di Mattia Denti e l'Anna di Anna Bordignon, il Don Alvar di  Emanuele Giannino.
Emanuel Villaume a capo dell'orchestra della Fenice, dirige con piglio asciutto una partitura dove Meyerbeer alla grande arcata sinfonica, preferisce melodie di breve respiro. Villaume sa che la sorvegliatissima arte del compositore tedesco raggiunge uno straordinario splendore orchestrale e ne approfitta seguito da un'orchestra in splendida forma.
Notevoli il finale primo, la scena della tempesta e l'assalto degli indiani al terzo atto. Bravo come sempre il coro preparato da Claudio Marino Moretti.
Successo caloroso per tutti con punte di ovazioni per Kunde.


Pierluigi Guadagni

LA PRODUZIONE

Maestro concertatore      Emmanuel Villaume
e direttore                   
regia                               Leo Muscato

scene                             Massimo Checchetto
costumi                          Carlos Tieppo
light designer                Alessandro Verazzi
video designer              Fabio Iaquone, Luca Attilii


IL CAST

Inès                              Jessica Pratt
Sélika                           Veronica Simeoni
Vasco de Gama             Gregory Kunde
Don Alvar                     Emanuele Giannino
Nélusko                       Angelo Veccia
Don Pédro                   Luca dall’Amico
Don Diego                   Davide Ruberti
Le grand inquisiteur
de Lisbonne                  Mattia Denti
Le grand-prêtre
de Brahma                   Ruben Amoretti
Anna                           Anna Bordignon



Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti

in lingua originale con sopratitoli in italiano e in francese

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
nel 150° anniversario della morte di Giacomo Meyerbeer