Il teatro la Fenice di Venezia
decide di anticipare le celebrazioni per il 150° anniversario dalla morte di
Meyerbeer con una nuova produzione dell'opera musicalmente più controversa del
compositore berlinese.
L 'Africaine è opera complessa
fin dalla sua gestazione che ha impiegato il compositore, mai soddisfatto del
suo lavoro e un fiume in piena compositivo, per più di 27 anni giungendo infine
a non completarla a causa della sua morte avvenuta prima della conclusione e
del riordino dei numerosissimi pezzi musicali già pronti.
Opera complessa dunque, dove è
inutile cercare compattezza e coerenza.
Il libretto di Scribe è quanto di
più sgangherato e incoerente abbia scritto nella sua carriera, egli mescola con
alcuni dati storici un intrigo di rivalità amorosa ricalcata sul modello
dell'infelice amore di Didone.
Già di per sé il titolo di
quest'opera è un ossimoro: chiamare Africana una vicenda che si svolge con
personaggi e ambientazioni indiane, dice molto.
Ma il teatro veneziano non si è
spaventato di fronte a tanta complessità e ha scelto di portare in scena una
versione tutto sommato accettabile della sterminata partitura.
I tagli sono pesanti e in alcuni
casi incomprensibili (più di un'ora di musica scompare) come il duetto tra Ines
e Selika all'inizio del 5° atto rendendo la già intricatissima trama ancora più
assurda, giacché non si comprende come mai Ines venga allontanata causando il
suicidio di Selika.
Leo Muscato, chiamato a gestire la
complessa messa in scena, sceglie un' ambientazione tradizionale ma non
tradizionalistica nell'allestimento, tutto teso all'esaltazione dell'aspetto
scenico ed esotico di cui quest'opera ne
è capolavoro.
Del suo lavoro ricordiamo con
piacere l'attenzione al gesto, ai movimenti e alla recitazione, cosa assai rara
nel teatro lirico di questi anni.
A tanta precisione si affiancano
i meravigliosi costumi di Carlos Tieppo con una punta di meraviglia per quelli
di ambientazione indiana, curati con precisione maniacale di rara memoria.
Le scene di Massimo Cecchetto
sono essenziali, il taglio rinascimentale degli atti di Lisbona e il taglio
esotico degli atti indiani sono resi con una pulizia ed una semplicità
encomiabili, come pure le proiezioni a video a sipario chiuso negli entre'act.
Nel ruolo eponimo cantava
Veronica Simeoni.
La scrittura della parte di
Selika è indubbiamente per soprano drammatico
mentre la Simeoni è un mezzosoprano, dalla voce bellissima e ambrata, ma
che spende una fatica immane nella gestione dei fiati nella parte alta del
rigo.
La sua voce è ideale nelle parte
drammatiche e d'affetto del testo musicale, ma risulta spesso in affanno nei
momenti spiccatamente belcantistici come
l'aria “Sur mes genoux” o il duetto “O longue souffrance”.
Ines era Jessica Pratt, che ha
cantato con la consueta precisione e meraviglia di accento e timbro una parte
in questa produzione purtroppo tagliatissima.
Che dire del Vasco de Gama di
Gregory Kunde? Alla soglia dei sessant'anni il
cantante americano ci regala sorprese canore impensabili. Kunde possiede una impressionante
varietà di timbro, lo scavo della parola e la precisione nell'accento sono
quanto di più bello ci sia dato da ascoltare negli ultimi anni. Il suo Vasco de
Gama è credibile anche nella recitazione che si lega a doppio filo alla
precisione e alla coerenza del dettato vocale.
Il Nelusko di Angelo Veccia
possiede una presenza scenica non comune, unita ad una capacità vocale di alto
valore, il suo personaggio risulta credibile in toto, molto buona la sua
“Adamastor, roi des vagues”.
Luca dall'Amico è un Don Pedro
che si distingue per correttezza di canto e un giusto livello di cattiveria, senza mai cadere nel rischio di creare un personaggio esageratamente trucido.
Ruben Amoretti da' corpo al
personaggio del Grand-Pretre de Brahma con voce calda e pulita nell'emissione.
Corretti il Don Diego di Davide
Ruberti, il Grand Inquisiteur de Lisbonne di Mattia Denti e l'Anna di Anna
Bordignon, il Don Alvar di Emanuele Giannino.
Emanuel Villaume a capo
dell'orchestra della Fenice, dirige con piglio asciutto una partitura dove
Meyerbeer alla grande arcata sinfonica, preferisce melodie di breve respiro.
Villaume sa che la sorvegliatissima arte del compositore tedesco raggiunge uno
straordinario splendore orchestrale e ne approfitta seguito da un'orchestra in
splendida forma.
Notevoli il finale primo, la
scena della tempesta e l'assalto degli indiani al terzo atto. Bravo come sempre il coro preparato da Claudio Marino Moretti.
Successo caloroso per tutti con
punte di ovazioni per Kunde.
LA PRODUZIONE
Maestro concertatore Emmanuel Villaume
e direttore
regia Leo Muscato
scene Massimo Checchetto
costumi Carlos Tieppo
light designer Alessandro Verazzi
video designer Fabio Iaquone, Luca Attilii
regia Leo Muscato
scene Massimo Checchetto
costumi Carlos Tieppo
light designer Alessandro Verazzi
video designer Fabio Iaquone, Luca Attilii
IL CAST
Inès Jessica Pratt
Sélika Veronica Simeoni
Sélika Veronica Simeoni
Vasco de Gama Gregory Kunde
Don Alvar Emanuele Giannino
Nélusko Angelo Veccia
Don Pédro Luca dall’Amico
Don Diego Davide Ruberti
Le grand inquisiteur
Don Alvar Emanuele Giannino
Nélusko Angelo Veccia
Don Pédro Luca dall’Amico
Don Diego Davide Ruberti
Le grand inquisiteur
de
Lisbonne Mattia Denti
Le grand-prêtre
Le grand-prêtre
de Brahma Ruben Amoretti
Anna Anna Bordignon
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
in lingua originale con sopratitoli in italiano e in francese
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
nel 150° anniversario della morte di Giacomo Meyerbeer
Anna Anna Bordignon
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
in lingua originale con sopratitoli in italiano e in francese
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
nel 150° anniversario della morte di Giacomo Meyerbeer