Oggi approfondiamo la conoscenza di un Artista riminese simpatico e schietto, dall'indubbio talento musicale, la cui bellissima voce è dotata di un timbro molto particolare: vellutato, corposo ed austero, che indubbiamente cattura al primo ascolto. La persona in questione è il basso Mirco Palazzi, altro orgoglio del nostro paese, che sta
collezionando successi su successi nei teatri d’opera più prestigiosi del
pianeta. Qualche esempio? Titoli come ‘Don Giovanni’, ‘Lucia
di Lammermoor’, 'Linda di Chamounix', ‘Maria Stuarda’, ‘Guglielmo Tell’, ‘Trovatore’, ‘Lucrezia
Borgia’, ecc. per cui ha ottenuto larghi consensi in
teatri quali il Teatro
Alla Scala di Milano, il Teatro Regio di Torino, l’Opera di Dallas, il Liceu di Barcellona, il Carlo Felice di Genova, l’Opera di Washington, la Fenice di Venezia, il Barbican Centre di Londra, nonché il Rossini Opera Festival,
ecc. Diretto dalle più importanti bacchette di fama internazionale, non ha perso di
vista l’amore per la famiglia, per la vita semplice, e si mostra
veramente molto generoso e propositivo nel rispondere alle mie domande, con ricchezza di
dettagli, spontaneità e tanta schiettezza.
Descriva la sua voce a chi non la conosce e cosa secondo lei
la distingue da quella degli altri suoi colleghi.
La mia voce è classificata
fra quelle di basso, più precisamente “basso cantabile”. Per quanto la parola “basso”
possa evocare un suono scuro e cavernoso, la mia voce non è così, anzi, direi
che pur a sua agio nella tessitura del basso ha un suono ed una “esposizione”
piuttosto brillante e una agilità non comune a tutte le tipologie di basso. Sono
trascorsi dodici anni dal mio debutto “professionale” e se c’è una cosa che ho
capito durante questa esperienza, è che bisogna dare uno stile e un colore alla
propria voce tali da renderla personale e quindi unica. Non so se ci sia
riuscito in pieno, ma spero che la mia voce e il mio canto si possano
distinguere a un primo ascolto e non si confondano con nessun altro.
Come descriverebbe gli inizi della Sua carriera e cosa l’ha
portata a intraprenderla?
Ho iniziato a studiare
pianoforte a sette anni, e bene o male la musica è sempre stata presente nella
mia famiglia poiché mio padre, da buon romagnolo, suona la fisarmonica. Quando lo
studio del pianoforte mi ha messo di fronte ai corsi corali, ho scoperto anche
la voce e il piacere di cantare, cosa che prima non avevo mai affrontato e
nemmeno pensato di fare. Da allora l’entusiasmo è stato sempre crescente, di
pari passo con i progressi a cui lo studio del canto mi portavano. Sono stato
anche fortunato perché ho incontrato sin da subito il maestro che mi ha portato
con successo alla vincita di tre concorsi internazionali e al debutto teatrale.
Grazie all’ottimo rapporto che ci legava, ho affrontato senza ansie e problemi
tutte le fasi dello studio ed anche i concorsi sono stati affrontati senza
aspettative, consapevoli dei propri limiti, ma anche fiduciosi di un risultato
più o meno positivo. La frase che
potrebbe riassumere lo spirito e il pensiero di quei tempi è: “Proviamoci e
vediamo come va”. Sono tre anni che il mio maestro, il tenore Robleto Merolla,
non c’è più, ma non passa una mia esibizione in cui il pensiero non vada a lui.
I ricordi più cari e i momenti che Le danno maggiore
soddisfazione?
Non vorrei peccare di
ottimismo, ma a parte qualche episodio in cui veramente non sono stato
soddisfatto di me stesso, per il resto cerco di godere di ogni occasione in cui
mi posso esibire ed esprimere me stesso. Ricordo con piacere quando ho vinto i
concorsi perché hanno segnato un passaggio nella mia vita significativo, cioè
dall’esser uno studente di canto al divenire un “cantante”. Il primo concorso
che ho affrontato nel 2001 è stato fondamentale e importantissimo grazie
all’incontro con il grande basso Bonaldo Giaiotti, il quale mi ha incoraggiato,
dato fiducia e aiutato sin da subito e in
tutti questi anni con i suoi preziosi consigli e la sua amicizia.
Che cosa avrebbe fatto se non avesse scelto questa carriera?
Non sono sicuro, presumo che
avrei continuato a lavorare nella ditta di famiglia, una falegnameria, come sta
tuttora facendo mio fratello.
Quanto conta l’immagine oggi nel mondo del Teatro d’Opera?
Credo che l’immagine sia
molto importante. Non credo però che l’immagine sia solamente quella
dell’aspetto fisico, ma un insieme di fattori che contribuiscono a formare
appieno l’immagine dell’artista, come: la professionalità, l’affidabilità e la
serietà, la preparazione e l’apertura verso gli altri colleghi e ovviamente la
voce e la musicalità. Tutto questo concorre a formare “La vera Immagine” dell’artista
ben più importante di quella che da’ il semplice
aspetto fisico.
Come studia una partitura nuova?
Prima di tutto mi studio
bene il libretto e la storia che l’opera rappresenta, poi vado nello specifico
del mio ruolo potendo così collocare le mie arie, recitativi e concertati in un
contesto ben preciso. In un primo momento affronto lo studio musicale da solo,
poi, una volta che conosco abbastanza bene musicalmente la parte, vado da un
pianista per dare un quadro generale al tutto e per poter “mettere in gola” la
musica.
Predilige i ruoli drammatici
oppure quelli per così dire più ‘leggeri’?
Come indole e come colore di
voce prediligo i ruoli drammatici, ma ho affrontato e affronterò con entusiasmo
ruoli per così dire leggeri come Leporello, Il Conte Asdrubale, Don Basilio,
Mustafà, Il Podestà, Figaro… Il tutto dipende dal taglio che gli si vuole dare.
Sono abbastanza sicuro che non canterò mai un Don Bartolo o ruoli prettamente
buffi.
Come si concilia un mestiere “frenetico” come il Suo con la
vita familiare/privata?
E’ difficile e bisogna fare
delle rinunce in entrambi gli aspetti della vita. Anche mia moglie Raffaella è
una cantante. Cerchiamo il più possibile di alternarci nel lavoro e di seguirci
a vicenda per stare sempre insieme. Quando questo non è possibile, nostra
figlia viaggia con la madre e i nonni. In generale cerco di dare la priorità
alla famiglia pur sapendo che il lavoro è una fonte indispensabile per
mantenere essa stessa.
Quindi il rapporto con la sua famiglia?
Di unione, sostegno e amore.
Il rapporto con le Regie d’Opera tradizionali e quelle moderne?
Purché ci sia un senso e si
rispettino i rapporti tra i personaggi, per me, non c’è nessun problema. Quando
si cominciano a fare regie nelle quali c’è “una storia nella storia” e sono
falsati i rapporti tra i personaggi, non c’è più aderenza tra ciò che si dice e
quello che si fa, questo non mi piace più. Preferisco regie tradizionali perché
amo l’opera così come è stata concepita dal compositore e dal librettista, un
aggiornamento ai tempi moderni è una cosa quasi superflua e direi, inutile
perché il fascino dell’opera lirica viene a perdersi quando è snaturata. Il
cinema è un prodotto del secolo scorso, l’opera no, non si possono trattare
nello stesso modo. Sicuramente è più difficile creare una bella regia di un’opera
rispettando il libretto e l’autore piuttosto che inventarsi da capo a fondo
storia e ambientazioni proprie… Se noi prendiamo gli spartiti delle opere di
Mozart, Verdi, Puccini, Donizetti e tanti altri compositori, possiamo notare
che sullo spartito c’è scritto tutto, anche quello che accade a livello
scenico.
Quindi il ruolo del regista secondo lei?
Trovo il ruolo del regista fondamentale per l’allestimento di
un’opera, ma lo vedo più in funzione di “Coach”, colui che fa funzionare la
squadra, in questo caso di attori/cantanti, colui che da’’ una “direzione”
anche al singolo, ma che allo stesso tempo vede e fa funzionare il tutto
dall’esterno. Tutti i musicisti, strumentisti per primi, studiano e lavorano
per ottenere un risultato il più possibile conforme a come l’autore lo abbia
pensato e scritto: anche per questo abbiamo l’uso di strumenti “originali” e la
prassi esecutiva che riguarda tutti, cantanti compresi. Perché questa pratica deve
essere isolata al lato musicale? Trovo irritante vedere una messa in scena che
vada contro il testo e ancora di più contro la musica. Provate a immaginare una
persona, un ragazzo/a o addirittura un bambino che vada a vedere un’opera per
la prima volta, cosa capirà e cosa gli arriverebbe dell’opera se tutto fosse
cambiato e strumentalizzato dalla regia? Non lo so. Il mio lavoro mi porta a
stare lontano di casa per mesi. Questo tempo è per la maggior parte occupato da
prove di regia, circa quattro settimane, mentre le prove musicali, comprese
quelle con l’orchestra fanno fatica ad arrivare a una settimana. Troppo spesso
il lato musicale è messo da parte in termini di tempo e di qualità.
Conclusione: preferisco fare
concerti.
Don Giovanni, Leporello - Dallas
Il rapporto con i direttori d’orchestra?
È un rapporto di scambio e
costruttivo, dove il rispetto reciproco è fondamentale. Portare le proprie idee
e confrontarle sono il bello di questo lavoro. Seguire pedissequamente ciò che
l’uno o l’altro vuole, significa la perdita dell’entusiasmo, il quale è
indispensabile per cantare e far musica bene.
Ha mai sofferto di invidia o è mai stato oggetto di invidie
altrui?
L’invidia è un peccato che
per fortuna non mi appartiene. Mi è capitato di soffrire quando non sono stato scelto
per dei titoli che amo particolarmente, ma devo dire che da quando ho una
famiglia e una figlia anche questo è passato in secondo piano. Ora per me è
fondamentale avere il giusto lavoro che permetta di far vivere bene la mia
famiglia e me, ovviamente la qualità del lavoro stesso è parte imprescindibile
di tutto questo. Sono convinto che ciascun artista debba riuscire a essere
unico e nella sua unità speciale. Questo comporta due cose: o si piace o non si
piace. L’importante però è piacere a se stessi e avere un proprio pubblico.
Dell’invidia da parte degli altri nei miei confronti non me ne sono mai curato,
è un problema di chi la prova.
Veniamo ai gusti personali. Città del mondo preferita? Dove preferisce stare quando deve
rilassarsi dopo tanto lavoro?
Roma. Per rilassarsi e
riposare non c’è niente di meglio che tornare nei luoghi della propria infanzia
e con le persone che ne hanno fatto parte e ne fanno tutt'ora.
Dove si mangia meglio e/o peggio?
Basta trovare il posto giusto
e si mangia bene dovunque, e credo che la compagnia sia un aspetto fondamentale
per un ottimo pasto. Amo le diverse cucine e mi piace provare e trovare il
buono di ognuna. Volentieri e il più delle volte cucino da me stesso, cercando
così di soddisfare il palato e mantenere la salute.
Cibo preferito?
Non saprei cosa scegliere…
Un bel piatto di spaghetti alle vongole fa sempre festa, e la pizza pure!
Ha tempo di dedicarsi a degli hobby, come il cinema, la
lettura o qualcos’altro di particolare
che la appassiona in modo specifico?
Amo la fotografia e il mondo
della registrazione audio e video. Possiedo tutta l’attrezzatura di un piccolo
studio di registrazione.
Ama più il giorno o la notte?
Giorno, amo stare in azione.
I Suoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Samuel Ramey, Bonaldo
Giaiotti e Cesare Siepi tra i bassi; Giuseppe Taddei e Cornell MacNeill tra i
baritoni; Franco Corelli, Robleto Merolla e Luciano Pavarotti fra i tenori.
Trai colleghi di oggi mi piacciono molto Ferruccio Furlanetto, Michele Pertusi,
Ildebrando D’Arcangelo e Gregory Kunde. Non sono un grande culture di voci
femminili…
La damnation de Faust
Lei è superstizioso?
No, ma qualche grattata ogni tanto ci scappa
Il Suo rapporto con la spiritualità?
Privato, non ne parlo con nessuno.
Che cosa fa poco prima di salire sul palcoscenico?
Ascolto la musica che viene
dalla buca d’orchestra e il canto dei miei colleghi che sono già in palcoscenico.
Come vive il rapporto con il pubblico?
Il rapporto con il pubblico
è una cosa indispensabile e vai ricreata da capo ogni volta che ci si esibisce.
Ovviamente secondo i risultati il mio rapporto cambia, anche se l’ascoltatore
più esigente sono io, e spero di continuare ad esserlo. Alla fine non è tanto il
rapporto che ho con il pubblico, ma quello che ho con me stesso che influisce
sul risultato perché quando sono soddisfatto e mi piace quello che sto facendo,
di solito arriva una risposta positiva anche dall’esterno.
Come vede questo momento di crisi che attraversa il settore
della musica lirica?
E’ un periodo in cui serve
una riorganizzazione e un taglio agli sprechi. Quello che c’è basta, va solo
distribuito più equamente.
Cosa manca ancora nella
Sua vita oggi?
Sono contento così, anche se
sono troppo spesso concentrato sul futuro e mi godo poco quello che sto
vivendo.
Episodi buffi nel backstage o in scena che le piacerebbe
condividere.
I classici scherzi da ultima
recita, specie quando si canta con colleghi amici di vecchia data.
Qualcosa che vorrebbe dire al suo pubblico e che non le è stato mai
chiesto.
Non ho mai pensato di
parlare con il pubblico. L’unico strumento di comunicazione per me è il canto.
L'incoronazione di Poppea, Seneca - Barcellona
I suoi prossimi impegni?
Damnation de Faust (Mephistopheles) al Barbican di Londra diretto
da Gergiev, Stabat Mater e Requiem di Verdi con il Regio di Torino e il M°
Noseda in tournée in Giappone, L’Italiana in Algeri a Verona, Guglielmo Tell a
Torino, Nozze di Figaro (Figaro) a Dallas e Maria Stuarda (Talbot) a Barcellona.
Ed anche questa volta sono
molto orgogliosa di aver fatto conoscere un po’ meglio questo Artista, Mirco
Palazzi, che sono sicura ci darà ancora tante soddisfazioni, a cui
auguro tanto altro successo in futuro e ringrazio vivamente per la sua disponibilità e
cortesia, nell’aver condiviso con me e con il suo pubblico i suoi pensieri e le
sue emozioni. In bocca al lupo per tutto!
MTG