Indubbiamente la voce da basso o baritono ha un suo fascino indescrivibile, e lo sapevano bene tutti quei
geniali compositori che ne davano gran risalto, spesso attribuendo la parte del
seduttore proprio ai cantanti dotati di quel timbro specifico, si pensi a Don Giovanni
di Mozart, al Conte ne Le nozze di Figaro; oppure ruoli divertenti come il Don Basilio di rossiniana memoria o il Dulcamara di Donizetti, per non parlare dei grandi ruoli
drammatici come Enrico VIII in Anna Bolena, il Re d’Egitto in Aida... Questi infatti, sono solo alcuni delle decine di ruoli che Simone
Alberghini ha interpretato e letteralmente impersonato sin dall’inizio
della sua splendida carriera internazionale. E la lista si allunga con ruoli in Maria Stuarda (Talbot), Poliuto (Callistene), i Puritani (Giorgio), Macbeth (Bancuo), e tantissimi altri ancora nei più importanti teatri al mondo. Se c’è una qualità che aggiunge
valore alle sue interpretazioni è l’immedesimazione nella parte, lo studio
approfondito del personaggio per poterne esprimere al meglio le qualità
caratteriali oltre che vocali. Ecco la ricetta per un Artista di qualità che porta
alto il nome della nostra Arte lirica nel mondo rendendoci davvero orgogliosi.
Stupisce per la sua modestia
e per la continua ricerca di perfezionamento, di approfondimento del suo
lavoro, una ricerca affidata ad uno studio costante, mai scontato,
così come non dà affatto per scontato il suo successo, e risponde con tantissima
umiltà e simpatia alle mie domande, come se ci conoscessimo da una vita, una
persona davvero alla mano!
Descriva la sua voce a chi non la conosce e cosa secondo lei
la distingue da quella degli altri suoi colleghi.
Dunque, ho voce di
basso-baritono. Agli inizi cantavo ruoli prettamente da basso, con gli anni la
voce si sta sviluppando soprattutto nella gamma acuta ed incomincio ad
intraprendere ruoli anche baritonali. I più grandi complimenti che mi sono
stati fatti riguardano una certa morbidezza d’emissione ed una cura particolare
nella pronuncia e nei recitativi… spero siano complimenti fondati!
Come descriverebbe gli inizi della Sua carriera e cosa l’ha
portata a intraprenderla?
Beh sin da quando avevo
14-15 anni, ho sempre cantato; prima musica leggera, musical, jazz, facevo il crooner
alla Frank Sinatra, poi un quartetto jazz a cappella, infine a 18 anni l’inizio
dello studio lirico ed a 20 il debutto. La spinta più importante alla carriera
me la diede sicuramente la vittoria del concorso Operalia, organizzato da
Placido Domingo, a Città del Messico,
nel 1994: a 21 anni vinsi cantando “Ella giammai m’amò”, l’aria di Filippo II
dal Don Carlo di Verdi.
I ricordi più cari e i momenti che Le danno maggiore
soddisfazione?
Legati alla carriera? Come
detto, la vittoria d’Operalia nel ’94, poi i debutti più importanti,
soprattutto al Met nel 2005 come
Dandini in Cenerentola ed al Covent
Garden nel 2007 come Athanael in Thais a fianco di Renée Fleming.
Cosa avrebbe fatto se non avesse scelto questa carriera?
Ah comunque il cantante, di
musical o commedia musicale. Però…se fossi stato una decina di cm più alto… il
giocatore di basket!!
Quanto conta l’immagine oggi nel mondo del Teatro d’Opera?
A torto o a ragione,
tantissimo; sia per le varie produzioni in Teatro, dove spesso i registi
finiscono per essere determinanti nelle scelte dei cast più dei direttori
d’orchestra, sia per un mercato discografico che annaspa per cercare di
attrarre pubblico giovane. L’immagine, nella nostra società in generale, è
molto importante, ed il Teatro d’Opera non fa eccezione.
Come studia una partitura nuova?
Inizio ovviamente dallo
“studio noioso”, dalla “decifratura” della scrittura musicale dell’autore (note
e segni dinamici e d’intenzione). In seguito, mi piace sentire varie edizioni
discografiche del passato, possibilmente live, per potermi rendere conto bene
della tradizione ( nel senso positivo del termine), dell’impatto orchestrale
sulle possibilità interpretative, per poter anche “rubare” intenzioni o porger
delle frasi di interpreti che stimo. Infine, canto il ruolo con un pianista.
Predilige i ruoli drammatici oppure quelli per così dire più ‘leggeri’?
Mi piacciono entrambi. Credo
sia vero che un buon interprete di commedia è poi in grado di essere un buon
interprete drammatico, mentre non sempre è vero il contrario. Mi piacciono
soprattutto i ruoli rossiniani e mozartiani, per le possibilità interpretative
ed attoriali che offrono.
Come si concilia un mestiere “frenetico” come il Suo con la
vita familiare/privata?
Ad esser sincero…molto
difficilmente. Da quando sono diventato padre (poco più di 3 anni), poi, le
necessarie assenze da casa mi pesano sempre di più…ma cerco di essere presente
il più possibile con i miei cari e nei miei pensieri ci sono sempre loro. D’altronde,
c’est la vie!
Il rapporto con la sua famiglia?
Ho la fortuna di avere 2
genitori che mi hanno sempre supportato, anche quando presi la difficile
decisione di lasciare gli studi universitari (Lettere moderne) per dedicarmi a
tempo pieno al canto. Siamo molto legati, anche con mio fratello minore, anche
se, ovviamente non ci vediamo spesso.
Il rapporto con le Regie d’Opera tradizionali e quelle
moderne?
Preferisco distinguere il
mio rapporto con registi “intelligenti” e rispettosi della musica o con registi
che pensano solo a provocare gratuitamente. Ho avuto la fortuna di lavorare con
registi ormai considerati “classici”, come Ronconi e Pizzi, ma anche con
registi “moderni” come Miller, Vick o Michieletto: tutti accomunati dalla
passione per il loro lavoro e dal rispetto per i colleghi ed i cantanti. Tutti
utilizzano un linguaggio visivo diverso, ma se le richieste rispettano la
musica, i rapporti tra i personaggi e lo sviluppo della storia, non ho nessun
problema a recitare anche in una produzione “moderna”, trasposta d’epoca.
Spesso, anzi, questa “modernizzazione” può essere interessante per la profondità
dei personaggi e magari per ricreare nel pubblico del nostro tempo l’effetto
che la Prima del titolo che stiamo rappresentando ebbe sul pubblico dell’epoca.
Ovviamente, all’opposto, non amo affatto registi che richiedono azioni
“gratuite”, che ricercano una provocazione fine a se stessa; devo però dire
che, per fortuna, nella mia carriera ne ho incontrati pochi di quest’ultimi.
Il rapporto con i direttori d’orchestra?
In genere buono. Ovviamente
adoro lavorare con “Maestri”, giovani o più attempati, che rispettano questo
nome: Maestri, che insegnano e stimolano nella lettura dello spartito.
Ha mai sofferto di invidia o è mai stato oggetto di invidie
altrui?
Ho la fortuna di non
soffrire d’invidia e se ne sono stato oggetto…per il momento non me ne sono
accorto.
Città del mondo preferita? Dove preferisce stare quando deve
rilassarsi dopo tanto lavoro?
Adoro gli Stati Uniti e
molte delle città che preferisco sono in quella Nazione: Washington DC, New
York, S. Francisco, Los Angeles. Adoro poi i Theme Parks…quindi sono un fan di
Orlando, in Florida. In Italia, amo cantare e lavorare soprattutto a Torino e
Venezia, città diversissime, ma entrambe affascinanti e con Teatri molto
efficienti e ben organizzati. Quando sono in vacanza…in realtà voglio stare a
casa e godermi il tempo con mio figlio.
Dove si mangia meglio e/o peggio?
Ho la fortuna di non essere
un italiano tipico!! Non ho bisogno della cucina italiana in ogni momento e mi
piace provare le diverse cucine locali quando viaggio, per lavoro o per
piacere. Mi piacciono molto le cucine indiana, thailandese, russa e georgiana.
Cibo preferito? Tortellini pasticciati (panna e ragù di carne).
Superstizioso? Assolutamente no: essere superstiziosi porta
sfortuna!!
Il Suo rapporto con la spiritualità?
Sono cresciuto in una
famiglia cattolica ed ho avuto quindi questa educazione, ma non sono
praticante. Credo esista un Dio, sia che si chiami Buddha, Dio o Allah. Ho però
qualche perplessità per come le Chiese terrene lo celebrano…e diciamo che
quando lo incontrerò dall’altra parte, avrò tante cose da chiedergli e tante
curiosità di cui spero vorrà saziarmi.
Un po’ di curiosità sui suoi gusti. Quali sono i Suoi
hobbies?
Sono molto sportivo (basket,
sci, palestra) e sono un grande appassionato d’elettronica, e poker!!
Le piace leggere? Ha delle letture preferite? Sì certo! Leggo un pò di
tutto, dai romanzi alle poesie, ed anche i trattati su argomenti vari.
Ha il tempo di andare al cinema? C’è un film che predilige in
assoluto?
Oh sì: C’era una volta il
West!
Ha un colore preferito? Amo il blu.
E un fiore preferito? La gardenia
Ama più il giorno o la notte?
Sicuramente la notte. Per il
nostro lavoro, viviamo spesso in un “fuso orario parallelo”, che ci porta ad
andare a letto molto tardi…ed amo la sincerità a volte malinconica della notte.
I Suoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Come cantanti
lirici…tantissimi. Da Pavarotti ( che è stato il mio primo vero
“innamoramento”), a Siepi, Ghiaurov, Tagliabue, Domingo, la Callas. Tra i
colleghi attuali, amo molto Mariella Devia, Michele Pertusi ed Alessandro
Corbelli, tutti amici che mi hanno aiutato anche con consigli e con l’esempio.
Cosa fa poco prima di salire sul palcoscenico? Niente di particolare:
vocalizzi, un caffè doppio…
Come vive il rapporto con il pubblico?
Abbastanza pacatamente:
penso a “fare il mio lavoro” con tutto me stesso e spero che questo venga
apprezzato. Mi piace perdermi completamente nel personaggio che interpreto e
spero in questa maniera di poter provocare emozioni. Ma
sinceramente, quando sono sul palco… non “cerco” il pubblico, cosa che ritengo
a volte pericolosa o “troppo facile”.
Come vede questo momento di crisi che attraversa il settore
della musica lirica?
Purtroppo, sinceramente, in
maniera molto pessimistica, soprattutto in Italia. Abbiamo storicamente tanti
teatri ed ognuno pretende di programmare una propria stagione, con poche
collaborazioni. Decenni di sprechi, di musica non insegnata nelle scuole, di
supponenza derivata dagli Anni d’Oro della Lirica, stanno mostrando il conto.
Tutto il sistema va riformato partendo dalla base, dall’insegnamento, ma non
vedo né la voglia né la competenza per farlo. L’opera lirica si basa su un
linguaggio musicale bellissimo, ma non più attuale e non immediato: se non si
insegna “come” ascoltarla, rimane l’equivalente dell’andar per strada parlando
in latino: la nostra lingua madre, ma non più compresa da tutti. L’opera lirica
attuale è il musical…certo, però spesso, con una valenza artistica e musicale
nettamente inferiore e scontata.
Ci sono delle cause politiche o sociali che le stanno
particolarmente a cuore?
Non sono attivamente impegnato in qualche causa particolare;
sono vicino, quando posso, nel mio piccolo, con concerti di beneficienza, a
cause che ritengo meritevoli.
Cosa manca nella Sua vita oggi? Stabilità ed il contatto
quotidiano con mio figlio.
Episodi buffi nel backstage o in scena? Tanti, troppi da raccontare
e soprattutto da far leggere!! Meglio parlarne davanti ad un bicchiere di vino
rosso!!
Qualcosa che vorrebbe dire che non le è stato mai chiesto? Oh no, parlo pure troppo!
Infine, in breve i suoi prossimi impegni?
Nell’immediato futuro: Don
Giovanni e Conte in Nozze di Figaro a Venezia e Dulcamara a Torino nell’Elisir
d’Amore.
E saranno grandissimi
successi come ogni volta che Simone Alberghini sale sul palco. Semplicità,
cortesia, senso dell’umorismo, profondo senso del dovere e della famiglia,
unitamente ad una gran classe ed eleganza, contraddistinguono questo grande
Artista che ovviamente sono onorata di aver potuto conoscere ed intervistare, e
che mi auguro di poter applaudire in interminabili successi ancora per
tantissimi anni in futuro: grande uomo e grande Artista.
MTG