L'Attila di Giuseppe
Verdi inaugura la stagione d’opera al Teatro Comunale di Bologna, con
una produzione che vede Daniele
Abbado impegnato come regista ed un allestimento dalle
molteplici interpretazioni per la sua atmosfera piuttosto cupa e fumosa. L’epoca in
cui ci troviamo infatti è abbastanza generica, data una certa atemporalità insita nell’ambientazione
curata da Gianni
Carluccio, che tra il grigio ed il blu rimanda quasi ad un luogo fatiscente o devastato, ove talvolta sono collocate anche sagome di uomini in ginocchio a simbolo dei prigionieri sottomessi. Alcuni tendaggi richiamano alle fattezze
di un veliero con delle corde pendenti che sanciscono al termine la cattura e seguente
uccisione dell’invasore unno. Non ci sono particolari colpi di teatro e gli interpreti
interagiscono tra di loro circondati da pochi elementi che il regista ha voluto
come chiusi in una grande scatola astratta. Tutto sommato, pur nella sua
semplicità, risulta abbastanza in linea con l’idea di oscurità e mistero che
circonda la figura del quasi leggendario Attila. I pur pregevoli costumi dello
stesso Carluccio e di Daniela
Cernigliaro sono altrettanto estranei da precisa collocazione,
in un misto tra verginali vesti bianche con velo, divise militari da secolo scorso e tuniche decisamente più in linea col contorno.
Nessun dubbio invece
sulla qualità del fronte musicale.
Ildebrando
D'Arcangelo ha non
solo presenza scenica per un Attila imponente e volitivo, ma è abile anche nel
mostrare il lato umano del condottiero, tormentato tra gli incubi e gli eventi a
lui contrari, ed il desiderio di proseguire nella conquista della città eterna con la certezza della sua forza. Così l’interprete adopera la sua voce calda e
robusta per assecondare certo il dominio di sé, ma anche la sofferenza e lo stupore
nella sconfitta.
La sua
controparte al femminile è una Maria Josè
Siri dal piglio guerriero la cui voce si conforma al
personaggio, divenendo quasi cattiva nella sua pienezza: Odabella sfodera un bel fraseggio, sicurezza
negli acuti ed un’emissione vocale da vera combattente.
Sontuoso l’Ezio
di Simone
Piazzola: la cura del dettaglio ed il canto sulla parola, il
suono ricco e pastoso della voce da baritono vero, la musicalità e l’
espressività sono ormai certezza per un giovane che possiamo annoverare tra i
migliori baritoni della sua generazione.
Ricco di sfumature è
anche il timbro di Fabio Sartori
interprete di un imponente
Foresto: il tenore possiede passione, forza e generosità tanto nella voce
quanto nel suo agire in scena.
Antonio Di
Matteo ricopre il ruolo di papa Leone con fermezza ed
autorevolezza anche vocale, così come molto buono è l’Uldino di Gianluca
Floris.
Gli interventi
complessivamente molto buoni del coro sono curati da Andrea
Faidutti.
Ancora una
volta siamo testimoni di una prova maiuscola del Maestro Michele
Mariotti alla testa dell’ottima orchestra del teatro
bolognese. E’ pressoché infinita la quantità di sfumature da cui è composto il
suono che si esprime in mille colori. Le dinamiche perfette assecondano la
scena in un divenire sempre dinamico e la cura di ogni minuscolo particolare
rende la partitura viva e vibrante. Il Maestro fa parte della schiera di quei
pochi direttori che cantano e respirano insieme agli interpreti, accompagnandoli
passo passo lungo il cammino.
Applausi
trionfali per tutti i protagonisti seguiti da autentiche ovazioni e grandi
manifestazioni di gioia. Qualche minuscola ed isolata contestazione alla regia.
Maria Teresa Giovagnoli
LA
PRODUZIONE
Direttore
|
Michele
Mariotti
|
Regia
|
Daniele
Abbado
|
Scene e luci
|
Gianni
Carluccio
|
Costumi
|
Gianni
Carluccio
Daniela Cernigliaro |
Movimenti scenici
|
Simona
Bucci
|
Regista collaboratore
|
Boris
Stetka
|
Maestro del Coro
|
Andrea
Faidutti
|
GLI INTERPRETI
Attila
|
Ildebrando
D'Arcangelo
|
Ezio
|
Simone
Piazzola
|
Odabella
|
Maria Josè
Siri
|
Foresto
|
Fabio Sartori
|
Uldino
|
Gianluca
Floris
|
Leone
|
Antonio Di
Matteo
|
Nuova produzione del TCBO con Teatro
Massimo di Palermo e Teatro La Fenice di Venezia
Foto Rocco Casaluci