Una nuova produzione di
Stiffelio ha sancito il proseguimento della stagione d’opera al Teatro La
Fenice di Venezia, cui dobbiamo attribuire certo il merito di allestire un’opera
che fino a non molto tempo fa non vantava presenze copiose nei cartelloni
operistici, perché come si sa viene spesso preferita da titoli più blasonati. Se
è vero che il libretto di Piave tratto dal dramma di Souvestre e Bourgeois si
concentra fondamentalmente sul tradimento svelato e magnanimamente perdonato, in
un susseguirsi di azioni piuttosto lineari, ci sembra tuttavia che il regista Johannes Weigand si sia limitato a portare in scena gli
interpreti senza seguirli particolarmente dal punto di vista drammaturgico. Stiffelio
subisce un’onta come marito e come uomo di fede, sua moglie si strugge tra
pentimento e rimorso, il conte di Stankar è sconvolto dagli eventi posti in
essere per l’imprudenza della figlia. Ma siamo noi a dover cogliere queste
sensazioni e gli interpreti sono chiamati ad aggiungere molto della propria
esperienza per entrare nei diversi ruoli, mentre stanno semplicemente in scena. Intorno il regista ha voluto un
ambiente diremmo geometricamente essenziale, scarno ed austero, in cui Guido Petzold ha dato risalto
principalmente alle luci, anch’esse fondamentalmente scure, a sottolineare l’atmosfera
tesa e rigida della vicenda. Non c’è molto altro in questo allestimento, il cui
fulcro è un pulpito ferrigno da cui il generoso Müller perdona la
moglie fedifraga. In linea col resto i costumi di Judith Fischer.
In tal contesto si inserisce anche la conduzione di Daniele
Rustioni, che guida l’orchestra feniciana con sobrietà quasi austera,
staccando tempi diremmo prudenti e con qualche guizzo in più nei momenti
concitati. Il braccio è comunque sicuro tanto quanto il feeling col
palcoscenico.
Nel cast è libero di esprimersi Stefano Secco come Stiffelio/Müller,
che utilizza tutti i suoi mezzi vocali ed interpretativi al servizio di un
ruolo il cui animo è dilaniato dall’affronto subito, ma confortato dalla fede e
dalla responsabilità verso i suoi fedeli, forte anche di un timbro morbido e molto
gradevole.
Non perfettamente
inquadrata nel personaggio ci è sembrata la Lina di Julianna Di Giacomo. Non
cogliamo i sentimenti che vibrano nel cuore della donna, certo non aiutata
dalla regia, e sebbene dotata di forti mezzi vocali pare esprimersi al meglio
solo nella zona media del suo registro.
Ruspante e di cuore il
genitore, conte di Stankar: Dimitri Platanias risolve il ruolo
di austero ed autoritario padre utilizzando il suo strumento vocale robusto e
voluminoso con cuore e forza d’animo.
Molto buono e dalla
voce fresca ed orecchiabile il cugino di Lina, Cristiano Olivieri come Federico;
ottimo grazie alla particolarissima voce ambrata lo Jorg di Simon
Lim; buon interprete di Raffaele è Francesco Marsiglia al cui personaggio pure si sarebbe potuto offrire di più; a chiudere il
cast la Dorotea di Sofia Koberidze.
Preciso e quasi solenne
il coro diretto da Claudio Marino Moretti. Applausi copiosi per
tutto il cast da un pubblico folto e soddisfatto.
Maria
Teresa Giovagnoli
LA
PRODUZIONE
Direttore Daniele
Rustioni
Regia Johannes Weigand
Scene e luci Guido Petzold
costumi Judith Fischer
Regia Johannes Weigand
Scene e luci Guido Petzold
costumi Judith Fischer
GLI
INTERPRETI
Stiffelio Stefano Secco
Lina Julianna Di Giacomo
Stankar Dimitri Platanias
Raffaele Francesco Marsiglia
Jorg Simon Lim
Federico di Frengel Cristiano Olivieri
Dorotea Sofia Koberidze
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Lina Julianna Di Giacomo
Stankar Dimitri Platanias
Raffaele Francesco Marsiglia
Jorg Simon Lim
Federico di Frengel Cristiano Olivieri
Dorotea Sofia Koberidze
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Foto Michele Crosera