Con Lulu di Berg continua a Bolzano la stagione della Fondazione Haydn OPER.A. 20.21 che, come detto in occasione
della precedente messa in scena, rivolge una particolare attenzione ai titoli
di questo e del precedente secolo. Opera questa dalla gestazione travagliata,
con la dipartita del compositore dopo aver orchestrato soltanto due atti nel
1935, essa fu completata col terzo grazie all’intervento di Friedrich Cerha molti
anni più tardi su materiale dello stesso Berg. Ma la versione rappresentata a
Bolzano è quella ulteriormente rivisitata soltanto nel 2010 da Eberhard Kloke per
orchestra da camera, nell’allestimento proveniente dalla Welsh National Opera, che si adatta maggiormente al palcoscenico del teatro bolzanino e che vede
anche nella parte musicale un apporto più intimistico a supporto di tale
allestimento. Non più un azzardo oggi come oggi portare sul palco la vita a dir
poco lasciva di una donna come Lulu dai mille volti e dai numerosi
nomi/nomignoli che man mano i suoi amanti le attribuiscono. Femme fatale in
tutti i sensi vista l’incredibile escalation di morti causate tra infarti,
suicidi ed omicidi per sua stessa mano. Nonostante la miriade di personaggi,
pur ridimensionati da Berg rispetto alle opere da cui trasse la storia di Lulu (Il vaso di pandora e Lo spirito della terra di Wedekind)
tutto si svolge attorno a lei con i suoi mariti ed amanti. Il regista David Pountney tende a sottolineare in tutto lo spettacolo l’ambientazione circense da cui prende atto: non solo la protagonista, ma tutti gli interpreti sono delle figure
animalesche le cui allegorie agiscono guidate come sotto ipnosi dalla Lulu-
serpente, donna e tentatrice. I colori la fanno da padrone nelle scene di Johan
Engels come nei costumi di Marie-Jeanne Lecca, che per la
protagonista sono luminosi ed appariscenti con le immancabili pailettes. Al
centro di questo circo dalle ‘luci rosse’ o comunque dalle atmosfere lugubri,
ben giocate da Mark Jonathan, una scala/spirale vuole sottolineare il turbinio
degli eventi innanzi alla quale vengono sistematicamente appesi i corpi delle
vittime, mentre le loro anime sono accompagnate in processione nell’aldilà
uscendo di scena.
Risultano
talvolta superflue o un quanto meno ridondanti le voci registrate che fuoricampo
aggiungono pensieri ai protagonisti.
Fulcro
dell’opera è Marie Arnet impegnata a rappresentare questa donna che
probabilmente è vittima più che causa del suo destino: un personaggio pericoloso
per gli altri e per se stessa, in continua ricerca di attenzioni, come
evidentemente si evince dal continuo cambiare marito o partner; perennemente
insoddisfatta, in cerca dell’ascesa sociale e poi in caduta libera fino alla
prostituzione ed al fatale incontro con lo Squartatore. Se non ha colto forse
in pieno tutte le sfaccettature del ruolo nella sua drammaticità, il soprano ha
cercato comunque una sua dimensione interpretativa anche dal punto di vista
vocale, data la non certo semplice scrittura musicale.
Gli
uomini che girano intorno a lei sono tutti pedine di una scacchiera comandata
forse più dal destino che dalla stessa protagonista, generalmente molto
partecipi con qualche punta di eccellenza: sugli scudi il dott. Schön
di Paul
Carey Jones che si trasforma da editore ed amante appassionato (ma che
al momento giusto molla la ‘lolita’ per un più prestigioso matrimonio) in un
terribile Jack lo Squartatore con disinvoltura sia vocale che attoriale; Roland
Serra è un povero e cornificato primo marito che non regge al colpo e
ci lascia le penne; Clive Bayley è un pittore e secondo marito molto passionale e
probabilmente inconsapevole di chi ha come compagna; Alwa, il figlio di Schön,
forse il più manipolato e che riesce pure a ‘sorvolare’ sull’omicidio del
padre, è un Johnny Van Hal quasi stralunato ed ipnotizzato dalla donna,
tanto che il regista lo ingabbia in più scene in un costume da coniglio bianco,
al suo servizio. Molto buono e spigliato in scena Duccio dal Monte come
banchiere e soprattutto direttore di teatro.
Per molti la vera
protagonista morale, se così si po' dire, della vicenda è la contessa Geschwitz interpretata da una Natascha
Petrinsky in buona forma: accorata, drammatica anche nella voce, persa
nelle fantasie per la sua Lulu, disperata e pronta a condividerne anche la
fine.
Nella lunga lista dei
personaggi di contorno ricordiamo anche Jurgita Adamonyte nel triplice ruolo
di Una guardarobiera teatrale, studente e Groom; il principe, nonché
domestico e marchese di Alan Oke, l’atleta Steven
Scheschareg, Bernd Hofmann
molto buono come Schigolch e domatore, il
commissario di polizia, Carlo-Emanuele Esposito, la
quindicenne Mary-Jean O’Doherty, sua madre, Anna Lucia Nardi, una arredatrice, Rebecca Afonwy – Jones, un
giornalista, Keith Harris, un domestico,
Johannes Held, il clown di David
Thaler, un macchinista, Andrea Deanesi.
Molto si discute infine
se sia più fedele al compositore la versione completata da Cerha o se si possa
considerare veramente aderente alle idee di Berg questa versione di Kloke, peraltro ben accolta a Copenaghen nel 2010.
Noi ne registriamo la direzione di Anthony Negus per questa occasione molto intimistica, quasi attenta
a non strafare, con tempi piuttosto distesi nonostante la scrittura a tratti
davvero brillante, come se il palco parlasse da sé e non fosse opportuno prevalere
troppo.
Applausi
moderati al termine dello spettacolo con punte di apprezzamento per il Maestro
Negus.
Maria Teresa Giovagnoli
LA
PRODUZIONE
Direttore Anthony Negus
Regia David Pountney
Scene Johan Engels
Regia David Pountney
Scene Johan Engels
Costumi Marie-Jeanne Lecca
Luci Mark
Jonathan
GLI INTERPRETI
Lulu Marie Arnet
Contessa
Geschwitz Natascha Petrinsky
Una
guardarobiera Jurgita Adamonyte
teatrale/
studente/Groom
Il
medico Roland Serra
Il
pittore/ un negro Clive
Bayley
Dott.
Schön/ Paul Carey Jones
Jack
lo squartatore
Alwa Johnny Van Hal
Atleta Steven Scheschareg
Schigolch/domatore Bernd
Hofmann
Il
principe/domestico/ Alan Oke
marchese
Il
direttore del teatro/ Duccio dal Monte
banchiere
Un
commissario di polizia Carlo-Emanuele Esposito
La
quindicenne Mary-Jean O’Doherty
Sua
madre Anna Lucia Nardi
Arredatrice Rebecca Afonwy - Jones
Un
giornalista Keith Harris
Un
domestico Johannes Held
Un
clown David Thaler
Un
macchinista Andrea Deanesi
Orchestra Haydn Trento e Bolzano
Allestimento
Welsh National Opera
Foto Benedetta Pitscheider