La nona edizione del concerto dedicato a Giuseppe
Verdi non poteva cadere più che a fagiolo nell’anno del bicentenario dalla
nascita del nostro musicista più acclamato al mondo. Lo spettacolo si è svolto in
una gremitissima Piazza dei Signori, con la Basilica Palladiana, la Loggia del
Capitaniato ed i suoi splendidi palazzi a farne da palcoscenico naturale. Le quattro
voci che coprono tutti i registri si sono alternate in un pot-pourri di arie verdiane
per tre ore abbondanti di emozioni. La forza del destino , con la sua celebre
sinfonia, l’Oberto, il Falstaff, l’Aida, Un ballo in maschera, Don Carlo,
Rigoletto, Il Trovatore, La Traviata, e non poteva mancare il coro del Nabucco.
A nostro avviso non c’era certo bisogno dei microfoni disposti sul palcoscenico,
che tendono ad appiattire certi effetti ed esagerare talaltri.
Ancora una prova superlativa e di gran classe per
Silvia
dalla Benetta. Il soprano ha eseguito arie diversissime tra loro
mostrando la sua perizia tecnica e partecipazione emotiva. Si muove in tutta la
gamma del suo registro senza alcun indugio, con voce sicura e potente, che
certamente non ha bisogno dei microfoni presenti sul palco. La sua voce corre
via in tutta la piazza con acuti perfetti, filati delicatissimi, come ad esempio in
‘Caro nome’ (Rigoletto), e con una dolcezza che
coccola le orecchie. Il suo cavallo di battaglia ‘E’ strano…sempre libera’ (Traviata) consacra il successo della sua esibizione.
Ad interpretare invece le difficilissime arie da mezzosoprano Victoria Lyamina. Purtroppo la
cantante non è riuscita a regalare le emozioni che ci si poteva aspettare da arie che lasciano sempre col fiato sospeso, come 'Oh, Don fatale' (Don Carlo) o 'Stride la vampa' (Trovatore). Pur possedendo un bel timbro vocale, il suo fraseggio è approssimativo,
spesso è a corto di fiato, la posizione della bocca è sbagliata e soprattutto le vocali sono troppo aperte e poco eleganti. Gli acuti sono forzati ed è estremamente evidente anche il passaggio di registro.
Poderoso il fronte maschile con due cavalli di
razza.
Rudy Park è un tenore ormai noto per il suo strumento ricco, dal bellissimo
colore e che si presta anche ad ampi spazi all’aperto. Certo risulta più adatto
ai ruoli battaglieri che a quelli da romantico rubacuori, ma il tenore sta cominciando a modulare anche i diversi
suoni per sottolineare col giusto accento i vari personaggi che si appresta ad
interpretare. Notevoli la sua 'Celeste Aida' e ' Di quella pira' (Trovatore). Molto gradito il brindisi da Traviata col soprano Dalla Benetta.
Molto interessante anche la voce baritonale di Ivan
Inverardi. Il colore è molto bello, potente e corposo il suo timbro. Tende
un po’ ad esagerare negli atteggiamenti quando le arie entrano nel culmine,
ma la resa complessiva delle sue esecuzioni è pregevole e di notevole effetto, come ha mostrato in 'Di provenza il mare, il suol' (Traviata) o in 'Cortigiani, vil razza dannata' (Rigoletto).
La piacevole serata è stata brillantemente
accompagnata dal coro e dall’Orchestra di Vicenza, che raccoglie anche elementi della OTO, diretti
dall’esperienza e passionalità del Maestro Giuliano Fracasso, che ha mostrato
di amare e ‘sentire’ Verdi in particolar modo ieri sera.
Applausi e tanta serenità per tutti i presenti.
MTG