Dopo
la scorsa stagione che ha visto introdurre in cartellone una nuova produzione
di Aida per celebrare il centenario del Festival, la messa in scena de La
Fura dels Baus torna all’Arena di Verona in una serata che si temeva
fosse totalmente rovinata dalla pioggia, ma che invece ne è stata soltanto
condizionata nei tempi. Dopo un’ora di incertezze tra scrosci alternati a
sprazzi di sereno, finalmente lo spettacolo ha avuto inizio tra la gioia e gli
applausi di sollievo delle migliaia di persone che hanno riempito fino all’estremo
questa prima del 2014 dell’Opera più caratteristica del Festival. Siamo tornati
con molto piacere ad assistere allo spettacolo ripreso dalla fondazione Arena,
poiché come detto l’anno scorso è talmente ricco di spunti da approfondire che più
si rivede e più si può apprezzare.
Siamo
nuovamente trasportati nello scontro/incontro tra passato e presente, con la
troupe di archeologi che ritrova la statua dei due amanti abbracciati e si
domanda quale vicenda possa essere legata a quel ritrovamento; è la storia dell’Egitto
antico che si fonde con il futuro delle nuove tecnologie, utilizzate sia nei
materiali di scena, opera di Roland Olbeter, che nei costumi di Chu Uroz. Quasi un ideale
passaggio del testimone verso nuove generazioni che popoleranno gli spalti e le
poltrone dell’anfiteatro veronese, con ovviamente uno sguardo alle generazioni
precedenti.
L’idea dei
registi Carlus Padrissa e Alex Ollé ci porta nel mondo delle
divinità egizie, con un esplicito richiamo al dio/sole ed alla luce che è
simbolo di rinnovamento ed energia. La centrale energetica che troneggia in
alto come insolito ed originale bottino di battaglia di Radames è certo simbolo
di conquista, ma anche di vita e di continuità con l’ aldilà. E proprio da essa
si riflette un fascio luminoso che investe il pubblico di calore e vitalità. Il
pubblico stesso è virtualmente ‘abbracciato’ dalle comparse
che escono dagli ingressi delle gradinate recanti delle sfere bianche cariche di
luce, richiamando costantemente all’attenzione il fulcro intorno cui ruota la
rappresentazione.
Abbiamo potuto
apprezzare nuovamente e guardare con più attenzione le suggestive e difficili coreografie
proposte per il corpo di ballo da Valentina
Carrasco, nonché ammirare le ambientazioni dalle luci
soffuse, ottimo lavoro di Paolo Mazzon, dei vari ambienti messi in scena, tra cui spiccano i giochi di ombre
nelle stanze di Amneris e la riproduzione del fiume Nilo con acqua che scorre
lenta sul palco, palmizi sullo sfondo agitati (al vento) dai mimi che muovono
anche i coccodrilli striscianti in acqua, mentre un falò scoppietta da un lato
del palco. Il simbolo della vita che continua anche dopo la morte, la centrale
di energia appunto, avvolge e seppellisce infine gli sfortunati protagonisti che dunque si ameranno in altri luoghi e in
altri lidi...
Aida
è ancora una volta la splendente Hui He. Il soprano
è in grado di disegnare un personaggio dai tratti lievi e quasi celestiali; una donna vittima
del suo destino di schiava ma forte della dignità regale che porta in cuore: il
suo canto è soave, delicato e commuovente e se l’interprete si lascia
maggiormente andare, i suoi filati sottilissimi tratteggiano un pianto dell’anima
che mostra gran sensibilità.
Voce straordinaria
per il Radames di Fabio Sartori.
Il tenore si mostra quale interprete generoso e dotato di una voce possente e
morbida al contempo. Il suo canto è ben sfogato in acuto con sicurezza
interpretativa.
La superba e
sicura di sé Amneris è Violeta Urmana.
Forte di un temperamento audace e di una interpretazione di cuore ed impeto, la
figlia del Faraone riscuote un personale successo principalmente per le sue
capacità attoriali.
Bella voce
di basso e austero nel piglio Raymond Aceto
come Gran Sacerdote Ramfis; discreta l’interpretazione di Gennadii Vashchenko
nel ruolo del re etiope Amonasro. Il re dell’Egitto è un buon Sergej Artamonov.
Chiudono il cast Maria
Letizia Grosselli ed Antonello Ceron
nei brevi ruoli della sacerdotessa e del messaggero.
L’orchestra
dell’Arena non è parsa sempre nella sua solita forma. La lettura del Maestro Julian Kovatchev
è stata di forza e vigore, imponendo ritmi particolarmente serrati che
non hanno sempre agevolato il dialogo tra i musicisti stessi, gli interpreti ed
il coro, che comunque si è impegnato al massimo come sempre. Non sono mancati in ogni caso momenti di sentito pathos a sottolineare in particolare le arie celebri dei due
innamorati.
MTG
LA PRODUZIONE
Direttore d'orchestra
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Julian Kovatchev
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Regia
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Carlus
Padrissa e Alex Ollé / La Fura dels Baus
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Scene
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Roland Olbeter
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Lighting designer
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Paolo Mazzon
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Costumi
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Chu Uroz
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Coreografia
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Valentina
Carrasco
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Maestro del coro
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Armando Tasso
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Direttore corpo di ballo
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Renato Zanella
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Direttore allestimenti scenici
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Giuseppe De
Filippi Venezia
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GLI INTERPRETI
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Il Re
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Sergej Artamonov
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Amneris
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Violeta Urmana
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Aida
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Hui He
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Radames
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Fabio Sartori
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Ramfis
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Raymond Aceto
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Amonasro
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Gennadii Vashchenko
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Sacerdotessa
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Maria
Letizia Grosselli
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Un
messaggero
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Antonello Ceron
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ORCHESTRA, CORO, CORPO DI BALLO E
TECNICI DELL’ARENA DI VERONA
FOTO ENNEVI per gentile concessione della Fondazione Arena di Verona