venerdì 28 marzo 2014

H. W. HENZE, ELEGY FOR YOUNG LOVERS – VENEZIA, TEATRO MALIBRAN, 27 marzo 2014

La stagione lirica della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia in corso va ad arricchirsi di un raro titolo datato 20 maggio 1961, che proprio nel teatro veneziano vide la luce nella sua versione definitiva del 1988: Elegy for young lovers di Hans Werner Henze. L’opera fu scritta dopo che l'autore ebbe fatto la conoscenza in Italia dei librettisti inglesi W. H. Auden e Chester Kallman, già autori del libretto The Rake’s Progress per Stravinskij. La sua prima rappresentazione avvenne allo Schwetzingen Festspiele di Monaco.  

Per l’occasione è il teatro Malibran ad ospitare le vicende del poeta Gregor Mittenhofer che non esita ad usare le sventure delle persone a sé vicine per trarre ispirazione per i suoi versi. È costui un essere posto su di un piano superiore rispetto ai comuni mortali non dediti all’arte, concentrato solo su di sé e sulla propria ‘missione’. Se dapprima sembra la sventurata e anziana vedova Hilda Mack, un’ospite dell’albergo austriaco ove soggiornano tutti i protagonisti, ad attirare la sua attenzione, sono successivamente due poveri innamorati a completare inconsapevolmente l’opera dell’artista, con la loro prematura scomparsa tra i monti dello Hammerhorn. 

Ecco dunque rappresentata l’ostinatezza di un artista nel voler a tutti i costi realizzare il suo capolavoro, anche al prezzo della vita di altri. Quasi gode nel vedere la vedova vagheggiare e lamentarsi in attesa di un marito che non farà più ritorno. Così come è agghiacciante il suo ‘…not that I know of’, con cui nega alla guida alpina che vi sia qualcuno in balia della tormenta, i due giovani appunto. E tali personaggi ruotano intorno a questa figura quasi trasognanti, impotenti di fronte all’arte che ‘deve’ fare il suo percorso: la devota segretaria, la vedova inconsolabile, il suo fedele dottore, e naturalmente la giovane Elisabeth, essa stessa inizialmente amante del poeta, poi innamorata del giovane sconosciuto, col quale viene spinta crudelmente verso il suo destino di morte.

L’organico orchestrale è decisamente ridotto e non vi è presenza di coro. La narrazione è portata avanti da continui impulsi sonori che non dimenticano la bellezza dell’elegia armoniosa quando gli eventi la richiedono. Privilegiate le percussioni, se pur ridotte in questa versione definitiva, ove anche il duetto tra gli amanti del terzo atto fu eliminato dall’autore. Protagoniste assolute le voci dei personaggi, che esaltano la loro interiorità, con una linea melodica non immediatamente definibile, ma via via sempre più assimilabile, a mano a mano che l’ascoltatore entra nella psiche e nei caratteri posti in essere dagli interpreti. Voci che riecheggiano anche nel finale, quando mestamente e da lontano accompagnano l’ elegia finalmente compiuta, declamata dal suo autore, ma priva di alcuna parola, piena solo di pianto.

Scene e regia di questa produzione furono ideate da Pier Luigi Pizzi nel 2005 per il teatro delle muse di Ancona insieme al San Carlo di Napoli; in questa occasione la regia è stata ripresa da Massimo Gasparon. Con una scena fissa per i tre atti rappresentati senza soluzione di continuità, ci troviamo di fronte ad una piattaforma in legno ove sono posti semplicemente una scrivania, alcune sedie, con intorno una specie di ringhiera che affaccia su di un bosco piuttosto desolante a sfondo chiaro con i monti in lontananza. In questo ambiente già freddo di per sé la compagine canora è riuscita a creare un’atmosfera di pathos in grado di tenere ben salde le redini degli accadimenti per ben due ore abbondanti di spettacolo.

Perverso e ben immerso nel suo ruolo di poeta Super-Io Giuseppe Altomare: non solo una interpretazione ‘vissuta’ , ma anche cantata con energia ed enfasi, come il ruolo dell’artista pieno di sé e senza scrupoli richiede.
È parsa molto in forma il soprano Gladys Rossi nei panni della povera pazza Hilda Mack: la sua voce riesce a plasmarsi ai dettami della complicata linea di canto richiesta dalla partitura, completando la performance con una recitazione molto convincente.
La accompagnano bene con grinta e voce ben salda anche Olga Zhuravel come Carolina e Zuzana Markova  nei panni di Elisabeth Zimmer, con voce delicata ma sicura e dal bel timbro ricco. Altrettanto si fanno valere il tenore John Bellemer nei panni dell’innamorato Toni, con voce melodiosa e lineare, nonché il bravissimo Roberto Abbondanza, il dottor Reischmann, vocalmente robusto e sicuro di sé dal punto di vista attoriale.  Completano il cast nel ruolo recitato della guida alpina, Francesco Bortolozzo, ed i due mimi Roberto Adriani, Davide Tonucci.

Equilibrata, immersa nella vicenda, mai sopra le righe pur con suono pieno e vibrante la puntuale orchestra del Teatro La Fenice in ridotto organico con alla guida Jonathan Webb .
Pubblico non numerosissimo per questa prima recita al Malibran, che ha comunque apprezzato lo spettacolo omaggiando tutti gli interpreti in generale ed il Maestro Webb.
MTG

LA PRODUZIONE

Maestro concertatore e direttore    Jonathan Webb
Regia, scene e costumi                     Pier Luigi Pizzi

Regia ripresa da                               Massimo Gasparon
Light designer                                  Vincenzo Raponi



GLI INTERPRETI

Gregor Mittenhofer                         Giuseppe Altomare
Dr. Wilhelm Reischmann                Roberto Abbondanza

Toni Reischmann                             John Bellemer
Elisabeth Zimmer                             Zuzana Markova
Carolina Grafin von Kirchstetten   Olga Zhuravel                      
Hilda Mack                                       Gladys Rossi
Josef Mauer                                      Francesco Bortolozzo
Mimi                                                  Roberto Adriani, Davide Tonucci

Orchestra del Teatro La Fenice
in lingua originale con sopratitoli in italiano
allestimento Fondazione Teatro delle Muse di Ancona
(spettacolo vincitore del premio speciale al Premio Abbiati 2005)




Foto Michele Crosera