venerdì 4 aprile 2014

LEOS JANACECK, JENUFA (ORCHESTRAZIONE REVISIONATA DA C.MACKERRAS E J.TYRRELL) - TEATRO DELL'OPERA DI GRAZ, 29 marzo 2014

“Oh questa figlia mia è una donna dura, è una donna dura...”
  Starenka

Leos Janàceck, compositore Moravo praticamente sconosciuto in Italia, se si eccettua qualche sporadica produzione dei suoi principali lavori in alcuni teatri della Penisola, gode di fama immensa all'estero dove risulta stabilmente in repertorio sia nella programmazione operistica che sinfonica.

Jenufa rappresenta il suo principale lavoro di esordio per il teatro non influenzato da altri compositori o scuole musicali. E in effetti la personalità del compositore si rivela pienamente nella potente sintesi di realismo tragico e modi espressionistici che caratterizza l'opera, dove il dramma della sedotta protagonista, il tremendo delitto della matrigna (Kostelnicka), la sua pubblica confessione e il tenero amore di Laca che alla fine illumina Jenufa, s'innestano in una coralità di un ambiente fortemente segnato e di grande suggestione poetica. La costruzione armonica di Janàceck si esprime qui in una politonalità originalissima che si sviluppa in piccole melodie riferite ai personaggi e alle situazioni variate in continuazione con una scrittura arditissima e difficilissima per l'esecutore (quasi sempre scale enarmoniche), creando alla fine una sorta di instabilità che lega incredibilmente tutta l'opera.

Mettere in scena Jenufa (bene) quindi non è impresa facile ma all'opera di Graz è stato fatto uno splendido lavoro soprattutto per quel che riguarda la parte registica.
Peter Konwitschny, con la collaborazione per la realizzazione delle scarne scene (un tavolo, 4 sedie, un letto) e dei costumi anni '50 del '900 di Johannes Leiacker ci guida in un ambiente volutamente vuoto e libero da qualsiasi rimando Moravio. I personaggi e la storia stessa si sviluppano durante tre stagioni: il primo atto in estate su di un prato verde, il secondo in inverno su di un terreno innevato. il terzo in primavera su di un prato fiorito.  Konwitschny e le drammaturghe Bernd Krispin e Vladimir Zvara, vedono il dramma quindi come un processo di maturazione e di scoperta, sorprendendoci continuamente con piccoli e impercettibili colpi di scena non previsti nel libretto, come ad esempio nel primo atto  il coltello che di nascosto la vecchia Burjya allunga a  Laca per sfregiare Jenufa, oppure il ruolo stesso della vecchia Buryja, pensato non più come una vecchia sì saggia ma rimbambita, bensì come motore e carburante stesso di tutta la macchina drammatica, facendola ballare, fischiare, picchiare. Oppure nel secondo atto, mettendo in scena fisicamente l'assolo di violino che, come unica presenza ristoratrice, affianca Jenufa nel momento della scoperta dell'assenza del proprio figlio, oppure lo studio sul personaggio di Kostelnicka non più mostro ma vittima del proprio amore per la chiesa (lei sagrestana...) e per la società, che si riconosce specularmente nel destino della sua figliastra, lei sterile donna.

Tre donne quindi. Tre donne che vivono assieme in una casa senza anima, tre donne con uno strano rapporto con la maternità.
Per Konwitschny, Kostelnicka non è la solita signora di mezza età tendente all'anziano che di solito siamo abituati a vedere in Jenufa. Non è la solita matrigna che potrebbe, anche anagraficamente, essere la madre naturale di Jenufa. No, per Konwitschny la Kostelnicka è di poco più anziana della figliastra. Non più di una decina d'anni. Questa poca differenza d'età mette in moto, nella visione di Konwitschny, un dualismo fortissimo tra matrigna e figliastra, una rivalità non detta, una specularità sinistra e agghiacciante che colora ogni parola, ogni gesto della matrigna di inquietanti retropensieri. 

Questa Kostelnicka, seppure di pochi anni più vecchia della figliastra, ha conquistato una maturità a suon di sberle e di rifiuti da parte del marito (nella totale assenza della suocera tutta presa nel ruolo di vedova del riccone) e si trova a fare i conti con un futuro già scritto di rinunce e solitudine.  Konwitschny cura con maniacale precisione ogni singolo movimento dei personaggi sulla scena, siano essi principali o secondari, coristi o comparse, rendendoci un lavoro che ricorderemo per molto tempo.
Nel ruolo eponimo troviamo una concentratissima Gal James. La cantante israeliana debutta il ruolo con una naturalezza e una convinzione encomiabile, aiutata da una bellezza fisica non indifferente e da una vocalità fresca e leggera che le permettono di risolvere la parte micidiale di Jenufa connotando un personaggio fragile ma che sa il fatto suo, evitando qui quegli inutili isterismi nella voce, tipici di chi affronta questo ruolo con uno studio superficiale.

Il ruolo della Sagrestana (Kostelnicka) vedeva un altro debutto in Iris Vermillion, la quale non si risparmia sulla scena interpretando una donna che, seppur ancora giovane, è già nell'età dei rimpianti. E' amareggiata, sconfitta e schiacciata dal confronto con la figliastra che comunque ama e vorrebbe proteggere. In lei parte la rivalità, senza dubbio, ma parte anche quella complicità tipicamente femminile che s'instaura quando una donna diventa l'evoluzione dell'altra. Vocalmente il ruolo le sta un poco stretto e se la parte bassa del rigo risulta scura,  meravigliosamente brunita e calda, ha grosse difficoltà a sostenere una parte scritta per un soprano drammatico, lei vocalmente un mezzosoprano, dove le note sopra il rigo risultano quindi calanti o addirittura non raggiunte.
La terza donna del clan, la vecchia Buryja, era Dunja Veizovic, indimenticata gloria vocale del recente passato (ricordiamo che fu LA Kundry e LA Senta di Karajan) ha saputo, nonostante le lacune vocali dovute all'età, interpretare splendidamente e senza risparmio alcuno sulla scena (nel primo e terzo atto sempre in scena).

Per Konwitschny è tutt'altro che una piacevole nonnina. E' una signora anziana e una presenza inquietante. Una sorta di larva sinistra, chiusa in un bozzolo d'egoismo. A differenza del'empatia delle nonne questa signora anziana non prova niente per nessuno. Solo Steva e Jenufa -perchè sono belli e simpatici- gli ispirano narcisistici moti di simpatia. Tutti gli altri membri della famiglia sono solo persone inutili. Quando Jenufa verrà sfregiata da Laca nella bellissima pelle del viso, la vecchia si ritrarrà con orrore da questa nipote sfregiata, abbruttita, mortificata.
Ales Briscein, unico componente madrelingua del cast, è stato un Laca convincente sul piano musicale e vocale, fraseggia con maestria e precisione, aiutato da un timbro veramente bello e da una presenza scenica eccellente.

Di contro il fratellastro Steva ha avuto in Tayland Rehinhard un interprete un po' troppo sopra le righe, dalla vocalità spesso non concentratissima e risolta spesso con artifici tecnici non ortodossi.
Completavano il nutrito cast uno splendido David Mcshane (Starek), Konstantin Sfiris (il Sindaco), Stefanie Hierlmeier (la moglie del Sindaco), Tatyana Miyus (Karolka), Fran Lubahn (la vaccara), Xiaoyi Xu (Barena), Nazanin Ezazi (Jano), Hana Batinic e Istvan Szecsi (due voci interne).

Tutto il cast e l'ottimo coro (diretto da Bernhard Schneider) hanno trovato supporto dalla direzione musicale di Dirk Kaftan il quale mostra chiare affinità con la musica di Janàceck, Il suo gesto, esalta i mille colori e i mille dettagli che il compositore ha inserito nella scrittura orchestrale assimilando correttamente il ritmo e l'inflessione di questo tipo di musica, aiutato da un'orchestra come la Grazer Philarmonisches veramente in stato di grazia.
Successo vivissimo per tutti con numerose chiamate al proscenio per Konwitschny.

Pierluigi Guadagni

LA PRODUZIONE 

Direttore d’orchestra 
 Dirk Kaftan

Regia 
               Peter Konwitschny


Scene            
               Johannes Leiacker

Luci                             
 Manfred Voss

Drammatizzazione       
Bettina Bartz • Bernd Krispin

GLI INTERPRETI

La vecchia  Buryja    
Dunja Vejzović

Laca Klemen              
Ales Briscein

Stewa Buryja            
 Taylan Reinhard

Sagrestana Buryja
    Iris Vermillion

Jenufa                        
Gal James

Starek                      
  David McShane

Sindaco                      
Konstantin Sfiris

Sua moglie                 
Stefanie Hierlmeier

Karolka                     
Tatjana Miyus

Vaccara                     
Fran Lubahn

Barena                      
 Xiaoyi Xu

Jano                           
Nazanin  Ezazi

1. voce  
                    Hana Batinic

2. voce                     
 István Szecsi

Violino Solo            
 Yukiko Imazato-Härtl • Fuyu Iwaki

GRAZER PHILARMONISCHES ORCHESTER




Foto Teatro dell'Opera di Graz