martedì 10 dicembre 2013

DO RE MI…..PRESENTO – intervista a … SILVIA CHIESA

Oggi conosciamo meglio una grandissima musicista, la violoncellista milanese Silvia Chiesa, il cui strumento sembra quasi magico tra le sue mani, capace di emanare emozioni incredibili tra il pubblico di tutto il mondo, che accorre sempre numerosissimo quando in cartellone figura un suo concerto. Si è esibita in Francia con l’orchestra del Teatro di Rouen, in Inghilterra alla Barbican Hall e Cadogan Hall con la Royal Philarmonic Orchestra, in Russia con i Solisti di San Pietroburgo, in Polonia con la Filarmonica di Cracovia, in Italia con l'Orchestra della Rai, I Pomeriggi Musicali, l'Orchestra Verdi e l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Ha collaborato con grandissimi direttori d’orchestra e ha al suo attivo incisioni di CD quali i due concerti per violoncello di Nino Rota, le sonate per violoncello di Brahms e Schubert, di Camille Saint Saens le Sonate per violoncello e piano e lo Chant saphique, per citarne solo alcuni. Artista sensibilissima dal curriculum interminabile di traguardi ottenuto con tanta dedizione e rispetto per il suo lavoro, riesce a trovare un momento del suo tempo da condividere con me con tanta cordialità e serenità, rispondendo con molto garbo alle domande che le pongo.



Se dovesse descrivere cosa caratterizza il suo modo di suonare, cosa le verrebbe in mente?
Beh, è molto difficile per un musicista vedersi dall’esterno, ma se dovessi descrivermi in poche parole, potrei dire che il tentativo che cerco sempre di attuare è quello di fare in modo che la mia musica si ‘senta’, piuttosto che si ‘veda’ semplicemente. Ho sempre cercato di sforzarmi di esprimere dei contenuti ove possibile, ma senza mostrarli al pubblico con l'intento di farlo esplicitamente. E’ una cosa che mi porto dentro da quando ero bambina, perché ero molto timida, e quindi una certa gestualità non si confaceva al mio carattere, quindi tutto doveva uscire esclusivamente dal suono di questo strumento, e sono sempre andata verso questa direzione, sperando che anche il pubblico mi veda in questo modo.

Quali sono i compositori che maggiormente sente nelle sue corde?
Mah, dipende. Infatti a volte anche nella musica del novecento si possono trovare degli autori interessanti e vicini alla mia sensibilità musicale, poiché le loro opere possiedono una certa cantabilità, senza mai tralasciare la melodia, cose che mi contraddistinguono credo. Ma mi piacciono anche i pezzi in cui ci si può misurare col tempo o col ritmo, o perché no con le crudezze delle armonie che danno sensazioni completamente diverse. Diciamo che il novecento mi fa scoprire parti di me stessa nuove e quindi questo mi interessa molto.

Si sente più vicina a brani drammatici o quelli per così dire più orecchiabili e leggeri?
Mah, io sono del segno dei pesci e pertanto ho una doppia personalità che si riflette nei miei gusti musicali. C'è una parte dolce ed espressiva che mi caratterizza, e quindi gli adagi, i legati, i cantabili, sono pezzi che a me naturalmente piacciono sempre e se non ce li ho sto male! Ma mi piace anche competere con la musica, con il mio strumento, e questo è l’altro aspetto che mi caratterizza molto, così anche i brani più vigorosi mi piacciono allo stesso modo. Diciamo che quando ci sono le due cose insieme, sono soddisfatta a pieno.

Come si approccia ad una  nuova partitura da suonare?
Dipende se si tratta di partiture storiche o scritte oggi. Con queste ultime spesso ho la fortuna di poter parlare col compositore. Quindi, quando mi arriva il nuovo spartito, prima ci ragiono su, cerco un  mia interpretazione, e poi la cosa più bella è poter chiamare il compositore e confrontarmi con lui o lei. Da qui comincia un bellissimo rapporto di collaborazione per cercare di ottenere da quella partitura il meglio possibile. Può capitare per esempio che il musicista veda un qualcosa nello spartito, un nuovo spunto, delle strade differenti da seguire, a cui magari il suo ideatore non aveva pensato, perché noi esecutori abbiamo una visione di un pezzo che passa necessariamente attraverso il nostro strumento, e che quindi ci da’ delle maggiori possibilità espressive. Quindi alla fine, tra ciò che noi interpretiamo e ciò che intendeva l’autore, si può davvero arrivare ad un qualcosa di molto bello. Questo è davvero stimolante!

Se si tratta invece di partiture già conosciute, il mio approccio è sicuramente molto umile all’inizio, cerco anche lì una mia strada interpretativa. Studio lo spartito, lo lascio ‘decantare’ per parecchio tempo. Dopo il primo approccio, mi prendo un periodo di riposo e distacco e poi ci ritorno più volte finché non lo sento mio come può essere una suite di Bach che suono da quarant’anni.  



Lei suona spesso con altri musicisti, è sempre facile trovare un buon feeling con tutti?
Il feeling con un altro musicista, sia esso un violinista, o un pianista, ecc. è una cosa molto bella da trovare. Non è sempre possibile, allora in quel caso si adotta la strada della grande professionalità, che magari non darà quelle emozioni che invece si possono provare quando il feeling è assoluto, ma il risultato è comunque soddisfacente. Per mia esperienza personale posso dire che per esempio con il pianista col quale lavoro, che è anche il mio compagno di vita, chiaramente c’è qualcosa che va molto al di là del semplice feeling professionale: c’è una vita in comune, interessi ed esperienze comuni, che chiaramente forniscono una ricchezza in più quando si è sul palcoscenico, potendo esprimere contenuti di profondità assoluta.

Con l’orchestra il rapporto passa sempre tramite il direttore e sarebbe bello che fosse sempre  ottimale con tutti. La figura del solista è appunto un ‘solo’, nel senso che arriviamo in orchestra ed alla prima prova dobbiamo impattare il giudizio di una ottantina di persone, tutti professionisti ovviamente, con quello del direttore, col quale non è sempre possibile incontrarsi prima della suddetta prima prova. Quello ritengo sia un momento in cui già si percepisce come andranno le cose. Per esempio nella scelta di eseguire un ritardando o un accelerando, se ci si trova d’accordo su dei passaggi, ecc. Questo ti fa capire se potrai avere un feeling con quel direttore e con quella orchestra che sia gratificante sotto tutti i punti di vista.

Come descriverebbe gli inizi della Sua carriera e cosa l’ha portata a intraprenderla?
Da bambina i risultati erano lenti a venire, anche perché, avendo iniziato a sei anni, non si hanno subito delle gratificazioni con il violoncello. Lo vedo anche oggi insegnando ai miei piccoli, il percorso è molto difficile, soprattutto nei primi tempi. Tra l’altro da piccola praticavo anche la ginnastica artistica a livelli alti, quindi dovevo dividermi tra lo studio dello strumento, la scuola e la palestra. Tra l’altro riuscivo molto bene e mi piaceva molto questo sport, mi piaceva fare le gare, mi divertivo molto, soprattutto nel corpo libero su musica, che quindi c’è sempre stata! Ma non potevo conciliare tutto, considerando anche il fatto che ci si poteva far anche male: una caduta, un incidente al polso, al gomito, sarebbe stato fatale e quindi ad un certo punto i miei genitori mi hanno fatto scegliere e..pare che abbia preferito il violoncello, ma se devo essere sincera mi fido della parola dei miei genitori perché davvero non me ne ricordo!!

I ricordi più cari e i momenti che Le danno maggiore soddisfazione?
Sono veramente tantissimi, ma forse quello che più mi ha toccato nel cuore riguarda un concorso importante che stavo preparando quando ero molto giovane. Il mio maestro di allora mi disse che la mia interpretazione del Concerto di Schumann era troppo personale, troppo individuale. Mi disse che non sarei stata apprezzata perché non sarebbe piaciuto questo mio modo di interpretarlo. Era il mio maestro ed io rispettavo moltissimo la sua opinione, ma allo stesso tempo ero anche molto combattuta perché quello era il mio modo di suonare e non avrei potuto fare diversamente. Il maestro venne poi ad ascoltare la mia prova e alla fine se ne andò dalla sala. Lì per lì ero stupita e credevo si fosse arrabbiato. Invece venne dietro le quinte con le lacrime agli occhi. Mi abbracciò forte dicendomi che non gli interessava quale sarebbe stato l’esito del concorso, ma apprezzava il fatto che io fossi andata dritta per la mia strada con così grande personalità da convincere anche lui. Questa fu la vittoria più importante per me anche perché ero proprio molto giovane e per fortuna i nostri rapporti non si incrinarono affatto. Così potrei citare gli incontri con tantissimi colleghi eccezionali, che magari dopo ore di prove si aprono con me e mi raccontano anche cose personali di vita, si confidano. Sono momenti meravigliosi che questa professione ci regala e che adoro più di ogni altro aspetto: amo molto il contatto con gli altri.



Come si concilia un mestiere “frenetico” come il Suo con la vita familiare/privata? Il  rapporto con la sua famiglia?
Per fortuna abito a Bologna e la mia famiglia a Milano, quindi non siamo lontanissimi. Cerco magari di atterrare a Milano per vederli e poi torno a Bologna, oppure faccio delle scappate a Milano per passare del tempo con loro, insomma cerco sempre di mantenermi in contatto con i miei cari  perché avere una famiglia è una ricchezza assoluta e cercherò sempre la loro compagnia.

Ha mai sofferto di invidia o è mai stata oggetto di invidie altrui?
Credo che l’invidia sia presente in ogni professione. Più si raggiungono dei risultati appaganti e più le persone pensano che tu ci sia arrivata chissà per quali strade. Ciò che mi disturba è il giudizio senza essere stata ascoltata, preferisco il confronto diretto. Non si può piacere a tutti, ed è giusto che sia così, ma se il giudizio avviene preventivamente mi ferisce proprio. Esiste anche l’invidia professionalmente buona, voler essere al posto di; è una cosa che volendo fa anche piacere. Ma io non mi sento assolutamente arrivata, la professione va vissuta come la vita, bisogna solo impegnarsi e mettercela tutta giorno dopo giorno, con rispetto e serenità. Tutto ciò che avviene è un dono e va apprezzato sempre.

Parlando dei suoi gusti personali: città del mondo preferita? Ne ha una in particolare?
Ci sono talmente tanti posti meravigliosi al Mondo!! Ma quando si vedono tante cose belle non si può scegliere. Potrei citare Gerusalemme per le emozioni che ho provato, oppure città fantastiche come Berlino dove andrei a vivere per l’efficienza, oppure Parigi per lo charme, New York per la vitalità..Insomma ognuna ha preso un posto nel mio cuore per un motivo speciale.

La sua cucina preferita?
Adoro il cibo giapponese!! Mi piace molto anche quello libanese, che è completamente diverso, ma mi ha conquistata del tutto.

Si ritiene superstiziosa?
Non direi proprio superstiziosa, non ho dei riti particolari prima di salire sul palcoscenico, ma ho bisogno di sentire quello che percepisco nell’aria dalla serata: ho bisogno di sentire cosa potrà succedere prima del mio momento, è una sensazione molto particolare. Non ho neanche oggetti a cui affidarmi, perché se capitasse di non esserne forniti al momento giusto si andrebbe in paranoia come mi è stato raccontato da amici; per il momento sono riuscita ad evitare questa cosa.

Il Suo rapporto con la spiritualità?
Sono stata religiosa, ho avuto però un momento per motivi personali e famigliari per cui mi sono distaccata dalla nostra religione. Adesso sono in una fase conoscitiva in cui voglio capire se posso avvicinarmi ad un’altra religione con una tranquillità differente.

Ha tempo di dedicarsi a degli hobby, come il cinema, la lettura o qualcos’altro  di particolare che la appassiona in modo specifico?
Credo che in questa società la vera ricchezza sia il tempo libero! Non ne ho molto perché sono anche una donna che si occupa della gestione della casa, quindi dopo i viaggi ed il lavoro c’è anche quello, ma quando riesco a trovarlo cerco di fare cose molto tranquille, come prendere un caffè con un amico, fare una passeggiata in un parco, cose molto semplici e soprattutto passare il tempo con le persone che amo, non so stare da sola, mi piace condividere le mie emozioni con i miei affetti.



I Suoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Ci sono veramente così tanti violoncellisti bravi, soprattutto nel nostro paese, che non mi sembrerebbe giusto fare solo un nome. Ma anche girando il mondo, trovo sempre qualcuno che in qualche modo mi possa ispirare. Lo stesso vale per il passato. 

Come vive il rapporto con il pubblico?
Beh, intanto la posizione del violoncellista sul palco è veramente la più sfortunata in assoluto: frontale rispetto al pubblico, molto scomoda davvero, perché rispetto al violinista, che può stare di tre quarti o al pianista che addirittura mostra una spalla, la nostra è direi sfacciata, proprio vis à vis col pubblico, il che è motivo di ansia sicuramente! Poi dipende da che attenzione c’è da parte del pubblico stesso, da che feeling si instaura. Se penso che l’ascolto è buono riesco anche a suonare ad occhi chiusi e immagino di suonare da sola, la magia più grande che un musicista possa raggiungere! A volte può capitare che ci sia del rumore in sala che distoglie dall’attenzione o disturba, e siccome siamo umani anche noi talvolta può essere pericoloso.

Come vede questo momento di crisi che attraversa il settore della musica classica?
Direi che forse noi musicisti possiamo lottare e far capire alla gente che il nostro non è un hobby, suonare vuol dire lavorare sodo, vuol dire dare qualcosa alla gente, non prendiamo solo soldi. Ovviamente non si devono chiudere le fabbriche, ma neanche i teatri: la musica fa star meglio la gente e questo va assolutamente detto e ribadito sempre! Pensi alla gioia nel vedere il sorriso delle persone dopo un concerto, al voler condividere le emozioni provate con te, non è un valore questo? Lo trovo meraviglioso, il che va ben al di là del denaro!

Cosa  manca ancora nella Sua vita oggi?
Mah, di traguardi tanti. Nella mia vita privata sicuramente un figlio, che non è arrivato. Certamente sarebbe stato meraviglioso poter crescere un bambino, ma non è successo. Amo molto anche gli animali e mi manca l'avere cane, che ho avuto, ma che adesso non potrei tenere, perché non lo si può trascurare e far soffrire lasciandolo sempre solo. Nella sfera professionale vorrei lavorare con i direttori d’orchestra che sono i miei miti. Un sogno impossibile? Se fosse vivo vorrei lavorare con Karajan, che era l'idolo della mia infanzia!! Ma ho la fortuna di lavorare già con tanti direttori d’orchestra bravi e ciò mi rende molto felice.

I suoi prossimi impegni?
Dopo Vicenza mi prendo un po’ di giorni per il Natale, ma subito dopo ho un importante appuntamento con Sony Classic, per incidere tre concerti del Novecento italiano: il Concerto di Casella, di Pizzetti e l’Adagio con variazioni di Respighi. Importantissimo per me nel riscoprire alcuni autori, Pizzetti per esempio, che sono stati un po’ dimenticati. È una cosa che mi preme molto, il riscoprire autori un po’ trascurati, come ho fatto con Rota, per cui all’inizio mi davano per pazza nel voler incidere i suoi due concerti, ma poi sono piaciuti molto. Poi avrò le variazioni Rococò ad Ascoli Piceno, ancora dei concerti in duo, insomma tante cose una dopo l’altra.

Ringrazio di cuore l’incredibile Silvia Chiesa per la disponibilità, cordialità e grande ricchezza d’animo, che trasmette ad ogni sua esecuzione e che mi ha fatta sentire davvero come una cara amica con cui scambiare pensieri, sensazioni profonde ed anche speranze per il futuro. Nel salutarla, le auguro naturalmente in bocca al lupo per tutto e che la vita le regali sempre tanti momenti straordinari da ricordare con gioia!
MTG

(foto Luca D'Agostino)