Oggi
conosciamo meglio una grandissima musicista, la violoncellista milanese Silvia
Chiesa, il cui strumento sembra quasi magico tra le sue mani, capace di
emanare emozioni incredibili tra il pubblico di tutto il mondo, che accorre
sempre numerosissimo quando in cartellone figura un suo concerto. Si è esibita
in Francia con l’orchestra del Teatro di
Rouen, in Inghilterra alla Barbican
Hall e Cadogan Hall con la Royal Philarmonic Orchestra, in Russia
con i Solisti di San Pietroburgo, in
Polonia con la Filarmonica di Cracovia, in
Italia con l'Orchestra della Rai, I Pomeriggi
Musicali, l'Orchestra Verdi e
l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Ha collaborato con grandissimi
direttori d’orchestra e ha al suo attivo incisioni di CD quali i due concerti per
violoncello di Nino Rota, le sonate per
violoncello di Brahms e Schubert, di Camille Saint Saens le Sonate per
violoncello e piano e lo Chant saphique, per citarne solo alcuni. Artista
sensibilissima dal curriculum interminabile di traguardi ottenuto con tanta
dedizione e rispetto per il suo lavoro, riesce a trovare un momento del suo
tempo da condividere con me con tanta cordialità e serenità, rispondendo con molto garbo alle domande che le pongo.
Se dovesse descrivere cosa
caratterizza il suo modo di suonare, cosa le verrebbe in mente?
Beh, è molto difficile per
un musicista vedersi dall’esterno, ma se dovessi descrivermi in poche parole,
potrei dire che il tentativo che cerco sempre di attuare è quello di fare in
modo che la mia musica si ‘senta’, piuttosto che si ‘veda’ semplicemente. Ho sempre
cercato di sforzarmi di esprimere dei contenuti ove possibile, ma senza
mostrarli al pubblico con l'intento di farlo esplicitamente. E’ una cosa che mi porto dentro da quando ero bambina, perché
ero molto timida, e quindi una certa gestualità non si confaceva al mio
carattere, quindi tutto doveva uscire esclusivamente dal suono di questo
strumento, e sono sempre andata verso questa direzione, sperando che anche il
pubblico mi veda in questo modo.
Quali sono i compositori che maggiormente sente nelle sue
corde?
Mah, dipende. Infatti a
volte anche nella musica del novecento si possono trovare degli autori
interessanti e vicini alla mia sensibilità musicale, poiché le loro opere
possiedono una certa cantabilità, senza mai tralasciare la melodia, cose
che mi contraddistinguono credo. Ma mi piacciono anche i pezzi in cui ci si può
misurare col tempo o col ritmo, o perché no con le crudezze delle armonie che
danno sensazioni completamente diverse. Diciamo che il novecento mi fa scoprire
parti di me stessa nuove e quindi questo mi interessa molto.
Si sente più vicina a brani drammatici o quelli per così dire
più orecchiabili e leggeri?
Mah, io sono del segno dei
pesci e pertanto ho una doppia personalità che si riflette nei miei gusti
musicali. C'è una parte dolce ed espressiva che mi caratterizza, e quindi gli
adagi, i legati, i cantabili, sono pezzi che a me naturalmente piacciono sempre
e se non ce li ho sto male! Ma mi piace anche competere con la musica, con il
mio strumento, e questo è l’altro aspetto che mi caratterizza molto, così anche
i brani più vigorosi mi piacciono allo stesso modo. Diciamo che quando ci sono
le due cose insieme, sono soddisfatta a pieno.
Come si approccia ad una
nuova partitura da suonare?
Dipende se si tratta di
partiture storiche o scritte oggi. Con queste ultime spesso ho la fortuna di
poter parlare col compositore. Quindi, quando mi arriva il nuovo spartito,
prima ci ragiono su, cerco un mia
interpretazione, e poi la cosa più bella è poter chiamare il compositore e
confrontarmi con lui o lei. Da qui comincia un bellissimo rapporto di collaborazione
per cercare di ottenere da quella partitura il meglio possibile. Può capitare per
esempio che il musicista veda un qualcosa nello spartito, un nuovo spunto,
delle strade differenti da seguire, a cui magari il suo ideatore non aveva
pensato, perché noi esecutori abbiamo una visione di un pezzo che passa necessariamente
attraverso il nostro strumento, e che quindi ci da’ delle maggiori possibilità
espressive. Quindi alla fine, tra ciò che noi interpretiamo e ciò che intendeva
l’autore, si può davvero arrivare ad un qualcosa di molto bello. Questo è davvero
stimolante!
Se si tratta invece di
partiture già conosciute, il mio approccio è sicuramente molto umile all’inizio,
cerco anche lì una mia strada interpretativa. Studio lo spartito, lo lascio ‘decantare’
per parecchio tempo. Dopo il primo approccio, mi prendo un periodo di riposo e
distacco e poi ci ritorno più volte finché non lo sento mio come può essere una
suite di Bach che suono da quarant’anni.
Lei suona spesso con altri musicisti, è sempre facile trovare
un buon feeling con tutti?
Il feeling con un altro
musicista, sia esso un violinista, o un pianista, ecc. è una cosa molto bella
da trovare. Non è sempre possibile, allora in quel caso si adotta la strada
della grande professionalità, che magari non darà quelle emozioni che invece si
possono provare quando il feeling è assoluto, ma il risultato è comunque
soddisfacente. Per mia esperienza personale posso dire che per esempio con il
pianista col quale lavoro, che è anche il mio compagno di vita, chiaramente c’è
qualcosa che va molto al di là del semplice feeling professionale: c’è una vita
in comune, interessi ed esperienze comuni, che chiaramente forniscono una
ricchezza in più quando si è sul palcoscenico, potendo esprimere contenuti di
profondità assoluta.
Con l’orchestra il rapporto passa
sempre tramite il direttore e sarebbe bello che fosse sempre ottimale con tutti. La figura del solista è
appunto un ‘solo’, nel senso che arriviamo in orchestra ed alla prima prova dobbiamo
impattare il giudizio di una ottantina di persone, tutti professionisti ovviamente,
con quello del direttore, col quale non è sempre possibile incontrarsi prima
della suddetta prima prova. Quello ritengo sia un momento in cui già si percepisce come andranno le cose. Per esempio nella scelta di eseguire un ritardando o un accelerando,
se ci si trova d’accordo su dei passaggi, ecc. Questo ti fa capire se potrai
avere un feeling con quel direttore e con quella orchestra che sia gratificante
sotto tutti i punti di vista.
Come descriverebbe gli inizi della Sua carriera e cosa l’ha
portata a intraprenderla?
Da bambina i risultati erano
lenti a venire, anche perché, avendo iniziato a sei anni, non si hanno subito
delle gratificazioni con il violoncello. Lo vedo anche oggi insegnando ai miei
piccoli, il percorso è molto difficile, soprattutto nei primi tempi. Tra l’altro
da piccola praticavo anche la ginnastica artistica a livelli alti, quindi
dovevo dividermi tra lo studio dello strumento, la scuola e la palestra. Tra l’altro
riuscivo molto bene e mi piaceva molto questo sport, mi piaceva fare le gare,
mi divertivo molto, soprattutto nel corpo libero su musica, che quindi c’è
sempre stata! Ma non potevo conciliare tutto, considerando anche il fatto che
ci si poteva far anche male: una caduta, un incidente al polso, al gomito,
sarebbe stato fatale e quindi ad un certo punto i miei genitori mi hanno fatto
scegliere e..pare che abbia preferito il violoncello, ma se devo essere sincera
mi fido della parola dei miei genitori perché davvero non me ne ricordo!!
I ricordi più cari e i momenti che Le danno maggiore
soddisfazione?
Sono veramente tantissimi, ma
forse quello che più mi ha toccato nel cuore riguarda un concorso importante che
stavo preparando quando ero molto giovane. Il mio maestro di allora mi disse
che la mia interpretazione del Concerto di Schumann era troppo personale, troppo individuale. Mi disse che non sarei stata apprezzata perché non sarebbe
piaciuto questo mio modo di interpretarlo. Era il mio maestro ed io rispettavo
moltissimo la sua opinione, ma allo stesso tempo ero anche molto combattuta perché
quello era il mio modo di suonare e non avrei potuto fare diversamente. Il maestro
venne poi ad ascoltare la mia prova e alla fine se ne andò dalla sala. Lì
per lì ero stupita e credevo si fosse arrabbiato. Invece venne dietro le quinte
con le lacrime agli occhi. Mi abbracciò forte dicendomi che non gli interessava quale sarebbe stato l’esito del concorso, ma apprezzava il fatto che io fossi andata dritta per la
mia strada con così grande personalità da convincere anche lui. Questa fu la
vittoria più importante per me anche perché ero proprio molto giovane e per
fortuna i nostri rapporti non si incrinarono affatto. Così potrei citare gli incontri con
tantissimi colleghi eccezionali, che magari dopo ore di prove si aprono con me
e mi raccontano anche cose personali di vita, si confidano. Sono momenti meravigliosi
che questa professione ci regala e che adoro più di ogni altro aspetto: amo molto il
contatto con gli altri.
Come si concilia un mestiere “frenetico” come il Suo con la
vita familiare/privata? Il rapporto con
la sua famiglia?
Per fortuna abito a Bologna e
la mia famiglia a Milano, quindi non siamo lontanissimi. Cerco magari di
atterrare a Milano per vederli e poi torno a Bologna, oppure faccio delle
scappate a Milano per passare del tempo con loro, insomma cerco sempre di mantenermi in contatto
con i miei cari perché avere una famiglia è una ricchezza assoluta e cercherò sempre
la loro compagnia.
Ha mai sofferto di invidia o è mai stata oggetto di invidie
altrui?
Credo che l’invidia sia
presente in ogni professione. Più si raggiungono dei risultati appaganti e più le
persone pensano che tu ci sia arrivata chissà per quali strade. Ciò che mi
disturba è il giudizio senza essere stata ascoltata, preferisco il confronto
diretto. Non si può piacere a tutti, ed è giusto che sia così, ma se il
giudizio avviene preventivamente mi ferisce proprio. Esiste anche l’invidia
professionalmente buona, voler essere al posto di; è una cosa che volendo fa
anche piacere. Ma io non mi sento assolutamente arrivata, la professione va
vissuta come la vita, bisogna solo impegnarsi e mettercela tutta giorno dopo
giorno, con rispetto e serenità. Tutto ciò che avviene è un dono e va
apprezzato sempre.
Parlando dei suoi gusti personali: città del mondo preferita? Ne ha una in particolare?
Ci sono talmente tanti posti
meravigliosi al Mondo!! Ma quando si vedono tante cose belle non si può
scegliere. Potrei citare Gerusalemme per le emozioni che ho provato, oppure
città fantastiche come Berlino dove andrei a vivere per l’efficienza, oppure Parigi
per lo charme, New York per la vitalità..Insomma ognuna ha preso un posto nel
mio cuore per un motivo speciale.
La sua cucina preferita?
Adoro il cibo giapponese!!
Mi piace molto anche quello libanese, che è completamente diverso, ma mi ha
conquistata del tutto.
Si ritiene superstiziosa?
Non direi proprio
superstiziosa, non ho dei riti particolari prima di salire sul palcoscenico, ma
ho bisogno di sentire quello che percepisco nell’aria dalla serata: ho bisogno
di sentire cosa potrà succedere prima del mio momento, è una sensazione molto
particolare. Non ho neanche oggetti a cui affidarmi, perché se capitasse di non
esserne forniti al momento giusto si andrebbe in paranoia come mi è stato
raccontato da amici; per il momento sono riuscita ad evitare questa cosa.
Il Suo rapporto con la spiritualità?
Sono stata religiosa, ho avuto
però un momento per motivi personali e famigliari per cui mi sono distaccata
dalla nostra religione. Adesso sono in una fase conoscitiva in cui voglio
capire se posso avvicinarmi ad un’altra religione con una tranquillità
differente.
Ha tempo di dedicarsi a degli hobby, come il cinema, la
lettura o qualcos’altro di particolare
che la appassiona in modo specifico?
Credo che in questa società
la vera ricchezza sia il tempo libero! Non ne ho molto perché sono anche una
donna che si occupa della gestione della casa, quindi dopo i viaggi ed il
lavoro c’è anche quello, ma quando riesco a trovarlo cerco di fare cose molto
tranquille, come prendere un caffè con un amico, fare una passeggiata in un
parco, cose molto semplici e soprattutto passare il tempo con le persone che
amo, non so stare da sola, mi piace condividere le mie emozioni con i miei
affetti.
I Suoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Ci sono veramente così tanti violoncellisti bravi, soprattutto nel nostro paese, che non mi sembrerebbe
giusto fare solo un nome. Ma anche girando il mondo, trovo sempre qualcuno che
in qualche modo mi possa ispirare. Lo stesso vale per il passato.
Come vive il rapporto con il pubblico?
Beh, intanto la posizione
del violoncellista sul palco è veramente la più sfortunata in assoluto:
frontale rispetto al pubblico, molto scomoda davvero, perché rispetto al violinista, che può
stare di tre quarti o al pianista che addirittura mostra una spalla, la nostra
è direi sfacciata, proprio vis à vis col pubblico, il che è motivo di ansia
sicuramente! Poi dipende da che attenzione c’è da parte del pubblico stesso, da che
feeling si instaura. Se penso che l’ascolto è buono riesco anche a suonare ad occhi chiusi
e immagino di suonare da sola, la magia più grande che un musicista possa
raggiungere! A volte può capitare che ci sia del rumore in sala che distoglie dall’attenzione
o disturba, e siccome siamo umani anche noi talvolta può essere pericoloso.
Come vede questo momento di crisi che attraversa il settore
della musica classica?
Direi che forse noi
musicisti possiamo lottare e far capire alla gente che il nostro non è un
hobby, suonare vuol dire lavorare sodo, vuol dire dare qualcosa alla gente, non
prendiamo solo soldi. Ovviamente non si devono chiudere le fabbriche, ma
neanche i teatri: la musica fa star meglio la gente e questo va assolutamente
detto e ribadito sempre! Pensi alla gioia nel vedere il sorriso delle
persone dopo un concerto, al voler condividere le emozioni provate con te, non
è un valore questo? Lo trovo meraviglioso, il che va ben al di là del denaro!
Cosa manca ancora nella
Sua vita oggi?
Mah, di traguardi tanti. Nella
mia vita privata sicuramente un figlio, che non è arrivato. Certamente sarebbe stato meraviglioso poter crescere un bambino, ma non è successo. Amo molto anche gli animali e mi manca l'avere cane, che ho avuto, ma che adesso non potrei tenere, perché non lo si può trascurare e
far soffrire lasciandolo sempre solo. Nella sfera professionale vorrei lavorare con i direttori d’orchestra
che sono i miei miti. Un sogno impossibile? Se fosse vivo vorrei lavorare con
Karajan, che era l'idolo della mia infanzia!! Ma ho la fortuna di lavorare già con
tanti direttori d’orchestra bravi e ciò mi rende molto felice.
I suoi prossimi impegni?
Dopo Vicenza mi prendo un po’
di giorni per il Natale, ma subito dopo ho un importante appuntamento con Sony
Classic, per incidere tre concerti del Novecento italiano: il Concerto di
Casella, di Pizzetti e l’Adagio con variazioni di Respighi. Importantissimo per me
nel riscoprire alcuni autori, Pizzetti per esempio, che sono stati un po’ dimenticati.
È una cosa che mi preme molto, il riscoprire autori un po’ trascurati, come ho
fatto con Rota, per cui all’inizio mi davano per pazza nel voler incidere i suoi
due concerti, ma poi sono piaciuti molto. Poi avrò le variazioni Rococò
ad Ascoli Piceno, ancora dei concerti in duo, insomma tante cose una dopo l’altra.
Ringrazio di cuore l’incredibile
Silvia
Chiesa per la disponibilità, cordialità e grande ricchezza d’animo, che
trasmette ad ogni sua esecuzione e che mi ha fatta sentire davvero come una
cara amica con cui scambiare pensieri, sensazioni profonde ed anche speranze
per il futuro. Nel salutarla, le auguro naturalmente in bocca al lupo per tutto
e che la vita le regali sempre tanti momenti straordinari da ricordare con
gioia!
MTG
(foto Luca D'Agostino)
(foto Luca D'Agostino)