Con una lodevole iniziativa legata ai contenuti ed alle tematiche affrontate, il Teatro La Fenice di Venezia riprende questa produzione di
Carmen, collegandola alla campagna per la libertà delle donne ed alla lotta contro il femminicidio. In un' ambientazione tutt’altro che tradizionale, questo allestimento, privo di fronzoli
e di tipici riferimenti al folclore spagnolo, si colloca tra l’epoca
del Franchismo e più o meno i giorni nostri. La storia si svolge in quartieri
malfamati, e vi è un accenno alla Spagna dai costumi che le amiche di Carmen, Frasquita
e Mercedes, indossano nel secondo atto, in quella che dovrebbe essere la taverna
di Lillas Pastia, nonché da una enorme effige di toro che è posta troneggiante
a sfondo del palco, lasciata poi cadere giù per svuotare del tutto la scena in preparazione del
finale. In realtà sul palcoscenico non c’è mai praticamente nulla, salvo una
cabina telefonica e delle Mercedes su cui i nostri personaggi saltano e corrono
come dei ragazzacci di quartiere.
Come spesso avviene, se scarna fino all’osso è la
scenografia, è nelle intenzioni di regista e scenografo il sottolineare il dramma
interiore dei personaggi in scena e far risaltare su tutto le loro
azioni/reazioni, il loro sentire, le passioni ed il conseguente dolore; in
sintesi l’interpretazione stessa degli artisti.
Purtroppo le cronache sono piene di donne uccise da
ex fidanzati gelosi, e qui Calixto Bieito ed Alfons Flores, regia e scene, hanno voluto proprio attualizzare la vicenda
portandoci in un atto di cronaca vissuto nel suo compimento. Non solo dramma,
ma molta sensualità nelle azioni narrate, con presenza di nudità e scene
piuttosto esplicite, come a voler sottolineare la carnalità del racconto posto
in essere, scevro delle delicatezze di tante altre edizioni dell’opera.
Su tutti la sensualità di
Carmen, che domina prepotentemente sugli uomini che la circondano senza dare
loro la minima importanza: donna forte, volitiva, che insegue la libertà così
cara agli spiriti bohémien. La stessa Micaëla è qui un’innamorata che non perde
occasione per ‘provarci’ col suo Don José, e addirittura regala il gesto ‘dell’ombrello’
alla sua rivale Carmen quando ottiene di essere seguita dall’amato, per l’estremo saluto alla madre
morente. Forse un po’ stereotipata l’immagine della donna che conquista e al
tempo stesso distrugge tutto quello che tocca, assalita da uomini che le girano
intorno, disposti persino ad arrampicarsi sulla cabina telefonica mentre è
impegnata in una telefonata; e anche l’attirare a sé e poi respingere con uno
spintone il pretendente di turno è cosa già vista, ma nell’insieme questa messa
in scena ha il merito di svecchiare un’opera che risulta già attualissima nei contenuti.
Brillante il cast in scena
e buono dal punto di vista musicale.
Spicca la figura di Veronica Simeoni. La sua Carmen
risponde all’appello del regista con una interpretazione asciutta, che esprime fascino e potere al femminile, senza
troppo esagerare, forte di una voce importante dalle tinte brune.
Il suo spasimante è una accorato Stefano Secco. Pur con un
vibrato molto accentuato sull’acuto, il colore chiaro e brillante della sua
voce lo rendono degno compagno di scena per la sua Carmen.
Interprete di certa eleganza e stile è Alexander Vinogradov. Il basso
interpreta un toreador quasi in opposizione agli altri interpreti debosciati,
come se la sua attività di matador di tori lo nobilitasse per assurdo rispetto
ai comuni mortali che lo circondano. E’ talvolta infatti posto più in alto dei
suoi compagni in scena, da cui può slanciare la sua voce molto scura.
Come detto una Micaëla affatto bambolina indifesa è Ekaterina
Bakanova, il cui ruolo è interpretato con scioltezza e dinamicità. Pur se
di maggior carattere è il suo personaggio rispetto al solito, qualche mezza voce in più lo avrebbe
reso ancora più espressivo e valorizzato maggiormente la bella voce di cui
dispone.
Corretti nell’insieme Dario Ciotoli e Matteo Ferrara, di cui si
apprezzano soprattutto le doti attoriali nei ruoli di Moralès e Zuniga.
Cesare Baroni ‘veglia’ sulle sue creature in scena con il
suo ben recitato ruolo di Lillas Pastia, mentre simpatiche e di spirito le
compagne di avventura Frasquita e Mercedes, Sonia Ciani e Chiara
Fracasso, che con gli spavaldi Francis Dudziak e Rodolphe
Briand, nei ruoli di Le Dancaïre e Le Remendado, completano il folto cast.
Bravo ancora una volta il coro preparato da Claudio Marino Moretti con
i Piccoli Cantori Veneziani di Diana D’Alessio.
Diego Matheuz, alla guida dell'orchestra veneziana, apre la
serata con una incalzante ouverture, per poi concedere tempi più allungati soprattutto
nelle arie principali, quasi a voler sottolineare con le note ogni parola e
farne risaltare il significato.
Il pubblico che ha visto una discreta partecipazione di cugini
francesi ha sinceramente applaudito e salutato con affetto tutti i
protagonisti, premiando dunque questa produzione davvero particolare.
MTG
LA
PRODUZIONE
Maestro concertatore e direttore Diego
Matheuz
Regia Calixto Bieito
Scene Alfons Flores
Costumi Mercè Paloma
Light designer Alberto Rodriguez Vega
Regia Calixto Bieito
Scene Alfons Flores
Costumi Mercè Paloma
Light designer Alberto Rodriguez Vega
GLI
INTERPRETI
Escamillo Alexander Vinogradov
Le Dancaïre Francis Dudziak
Le Remendado Rodolphe Briand
Moralès Dario Ciotoli
Zuniga Matteo Ferrara
Lillas Pastia Cesare Baroni
Carmen Veronica Simeoni
Micaëla Ekaterina Bakanova
Frasquita Sonia Ciani
Mercédès Chiara Fracasso
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Piccoli Cantori Veneziani
Maestro del Coro Diana D’Alessio
in lingua originale con sopratitoli in italiano e in inglese
coproduzione Gran Teatre de Liceu di Barcellona, Fondazione Teatro Massimo di Palermo,
Fondazione Teatro Regio di Torino e Fondazione Teatro La Fenice di Venezia