A
poche ore dalla prima di Roméo et Juliette di Gounod in scena all’Arena di
Verona, facciamo due chiacchiere con la protagonista Juliette, Irina
Lungu, che ha anche debuttato nel ruolo di Donna Anna nel Don Giovanni
di Mozart qualche settimana fa, sempre in Arena.
Foto Светлана Синявская, @LivingItaly
Innanzitutto parliamo dell’esperienza
all’Arena di Verona: molti sono impressionati dalla grandezza degli spazi e
dall’acustica ‘difficile’. Come affronti questo palcoscenico?
Non
nascondo che uno spazio enorme come l'Arena metta soggezione. Ancora ricordo la
prima volta quando sono salita su questo leggendario palcoscenico nel 2009,
volevo scappare pensando: qui non mi sentirà nessuno! E invece…la voce correva.
Poi sono tornata altre volte, sempre per Micaela in Carmen e quest'anno ho accettato due ruoli più impegnativi: Donna
Anna in Don Giovanni (era addirittura un debutto) e Juliette nel Romeo et Juliette. Si può dire che mi
sto un po' sciogliendo :) E posso dire che l'applauso di 15.000 persone è
qualcosa di speciale, un'emozione che puoi provare SOLO in Arena!
Parliamo del ruolo di Juliette. Cosa
c’è di Irina in questo personaggio?
Juliette è una ragazza di circa tredici anni:
una bambina praticamente! Juliette è in un certo senso l'emblema della donna
innamorata e ogni donna prima o poi nella vita è stata innamorata. Juliette è
la vera forza che muove l'intera storia: è Juliette e non Romeo che smuove
l'inerzia degli eventi. Romeo contempla, medita, mentre Juliette agisce. Juliette
insomma è coraggiosa ed è concreta e in questo approccio alla vita credo sia
ben descritta la natura femminile.
Ci parli degli inizi della tua
carriera? Cosa ti ha portata a intraprenderla?
Ho
fatto i miei studi in Russia dove mi sono interamente formata: dagli studi da
bambina fino a quelli superiori al Conservatorio di Voronezh; città nel cui
teatro ho anche debuttato. Poi sono arrivati i Concorsi internazionali e
l'arrivo in Italia con l'Accademia della Scala. Da lì una serie di incontri,
con maestri, direttori, registi, amici e colleghi che mi hanno portato a essere
la cantante che sono oggi. Che mi hanno portato ad avere l'idea che ho oggi del
canto e di cosa significhi stare su un palcoscenico. E' stato un percorso, non
un singolo evento, e questo percorso è la mia vita.
Cosa avresti fatto se non avessi scelto
questa carriera?
Anche
se non avessi intrapreso la carriera lirica avrei senz'altro fatto qualcosa
nella musica. Prima di dedicarmi interamente al canto mi ero diplomata in
Direzione di Coro e pur essendo giovane lavoravo già molto con cori di bambini.
Il lavoro mi piaceva. Con molta probabilità oggi sarei insomma una maestra di
coro da qualche parte in Russia.
Quanto conta l’immagine oggi nel mondo
del Teatro d’Opera?
Purtroppo
conta sempre di più e credo non sia un bene. Il primo strumento per creare
emozioni ed empatia nell'Opera è, e sempre dovrebbe essere, la voce: il canto.
Poi certo avere un aspetto fisico gradevole e adatto al personaggio è
importante sulla scena. Non esiste tuttavia bellezza fisica esteriore che possa
toccare in profondità come una frase ben cantata. Se si dimentica questo ci si
dimentica la vera natura dell'Opera.
Foto Светлана Синявская, @LivingItaly
C’è un paese o un teatro in cui lavori
particolarmente bene?
Ho
lavorato in molti teatri e ho bei ricordi di tante esperienze. Certo due teatri
in cui ho cantato con continuità e che hanno segnato la mia carriera fino a qui
sono La Scala di Milano e l'Arena a Verona. Due palcoscenici molto diversi e in
fondo entrambi unici.
Lavorare in Italia è così diverso
rispetto agli altri paesi in cui hai cantato?
No,
direi di no! Il teatro è il teatro ovunque...
Come studi una partitura nuova?
E'
un processo piuttosto lento, una progressiva assimilazione e immedesimazione.
Un processo che va dalle prime letture fino allo studio approfondito con il mio
pianista di fiducia. Ha per me poi importanza anche confrontarmi con le grandi
interpreti del passato: conoscere varie sensibilità, apprezzare l'evoluzione
stilistica, ascoltare voci diverse che esplorano strade diverse… è sempre una
fonte preziosa di ispirazione.
Prediligi i ruoli drammatici oppure quelli per così dire più ‘leggeri’?
Prediligo
i ruoli giusti per la mia voce!
Come si concilia un mestiere
“frenetico” come il tuo con la vita familiare?
NON
si concilia! O perlomeno non si concilia spontaneamente: è un lavorio continuo
incastrare ogni cosa, far combaciare gli orari e le necessità di tutto e di
tutti. Io ho un bambino di 5 anni - Andrea - che ha fortunatamente un buon
carattere e si è sempre adattato ai viaggi, ai mutamenti e a ogni situazione:
posso dire che Andrea è un complice del mio percorso e non un ostacolo!
Dall'anno prossimo andrà a scuola e dovremo organizzarci in modo un po'
diverso… speriamo bene!
Traviata: Foto Brescia / Amisano, Teatro alla Scala
Il rapporto con le regie d’Opera
tradizionali e quelle moderne?
Per
me che una regia sia tradizionale o moderna non è una questione decisiva: a me
interessa che in uno spettacolo ci sia forza espressiva, coerenza, profondità…
Un regista deve esser libero di trovare la sua strada dove e come vuole e io
sono pronta a seguirlo per quella strada. Deve però esser in grado di portarmi
per mano e spiegarmi la sua visione. Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi
registi e da tutti ho potuto imparare. L'esperienza forse più completa l'ho
avuta recentemente con il regista canadese Robert Carsen: un artista
assolutamente eccezionale che mi ha donato una visione più completa e matura del
mio lavoro.
Il rapporto con i direttori
d’orchestra?
Ho
in generale un ottimo rapporto! Ci sono davvero molti musicisti notevoli oggi
nel mondo dell'Opera ed è un piacere poter collaborare con loro. Capita di
cantare un ruolo tante e tante volte e poi, inaspettatamente, si trova un
direttore che è in grado di mostrarti nuovi aspetti del personaggio e
possibilità espressive nuove e allora è un vero piacere riscoprire da capo
qualcosa che si credeva risolto! E' una delle gioie del mio mestiere.
Cosa fai poco prima di salire sul
palcoscenico?
Ho
FIFA come tutti! Vocalizzo, cerco di rimanere concentrata… insomma nulla di
speciale o di poetico, ci si prepara e si cerca di stare fisicamente il meglio
possibile.
Lucia di Lammermoor al Filarmonico di Verona - Foto Ennevi
Come vivi il rapporto con il pubblico?
Lo
vivo più o meno così: mi piace la possibilità di confrontarmi con persone che
amano la stessa cosa che amo io: l'Opera. Mi piace pensare che il pubblico
dell'Opera sia ancora oggi un pubblico di veri appassionati. E mi piace anche
pensare che tra il pubblico vi sia contemporaneamente un neofita che viene per
la prima volta e un vero esperto che conosce ogni singola parola del mio
personaggio proprio come me. Il primo va colpito perché possa emozionarsi e
ritornare a teatro; il vero appassionato invece potrà apprezzare ogni
intenzione, ogni sfumatura e capire ciò che faccio più a fondo. Nel pubblico ci
sono molti tipi diversi di persone e lo spettacolo è per tutti.
I tuoi prossimi impegni?
Dopo
questo Romeo e Juliette in Arena sarò
a Vienna per Traviata per il mio
debutto allo Staatsoper, poi sarò in Oman per Turandot, poi ancora Traviata
in diversi teatri: a Seoul, a Zurigo e al San Carlo di Napoli. Poi in questa
stagione debutterò anche a Parigi con Rigoletto
e poi sarò anche ad Amburgo e Berlino. Potete comunque seguire sempre
l'evoluzione del mia stagione sul mio sito www.irinalungu.com!
Grazie
mille a Irina Lungu, cui auguriamo
ancora tantissime belle soddisfazioni in questo meraviglioso mondo dell’Opera e naturalmente nella sua vita!
Maria Teresa Giovagnoli