HOLLÄNDER
(zu Senta)
“Du kennst mich nicht, du ahnst nicht, wer ich bin!”
(zu Senta)
“Du kennst mich nicht, du ahnst nicht, wer ich bin!”
Come è
prassi alla verde collina di Bayreuth, non si capisce come un allestimento
accolto nel 2012 come immondo e salutato da urla e improperi all'indirizzo del
regista Jan Philipp Gloger, possa venire salutato come un trionfo solo due anni
dopo.
Ma
appunto ormai ci si è probabilmente talmente assuefatti ai lavori controversi
(per usare un termine scrivibile) proposti ogni anno dalla direzione del
festival delle sorelle Wagner, che ormai il motto degli spettatori si può
riassumere in “chiudi gli occhi e goditi la musica”.
Archiviata
la querelle sul presunto tatuaggio nazista del basso Nikitin ingaggiato
all'epoca per la parte dell'Olandese, il focus del pubblico si è concentrato
sull'improponibile lavoro drammaturgico che il regista Jan Philipp Gloger e la
drammaturga Sophie Beker hanno impostato per questo Fliegende Hollander.
Il
mare, personaggio silente ma perennemente presente nell'opera wagneriana, è qui
sostituito da un reticolo di diodi in
perenne sfarfallamento che avvolge la scena verticalmente sulla quale una serie
di orologi numerali al neon, ci ricordano (probabilmente) i profitti in salita
dell'azienda di produzione di ventilatori di Daland.
L'idea
sembrerebbe essere quella di un mercato globale che continuamente ci circonda e
ci controlla.
Daland
apprendiamo essere quindi il proprietario di questa azienda di produzione di
ventilatori (sic!) dove lo Steuermann del libretto diventa un petulante e
precisino segretario tutto teso a far quadrare i conti e il suo equipaggio è
sostituito dagli impiegati in giacca e cravatta di cui sopra. Non si capisce il
motivo per il quale però i due nostri si trovino nel primo atto su di una
barchetta in piena notte in doppiopetto e grisaglia....
L'Olandese si presenterà a loro come un uomo
d'affari depresso con tanto di trolley al seguito rigonfio di dollaroni
sonanti, in cerca di affetto a buon prezzo, giacché non trovandolo tenterà il
suicidio durante il monologo del primo atto tagliandosi le vene ovviamente
senza riuscirci.
Senta
qui diventa la figlia controversa in un mondo di operaie addette alla
produzione dei famigerati ventilatori, in cerca di un suo misterioso perché di
vita, Erik è il garzone tuttofare della fabbrica, perennemente con la pistola
per silicone in mano e Mary la petulante segretaria. Dopo aver comprato la
fabbrica di Daland con i succitati soldoni e averla resa profittevole,
l'Olandese apprende del presunto amore tra Senta ed Erik e nel giro di poche
battute si suiciderà per il dolore (questa volta per davvero) seguito a ruota
da Senta. Cala velocemente il sipario, si spengono le luci e sugli ultimi
sublimi accordi si riapre il sipario mostrandoci il cinico Daland con il
felicissimo segretario Steuerman produrre non più ventilatori, bensì statuette
ricordo in plastica dei due sfortunati amanti.
Amen.
Come
prassi vuole a Bayreuth, contraltare ad un allestimento inguardabile stava un’
esecuzione musicale di altissimo livello.
Christian
Thielemann ha diretto l'orchestra del
Festspielehaus con la consueta magistrale bravura, fatta di un'instancabile
intensità ed omogeneità di suono senza pari, supportando la meravigliosa
tensione della partitura wagneriana per tutta la durata dello spettacolo.
Thielemann sceglie di condurre la versione definitiva del Fliegende Hollander
composta da Wagner, meno tesa di quella originale, ma sicuramente più adatta
alla natura interpretativa romantica del Direttore tedesco.
Il coro
del Festispielehaus diretto da Eberhard Friedrich, ha ancora una
volta giustificato la sua reputazione come il migliore del mondo in questo
repertorio, cantando con una tale concentrazione ed uniformità di suono da
lasciare a bocca aperta.
Samuel
Youn, non possiede il tonnellaggio
vocale richiesto per il ruolo dell'Olandese ma, aiutato dall'acustica del
teatro, tratteggia il personaggio con la giusta dose di sofferenza e dignità
richiesta dalla partitura risultando infine più che credibile.
Ricarda
Merberth, è una Senta impareggiabile
dalla voce d'acciaio, penetrante e ampissima tutta tesa a scandagliare i
conflitti e le passioni del suo personaggio.
La sua
ballata del secondo atto ci resterà impressa per coerenza drammatica e purezza
di suono.
Tomislav
Muzek è stato la vera sorpresa di
questo allestimento. Il tenore croato canta divinamente la sua parte e le sue
due tecnicamente difficili arie con voce sicura e potente facendoci dimenticare
i tenorini asfittici spesso chiamati ad interpretare la parte di Erik. Il
fraseggio è perfetto senza sbavature e i fiati lunghissimi. Speriamo di
ascoltarlo presto in ruoli più maturi.
Kwangchul
Youn è stato un Daland credibile,
dalla voce sicura e paterna.
Benjamin
Bruns ha cantato e recitato la parte
dell'iperattivo Steuermann con precisione e partecipazione encomiabili, come
pure la Mary di Christa Mayer.
Applausi
convinti per tutti con autentico delirio collettivo e numerosissime chiamate al
proscenio per Thielemann.
Pierluigi Guadagni
L APRODUZIONE
Direttore d’orchestra
|
Christian
Thielemann
|
Regia
|
Jan Philipp
Gloger
|
Scene
|
Christof
Hetzer
|
Costumi
|
Karin Jud
|
Luci
|
Urs
Schönebaum
|
Video
|
Martin
Eidenberger
|
Drammaturgia
|
Sophie
Becker
|
Direttore del coro
|
Eberhard
Friedrich
|
GLI INTERPRETI
Daland
|
Kwangchul
Youn
|
Senta
|
Ricarda
Merbeth
|
Erik
|
Tomislav
Mužek
|
Mary
|
Christa
Mayer
|
Der Steuermann
|
Benjamin
Bruns
|
Der Holländer
|
Samuel Youn
|
Foto Bayreuther Festspiele