mercoledì 30 aprile 2014

BOHEME, G. PUCCINI – GRAN TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, martedì 29 aprile 2014

In occasione del novantesimo anniversario della morte di Giacomo Puccini, avvenuta il 29 novembre 1924, la Fenice di Venezia dedica la sezione primaverile della stagione lirica al compositore lucchese con il Progetto Puccini, che vede alternarsi in palcoscenico tre opere tra le più rappresentative del compositore: Bohème, Madama Butterfly e Tosca.

Con Bohème si riprende l’allestimento ormai rodato che Francesco Micheli ideò nel 2011 e che ha sempre portato grande pubblico nel massimo teatro veneziano. Siamo tornati dopo l’anno scorso a ripercorrere le avventure dei poveri ragazzi simbolo di tanti giovani d’oggi, in difficoltà certo, ma legati da sincero affetto e complicità. I quadri in cui Puccini divide l’opera sono concepiti dal regista proprio come involucri entro cui incorniciare le storie dei giovani scapestrati francesi. Difatti ritroviamo l’enorme effigie illuminata, che ricorda la struttura della Tour Eiffel, ad aprire e chiudere l’opera circondando la scena e quindi i protagonisti. Una dedica del regista a questi ‘attori’ del nostro presente e futuro, con la sottolineatura del contrasto tra quanta gaiezza e soprattutto speranza sia insita nei cuori di chi pensa di avere la vita davanti, nonostante le difficoltà,  con la luce che li circonda, e la constatazione che invece resta ben poco, come nel caso della dolce Mimì, con il buio dello sfondo. Lo spettacolo è sempre gradevolissimo, con le deliziose scene tradizionali di Edoardo Sanchi e i bei costumi di Silvia Aymonino.


Ci spiace però registrare che nella recita di ieri sera non siamo riusciti a ‘sentire’ gli eventi, a creare quel legame invisibile con gli interpreti che quasi ipnotizza e permette di commuoversi, di gioire, sognare, soffrire, persino amare con essi. Queste sensazioni meravigliose, che per alcuni addirittura soltanto la Bohème può scaturire, non ci sono arrivate a pieno.
Carmen Giannattasio è un soprano di indubbie qualità vocali: la sua voce ha un timbro corposo che si arricchisce di colori soprattutto nel centro e la sua presenza scenica è sicuramente predominante rispetto ai colleghi dell’intero cast. Questa volta però non siamo riusciti ad immedesimarci nella sofferenza della piccola e dolce fioraia come ci saremmo aspettati.

Stesso dicasi per il tenore Matteo Lippi. Molto impegnato sulla scena, non ci ha però dato il pathos che speravamo arrivasse da un ragazzo sì generoso nell’emissione vocale, ma la cui voce a nostro avviso non sembra possedere il colore e il volume attesi per il ruolo del passionale poeta Rodolfo.
Una bella conferma dello scorso anno il baritono Julian Kim. Il timbro della voce è molto particolare e si muove bene in tutta la gamma del suo registro, ha cercato inoltre di trasmettere quanto più possibile il fuoco giovanile del pittore Marcello.

Niente male anche il basso Andrea Mastroni nel ruolo di un partecipe e convinto Colline.
Nel cast abbiamo ritrovato la Musetta di una corretta Francesca Dotto, che però ci aveva colpito più favorevolmente lo scorso anno, il veramente simpatico Armando Gabba nel ruolo di Schaunard, Andrea Snarski e Matteo Ferrara nei rispettivi ruoli di Alcindoro e del temuto padrone di casa Benoit. Infine, ricordiamo Dionigi D’Ostuni come Parpignol, Bo Schunnesson come venditore ambulante, Nicola Nalesso come doganiere ed il sergente dei doganieri era Salvatore Giacalone.

Un plauso alle delicate voci dei Piccoli Cantori Veneziani di Diana D’Alessio ed al sempre puntuale Coro del Teatro La Fenice diretto da Claudio Marino Moretti.

Sul podio di un’ottima orchestra saliva per la prima volta  Jader Bignamini. Se si possono apprezzare le intenzioni drammatiche e il piglio direttoriale del Maestro, va però sottolineato quanta distanza ci fosse tra buca e palcoscenico, quasi che lui dirigesse Bohème senza cantanti. La sua lettura sinfonica mostrava il fianco ad una poco adeguata attenzione per le voci e le loro esigenze.

Il pubblico internazionale piuttosto freddino non ha tributato alcun applauso dopo la celebre aria di Mimì (Sì, mi chiamano Mimì), né dopo la tanto amata aria di Rodolfo (Che gelida manina..). Si è riscaldato maggiormente nel terzo e quarto quadro eseguiti senza intervallo, tributando al termine dell’intera rappresentazione applausi calorosi a tutti gli interpreti ed al direttore d’orchestra.
MTG

LA PRODUZIONE

Direttore        Jader Bignamini
d’orchestra   
regia               Francesco Micheli
scene               Edoardo Sanchi
costumi           Silvia Aymonino
luci                  Fabio Barettin

GLI INTERPRETI

Rodolfo          Matteo Lippi
Marcello        
Julian Kim
Schaunard    
Armando Gabba
Colline           
Andrea Mastroni
Benoit            
Matteo Ferrara
Alcindoro      
Andrea Snarski
Mimì              
Carmen Giannattasio
Musetta          Francesca Dotto

Parpignol       Dionigi D’Ostuni
Un venditore ambulante      Bo Schunnesson
Un sergente dei doganieri    Salvatore Giacalone
Un doganiere                        Nicola Nalesso

Coro e Orchestra della Fenice
Maestro del coro  Claudio Marino Moretti

Piccoli Cantori Veneziani 
Maestro del coro Diana D’Alessio

Sottotitoli in italiano ed inglese








Foto Michele Crosera per il Teatro La Fenice