In
occasione del novantesimo anniversario della morte di Giacomo Puccini, avvenuta
il 29 novembre 1924, la Fenice di Venezia dedica la sezione primaverile della
stagione lirica al compositore lucchese con il Progetto Puccini, che vede
alternarsi in palcoscenico tre opere tra le più rappresentative del
compositore: Bohème, Madama Butterfly e Tosca.
Con
Bohème si riprende l’allestimento ormai rodato che Francesco Micheli ideò
nel 2011 e che ha sempre portato grande pubblico nel massimo teatro veneziano. Siamo
tornati dopo l’anno scorso a ripercorrere le avventure dei poveri ragazzi
simbolo di tanti giovani d’oggi, in difficoltà certo, ma legati da sincero
affetto e complicità. I quadri in cui Puccini divide l’opera sono concepiti dal
regista proprio come involucri entro cui incorniciare le storie dei giovani scapestrati
francesi. Difatti ritroviamo l’enorme effigie illuminata, che ricorda la
struttura della Tour Eiffel, ad aprire e chiudere l’opera circondando la scena e
quindi i protagonisti. Una dedica del regista a questi ‘attori’ del nostro
presente e futuro, con la sottolineatura del contrasto tra quanta gaiezza e
soprattutto speranza sia insita nei cuori di chi pensa di avere la vita davanti,
nonostante le difficoltà, con la luce che li circonda, e la constatazione che invece resta ben poco, come
nel caso della dolce Mimì, con il buio dello sfondo. Lo spettacolo è sempre gradevolissimo, con le deliziose
scene tradizionali di Edoardo Sanchi e i bei
costumi di Silvia Aymonino.
Ci spiace però registrare che nella
recita di ieri sera non siamo riusciti a ‘sentire’ gli eventi, a creare quel
legame invisibile con gli interpreti che quasi ipnotizza e permette di commuoversi,
di gioire, sognare, soffrire, persino amare con essi. Queste sensazioni meravigliose,
che per alcuni addirittura soltanto la Bohème può scaturire, non ci sono
arrivate a pieno.
Carmen
Giannattasio è un soprano di indubbie qualità vocali:
la sua voce ha un timbro corposo che si arricchisce di colori soprattutto nel
centro e la sua presenza scenica è sicuramente predominante rispetto ai
colleghi dell’intero cast. Questa volta però non siamo riusciti ad
immedesimarci nella sofferenza della piccola e dolce fioraia come ci saremmo
aspettati.
Stesso
dicasi per il tenore Matteo Lippi. Molto impegnato
sulla scena, non ci ha però dato il pathos che speravamo arrivasse da un
ragazzo sì generoso nell’emissione vocale, ma la cui voce a nostro avviso non sembra
possedere il colore e il volume attesi per il ruolo del passionale poeta
Rodolfo.
Una
bella conferma dello scorso anno il baritono Julian Kim. Il timbro
della voce è molto particolare e si muove bene in tutta la gamma del suo
registro, ha cercato inoltre di trasmettere quanto più possibile il fuoco
giovanile del pittore Marcello.
Niente
male anche il basso Andrea Mastroni nel ruolo di un partecipe e convinto
Colline.
Nel
cast abbiamo ritrovato la Musetta di una corretta Francesca Dotto, che
però ci aveva colpito più favorevolmente lo scorso anno, il veramente simpatico
Armando
Gabba nel ruolo di Schaunard, Andrea Snarski e Matteo
Ferrara nei rispettivi ruoli di Alcindoro e del temuto padrone
di casa Benoit. Infine, ricordiamo Dionigi D’Ostuni come Parpignol, Bo
Schunnesson come venditore ambulante, Nicola Nalesso come
doganiere ed il sergente dei doganieri era Salvatore Giacalone.
Un
plauso alle delicate voci dei Piccoli Cantori Veneziani di Diana D’Alessio ed al sempre
puntuale Coro del Teatro La Fenice diretto da Claudio Marino Moretti.
Sul
podio di un’ottima orchestra saliva per la prima volta Jader Bignamini. Se si
possono apprezzare le intenzioni drammatiche e il piglio direttoriale del
Maestro, va però sottolineato quanta distanza ci fosse tra buca e palcoscenico,
quasi che lui dirigesse Bohème senza cantanti. La sua lettura sinfonica
mostrava il fianco ad una poco adeguata attenzione per le voci e le loro
esigenze.
Il
pubblico internazionale piuttosto freddino non ha tributato alcun applauso dopo
la celebre aria di Mimì (Sì, mi chiamano
Mimì), né dopo la tanto amata aria di Rodolfo (Che gelida manina..). Si è riscaldato maggiormente nel terzo e
quarto quadro eseguiti senza intervallo, tributando al termine dell’intera
rappresentazione applausi calorosi a tutti gli interpreti ed al direttore d’orchestra.
MTG
LA PRODUZIONE
Direttore Jader
Bignamini
d’orchestra
regia Francesco Micheli
scene Edoardo Sanchi
costumi Silvia Aymonino
luci Fabio Barettin
regia Francesco Micheli
scene Edoardo Sanchi
costumi Silvia Aymonino
luci Fabio Barettin
GLI INTERPRETI
Rodolfo Matteo
Lippi
Marcello Julian Kim
Schaunard Armando Gabba
Colline Andrea Mastroni
Benoit Matteo Ferrara
Alcindoro Andrea Snarski
Mimì Carmen Giannattasio
Musetta Francesca Dotto
Parpignol Dionigi D’Ostuni
Un venditore ambulante Bo Schunnesson
Marcello Julian Kim
Schaunard Armando Gabba
Colline Andrea Mastroni
Benoit Matteo Ferrara
Alcindoro Andrea Snarski
Mimì Carmen Giannattasio
Musetta Francesca Dotto
Parpignol Dionigi D’Ostuni
Un venditore ambulante Bo Schunnesson
Un
sergente dei doganieri Salvatore Giacalone
Un
doganiere Nicola Nalesso
Coro e Orchestra della Fenice
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Piccoli Cantori Veneziani
Maestro del coro Diana D’Alessio
Sottotitoli in
italiano ed inglese
Foto Michele Crosera per il Teatro La Fenice