Mettere in scena
un'opera intimista come Werther di J.Massenet nel più grande teatro del mondo,
è sfida che mette i brividi al solo pensiero.
Werther più che
un'opera può essere considerata infatti un unico grande duetto, suddiviso in
dialoghi e monologhi fra il protagonista e Charlotte, mentre gli altri ruoli
sono in pratica delle ombre sottomesse ad un'esistenza limitata. Sintomatica
sotto questo aspetto è la stessa assenza del coro in partitura, di una comunità
simbolo di amore realizzato e di vita che si diversifica dall'esistenza dei
protagonisti, proiettati piuttosto verso la morte, amanti tristissimi, in
pratica non amanti, supportati da una musica tutta tesa ad un impressionismo
che si sfalda e vacilla nel suo
incessante sviluppo, tortura i
nervi, provoca una tensione costante da aria viziata e velenosa che sembra non
mortale. La morte invece, arriva puntuale, con accenti crudi e reali.
L'idea di Richard
Eyre, supportata dalle scene e dai costumi di Rob Howell si apre con la
fantasiosa e arbitraria ricostruzione, durante il preludio, della morte della moglie del Bailli e madre
di Charlotte durante la notte di Natale e il suo successivo funerale, quindi si
sviluppa per i primi due atti su una serie di cornici rettangolari che dal
proscenio si contorcono verso il fondo
della scena sulle quali si proiettano i bellissimi video di Wendall Harrington che rappresentano
alberi che ondeggiano alla brezza e il passare delle stagioni.
Nel terzo atto
troviamo una claustrofobica biblioteca fatta di immensi scaffali verticali
incombenti, paradigma di quella società che obbliga Charlotte ad un matrimonio
senza amore, i quali svaniranno verso l'alto con un magistrale colpo di scena
durante l'interludio del quarto atto, permettendo l'ingresso dal fondo della
microscopica cameretta di Werther nella quale, Richard Eyre, contrariamente al
libretto, ci mostra tutta la disperazione di Werther prima titubante, infine
deciso nel togliersi la vita sparandosi diritto al cuore imbrattando con
schizzi di sangue la parete a lui posteriore.
Scena fortissima e di forte
impatto emotivo che ha trovato in Jonas Kaufmann un degno interprete.
Kaufmann appunto è stato un Werther straordinario, la sua voce è ricchissima di
armonici, il suo canto si fa scuro e caldo di una intensità virilmente composta
nel declamato di cui è piena la partitura, abbandonandosi nei momenti più
lirici e larmoyant ad un canto velato fino a raggiungere pianissimi
impressionanti per tenuta e qualità.
La Charlotte di
Massenet è più sfaccettata e tormentata rispetto alla figura goethiana e Sophie
Koch ne offre un’interpretazione intensa e convincente esprimendo con
giusto riserbo il dramma interiore di un amore impossibile, compresso e
soffocato, con voce controllata e vibrante lontana da esibizioni manierate e da
eccessi veristi. Toccante la lettura delle lettere eseguita con giusto
raccoglimento e soprattutto “les larmes qu’on ne pleure pas” che traduce con
pudore l’abisso di angoscia in cui sprofonda il personaggio. La voce omogenea
si adatta alla dinamica ondivaga ben reggendo gli improvvisi scatti drammatici.
Lisette
Oropesa è un’ottima Sophie, giovane e graziosa, che trasmette una
ventata di freschezza con voce soavissima e argentina, squillante senza essere
petulante. David Bizic è un Albert di voce rotonda ma monocorde, perfetto
per il suo personaggio. Corretti anche i comprimari, il Bailli di Jonathan
Summers, Philip Cokorinos nella parte di Johann, Tony Stevensons, alias Schmidt, Christopher Job come Bruhlmann e Maya Lahany come Katchen.
Alain Altinoglu ha
offerto una direzione efficace, cercando un impasto orchestrale sonoro e ricco
di colori, ha alternato suoni morbidi e leggeri a sonorità più forti e cupe,
privilegiando la ricerca della continuità e della tensione drammatica, pur
tuttavia scivolando talvolta nell’enfasi anziché giocare su di una più sottile
filigrana di colori e spessori cangianti.
Successo vivo per tutti, con punte di delirio per Kaufmann
e Koch da un teatro gremito in ogni ordine di posti.
Pierluigi
Guadagni
LA PRODUZIONE
Direttore d’orchestra Alain Altinoglu
Regia Richard Eyre
Costumi e scene Rob Howell
Luci Peter Mumford
Video Wendall Harrington
Coreografia Sara Erde
Costumi e scene Rob Howell
Luci Peter Mumford
Video Wendall Harrington
Coreografia Sara Erde
GLI INTERPRETI
Sophie Lisette Oropesa
Charlotte Sophie Koch
Werther Jonas Kaufmann
Albert David Bižic
La Bailli Jonathan Summers
Charlotte Sophie Koch
Werther Jonas Kaufmann
Albert David Bižic
La Bailli Jonathan Summers
Foto Metropolitan Opera House