Prosegue
il felice progetto ‘Atelier della Fenice al Teatro Malibran’ di Venezia, che
vede impegnati i giovani dell’Accademia di Belle Arti del capoluogo lagunare
nell’allestimento scenico e nella realizzazione di tutte e cinque le farse
comiche che Gioachino Rossini concepì per il fu Teatro Moisè del
capoluogo veneto, negli anni 1810-13. Tale progetto vede il teatro Malibran
come centro per la sperimentazione e per la messa in scena degli elaborati dell’accademia;
così ecco che, dopo gli allestimenti de ‘L’inganno felice’e ‘La cambiale di
Matrimonio’, quest’anno è la volta de ‘La Scala di Seta’, da 'L'échelle de soie' di F.A.E. de Planard, scritto pochi anni prima di questo gruppo operistico. La supervisione
del progetto è di Bepi
Morassi, che cura proprio la regia di questo spettacolo.
Ancora
un gioco delle parti, in cui i malintesi e gli scambi di persona la fanno da
padrona. Rossini era straordinario nel dipingere musicalmente i caratteri dei personaggi
che, ispirati all’opera buffa settecentesca, vedono spesso in azione donne scaltre e volitive, innamorati galanti, immancabili personaggi eccentrici ed austeri uomini a far progetti sistematicamente disattesi. Questi individui si muovono in un vortice di
situazioni susseguenti, si lasciano trascinare dagli eventi fino al
disvelamento conclusivo ed al caratteristico finale da ‘tarallucci e vino’.
Ma
attenzione a come si leggono certe trame: non tutto è così effimero come può
apparire, e squisitamente fine a se stesso. Non dimentichiamoci che tanto per cambiare la protagonista è vittima di un (impossibile
legalmente) matrimonio 'caldamente consigliato' dal suo tutore, che in questo spettacolo è
addirittura visto come il proprietario di un club ed è accompagnato da due ‘vallette’
piumate, a simboleggiare il potere ed il fascino che ne deriva. A sfondo di
questi avvenimenti vi è il fatto che ancora al tempo dell’opera esistevano i
matrimoni combinati col cosiddetto buon partito, ma per fortuna la bella Giulia si scopre sia già sposata precedentemente per amore col
favore di una lungimirante zia. Il personaggio della cugina Lucilla fa da contr’altare
alla furba Giulia, rappresentando quella parte di donne timide e magari anche
un po’ impacciate, che poi di fronte ai palpiti del cuore trovano una
sensualità che non ha eguali in altre. Del resto il
buon Blansac, il promesso, la trova pure più bella della protagonista ed alla fine sceglierà
lei! E che dire del buffo servitore Germano? Rappresenta il perno dell’opera,
il tuttofare che grazie al suo mestiere sa tutto di tutti, ma che poi finisce
per ingarbugliarsi lui stesso fra le coppie, i rendez-vous continui, e rischia
di mandare per l'appunto a monte i piani di tutti. Insomma, alla base di tanta ilarità, vi è una morale evidente: è inutile fare piani e progetti, perché non si possono manipolare
i sentimenti delle persone: ‘Quando amor si fa sentire, troppo egli è nei cor possente.
Si contrasta inutilmente, vince ognora il suo poter’.
L’allestimento molto elegante dell’accademia veneziana prevede una
ambientazione in stile 'anni trenta', con il palco diviso a metà, che reca
sulla sinistra la camera di Giulia, allestita con uno splendido canapé dal
tessuto dorato, pieno di cuscini e
tappeti intorno, nonché un tavolino col telefono, delle piante e grandi tende
alle spalle da cui entrano i protagonisti che arriverebbero dalla famosa ‘scala’.
Sulla destra invece lo studio di questo ‘Club’ esclusivo, di cui Dormont è il
titolare, con la porta automatica che si apre e poi scompare ogni volta che i
protagonisti entrano in scena, come se appunto si recassero nel locale. Le luci
illuminano di volta in volta gli ambienti a seconda di dove si svolge l’azione.
Coup de théâtre molto simpatico: l’illuso Blansac compare al centro del palco seduto
davanti ad uno splendido pianoforte a mezza coda bianco per impressionare la
sua bella. Meravigliosi i costumi ricchi
di piume, strascichi, sete e quant’altro possa contribuire a far intendere l’ambiente
borghese in cui la vicenda è ambientata. Morassi ha fatto sì che ogni gesto
contribuisca a far nascere il sorriso in
sala, che infatti non si fa attendere a scena aperta, soprattutto naturalmente
ad opera del brillante Germano.
Il cast ha risposto bene a questo clima farsesco, coadiuvato anche
da un’ottima esecuzione musicale.
La bella e spigliata Giulia è in scena una Irina
Dubrovskaya in gran forma.
La sua voce ha una duttilità di
emissione che le consente di affrontare la parte con la disinvoltura giusta,
finanche nei sovracuti, accompagnata da
un’ottima recitazione.
La cugina Lucilla
è una altrettanto simpatica e generosa Paola Gardina, che ha tenuto
molto bene il palco assieme alla collega conquistando allo stesso modo il
pubblico, soprattutto dopo la sua aria ‘Sento talor nell’anima’.
Il geloso e accorato
giovane Dorvil è un Giorgio
Misseri che si pone
ottimamente sul piano delle due protagoniste femminili per interpretazione. Molto fine e musicale
la sua voce tenorile leggera che si spinge in acuto con grande generosità.
Conferma le sue doti
di mattatore il bravissimo Omar Montanari nei panni di Germano. Espressivo ed astutamente buffo, al punto tale da non apparire
mai così sciocco come la parte potrebbe dare ad intendere, recita cantando in
modo sorprendente e da vero conquistatore della scena.
Altrettanto bene interpretati sia vocalmente che scenicamente il tutore Dormont
David Ferri Durà,
sicuro e con buona voce tenorile, nonché il Blansac di Claudio
Levantino, che al bel colore brunito aggiunge buone doti
interpretative.
L’orchestra
del Teatro La Fenice con alla guida Alessandro
De Marchi si esprime con leggerezza e giusta vivacità, tenendo sempre vivo il ritmo
per seguire gli interpreti in scena cercando di non prevaricarli per un
risultato di insieme efficace ed armonioso.
Consenso
generale decisamente meritato per tutti gli interpreti, con ovazioni per le due
protagoniste femminili. Ancora un grazie al Teatro La Fenice per questa
bellissima iniziativa che premia i giovani ed il futuro dell’arte italiana, che
premiò Rossini allora e che continua a renderci fieri ancora nel mondo.
MTG
LA
PRODUZIONE
Direttore Alessandro De Marchi
regia e Bepi Morassi
scene
costumi e luci Scuola di scenografia dell’Accademia di
Belle Arti di Venezia
GLI INTERPRETI
Dormont David Ferri Durà
Giulia Irina Dubrovskaya
Lucilla Paola Gardina
Dorvil Giorgio Misseri
Blansac Claudio Levantino
Germano Omar Montanari
Orchestra del Teatro La Fenice
con sopratitoli in italiano
Atelier della Fenice al Teatro Malibran
in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia
Dormont David Ferri Durà
Giulia Irina Dubrovskaya
Lucilla Paola Gardina
Dorvil Giorgio Misseri
Blansac Claudio Levantino
Germano Omar Montanari
Orchestra del Teatro La Fenice
con sopratitoli in italiano
Atelier della Fenice al Teatro Malibran
in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia