Ritorna
al Teatro La Fenice di Venezia il Trovatore nell’allestimento coprodotto nel
2010 con il Teatro Regio di Parma che fu presentato in laguna nel dicembre 2011. Lo spettacolo concepito
da Lorenzo Mariani ci presenta una atmosfera molto lugubre in
generale, ove un alone di inquietudine fosca serpeggia nei singoli personaggi, che
però li priva di quelle molteplici sfaccettature psicologiche di cui questa
opera dalla trama crudele è pregna. Dal punto di vista
prettamente visivo, inoltre, neanche le scene di William Orlandi, che firma anche i costumi, possono essere definite
particolarmente memorabili. Attualmente ci si trova spesso davanti a messe in
scena piuttosto essenziali, ove però con semplici elementi, effetti luminosi o
proiezioni, egualmente si crea quella particolare atmosfera che consente sia
agli interpreti che al pubblico di immergersi nel dramma, talvolta anche con
risultati sorprendenti. Non è questo il caso. Ciò che si presenta ai nostri
occhi non sembra giovare particolarmente alla rappresentazione: uno
splendido cavallo bianco (finto) in scena con sfondo buio, la luna rossa o
pallida a seconda del caso, sempre circondata da oscurità ed incombente sui
personaggi, o pochissimi altri elementi presenti sulla scena pressoché
desolante, sempre in semi oscurità, nonostante qualche studiato effetto di luce
ad opera di Christian Pinaud, sono davvero
troppo poco per un’opera incredibilmente ricca di contenuti, azione, sentimenti
e soprattutto dramma.
Il
cast chiamato all’appello per questo amatissimo capolavoro verdiano è sulla
carta di prim’ordine, ma non è mancata qualche perplessità, soprattutto dal
punto di vista interpretativo.
La
dolce Leonora è impersonata da Carmen Giannattasio. Il soprano sembra
aver sofferto della regia fin troppo limitante, che offre poco scavo nei
caratteri dei personaggi, portandola ad una interpretazione più di forza che di
sentimento, priva di quei meravigliosi filati o mezze voci, quasi sospiranti,
che ci si aspetta in più punti dal suo personaggio. Anche la meravigliosa ‘D’amor sull’ali rosee’ è sembrata poco
più di un esercizio accademico.
Manrico
è un prorompente Gregory Kunde. Interessante registrare il suo debutto nel ruolo; il
tenore ha ancora una volta mostrato di volere e potere rischiare personaggi nuovi, possedendo
tutte le carte in regola per donarsi e donare in scena ciò che ci si aspetta: generosità, interpretazione e grinta senza risparmiarsi, sia
vocalmente, che fisicamente.
Il Conte di Luna di Artur
Rucìnski stavolta non ci ha convinto del tutto. Il
baritono ci ha abituati in passato ad esecuzioni coerenti dal punto di vista
vocale ed attoriale, ma in questo caso è parso leggermente sopra le righe, con
atteggiamenti un po’ forzati, probabilmente anch’egli portato ad aggiungere ‘del
suo’ a quanto non proposto dalla regia.
La
gitana Azucena è Veronica Simeoni. Sono indubbie
le sue qualità interpretative, la voce sicura e agile, ma non possiamo
definirla una Azucena per antonomasia. Il suo timbro particolarissimo non andrebbe
forzato ad un carattere che non possiede e di ciò ne risente anche il personaggio, per
quanto il mezzosoprano sia di solito bravissima come attrice.
Si disimpegna discretamente come
Ferrando Roberto Tagliavini. Nei ruoli di contorno registriamo Lucia
Raicevich, buona Ines; Ruiz, ossia Dionigi
D’Ostuni; un vecchio zingaro, Salvatore
Giacalone; infine un messo, Bo Schunnesson .
Qualche ombra anche sulla direzione del
Maestro Daniele Rustioni.
La sua fama di giovane talentuoso lo precedeva e dopo gli ottimi risultati
ottenuti precedentemente nello stesso teatro ci aveva fatto attendere una
interpretazione più curata ed approfondita della partitura verdiana. Quel che ci
è giunta è però una esecuzione piuttosto generica e ‘voluminosa’, priva di
quell’attenzione ai dettagli, alla caratterizzazione di ogni sequenza, dandoci quasi
l’impressione che prioritario fosse condurre a termine l’opera.
Il
coro preparato da Marino Moretti ha invece risposto al meglio nonostante la
cornice non fosse delle migliori.
Successo
da parte del pubblico che ha salutato tutti i protagonisti, ma soprattutto Kunde, con autentiche
ovazioni.
MTG
LA
PRODUZIONE
Maestro concertatore
e direttore Daniele
Rustioni
Regia Lorenzo Mariani
Scene e costumi William Orlandi
Light designer Christian Pinaud
Regia Lorenzo Mariani
Scene e costumi William Orlandi
Light designer Christian Pinaud
GLI INTERPRETI
Il conte di luna Artur
Rucìnski
Leonora Carmen Giannattasio
Leonora Carmen Giannattasio
Azucena Veronica
Simeoni
Manrico Gregory Kunde
Ferrando Roberto Tagliavini
Ines Lucia Raicevich
Ruiz Dionigi D’Ostuni
Un vecchio zingaro Salvatore Giacalone
Un messo Bo Schunnesson
Manrico Gregory Kunde
Ferrando Roberto Tagliavini
Ines Lucia Raicevich
Ruiz Dionigi D’Ostuni
Un vecchio zingaro Salvatore Giacalone
Un messo Bo Schunnesson
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
con sopratitoli in italiano e in inglese
allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Foto Michele Crosera