Con il Barbiere di
Siviglia al Teatro Comunale G. Verdi di Padova si inaugura la stagione lirica
duemilaquattordici, con un titolo dunque dal fortissimo richiamo di pubblico,
che sarà seguito da altri due altrettanto forti: Mabama Butterfly e La Vedova Allegra,
che chiuderà anche l’anno solare.
Questa nuovissima
produzione nata con una collaborazione tra il teatro patavino ed il Bassano Opera Festival,
ha visto impegnato come regista Francesco Esposito e l’impianto
scenico di Tommaso Lagattolla,
assistito da Emanuele Sinisi.
Siamo
consapevoli del fatto che il capolavoro di Rossini sia stato messo in scena
migliaia di volte e che si cerchi sempre di trovare delle nuove chiavi di
lettura per non cadere nell’ovvio o nel ‘già visto’, ma quello andato
in scena ieri sera a Padova non ci è sembrato affatto il Barbiere di Siviglia.
Come spesso accade, l’ambientazione è spostata
secoli in avanti ed anche i luoghi non sono quelli concepiti dal librettista. Questo
in genere può offrire anche piacevoli sorprese, ma in questo caso siamo
dispiaciuti nel costatare quanto l’intera vicenda sia stata completamente
stravolta, piegando eventi e dialoghi ad una costante forzatura nel cercare di
far comunque quadrare il racconto generale. Ci troviamo in Italia e
precisamente negli studi televisivi della RAI degli anni settanta, come sottolineano
gli innumerevoli ritagli di giornale precisamente datati che scorrono sullo
schermo in background, ove a un certo punto compare anche un articolo che inneggia
alla diva protagonista. Non mancano le immagini degli artisti che hanno popolato
la televisione pubblica di quegli anni,
come Bongiorno, Mina, Raffaella Carrà, le gemelle Kessler, e così via.
Il nostro barbiere è
uno dei tanti collaboratori dell’equipe televisiva, della quale ci viene in
pratica illustrata la vita quotidiana nei vari ambienti ben riprodotti, tra
provini, registrazioni, spot pubblicitari (il ‘povero’ conte d’ Almaviva
indossa una enorme parrucca riccia per pubblicizzare una lacca..) e gli
immancabili balletti che oggi come allora completano gli spettacoli.
Il grande protagonista non sembra tanto essere il furbo Figaro, che tutti cercano nella versione
originale per le sue doti di troubleshooter, ma il grande produttore
televisivo Bartolo, il quale chiama gli artisti, organizza le sue
trasmissioni e ad un certo punto ci regala persino una telefonata al presentatore
Pippo Baudo al quale comunica che per la serata inaugurale del suo show sarà
presente la grande Franca Valeri.. Naturalmente per rendere minimamente
plausibile tutto ciò sono state effettuate modifiche al libretto, aggiungendo dialoghi
utili agli eventi qui creati, ed abbiamo udito anche la sigla televisiva degli
anni d’oro Rai eseguita al forte-piano da Roberto Loreggian. Inoltre, all'apertura abbiamo potuto ammirare il vecchio logo Rai che introduceva le trasmissioni del giorno e la pausa tra gli atti ci ha riportato sul megaschermo l’ originale intervallo in
bianco e nero con le docili pecorelle che affollavano il video…
La storia d’amore tra
Il conte/Lindoro e Rosina all’inizio è solo un copione che la Diva capricciosa
sta imparando e di cui ricorda a fatica le battute, prontamente redarguita dall’inflessibile
produttore Bartolo. In tale clima la meravigliosa serenata alla chitarra di
Lindoro è in un primo momento sostituita dall’incipit di ‘Smoke on the water’
dei Deep Purple, poi fortunatamente eseguita regolarmente. Ad un certo punto
sarebbe stato davvero difficile ricondurre la narrazione al finale
prestabilito, sicché ritroviamo i due ‘divi’ innamorati persi anche nella vita
reale che la fanno in barba al produttore smanioso di sposare la sua artista
preferita, grazie all’aiuto di Figaro come sappiamo.
Infine, per tutta la rappresentazione siamo stati accompagnati da una figura misteriosa in abito settecentesco che, seduto alla sua seggiola fuori scena accanto ad un televisore acceso sul pavimento, oppure agendo silente in scena, rappresenterebbe il compositore intento a prendere appunti e a fare da supervisore/regista a tutto ciò che accade. Francamente non vediamo lo scopo di tale aggiunta.
In tutto questo la
straordinaria partitura del Maestro pesarese è parsa quasi mortificata,
costretta a piegarsi accompagnando moti ed eventi che non le appartenevano. Difatti i dolci
languori e le trovate geniali sono stati sostituiti dai capricci e dalle trame che si ordiscono da
sempre negli ambienti televisivi.
Certamente si
riconosce fantasia e coraggio nel mettere in scena uno spettacolo così diverso
dal solito, e non siamo nuovi a trasposizioni nel futuro dei più grandi
capolavori del passato. Probabilmente però tante idee e spunti qui presentati
potevano essere gestiti in maniera diversa per una maggiore coerenza d'insieme.
Doppiamente bravo il
cast dei protagonisti che è riuscito a cogliere
comunque lo spirito dei nuovi personaggi e ad adattarlo all’interpretazione
vocale.
Rosina è una femme fatale, dalla personalità forte e
capricciosa, che cerca di sfondare nel mondo dello spettacolo e si tiene in
forma praticando esercizi alla sbarra insieme al corpo di ballo ingaggiato
dalla produzione televisiva. Bravissima Laura Polverelli ad intendere il
carattere della diva e far suo il personaggio con grinta e personalità. La sua
voce sicura ed agile ci regala ‘Una voce poco fa’ frizzante e precisa, così
come risulta essere ogni volta che appare in scena.
Matteo Macchioni impersona Il Conte d’Almaviva. La sua è una voce
leggera che a tratti subisce l’orchestra, ma ha carattere, personalità e
intonazione dalla sua parte che lo fanno brillare nel ruolo del conte-showman.
Fantastico il Barbiere interpretato da Nicola Alaimo. Nonostante il suo
ruolo sia stato un po’ mortificato da questa messa in scena, la sua forza
interpretativa, il suo porsi sulla scena e la sua voce enorme ne hanno
consacrato una interpretazione maiuscola.
Grande mattatore della serata il Don Bartolo di Paolo
Bordogna. La scena è completamente sotto il suo dominio, il produttore
televisivo è qui degnamente impersonato grazie a doti attoriali perfette per
come è stato concepito il personaggio, che può contare su una voce bruna che si
apre anche verso l’acuto e che offre corpo e volume.
Bene anche il Don Basilio di Riccardo Zanellato che si inserisce
con buono spirito nell’affiatato cast ed esegue con successo la sua aria della
calunnia.
Ottima la Berta di una spumeggiante Giovanna Donadini, che in questo spettacolo
cerca di imitare le ‘mosse’ delle grandi dive, sognando anche di interpretare
un film muto, puntualmente ragalatoci dal regista, con tanto di sottotitoli come
si usava a suo tempo. Infine Fiorello è un corretto e spigliato Donato di Gioia.
Ombre sulla direzione orchestrale di Gianluca Marciano'. Se questa
rappresentazione doveva essere sostenuta da un accompagnamento ancor più brioso
e spumeggiante del solito, l’orchestra ci è sembrata spenta e fiacca, quasi
impotente di fronte all’incalzare degli eventi.
Il coro è stato diretto da Dino Zambello.
Con la sala piena per questa inaugurazione, il
pubblico ha premiato principalmente gli interpreti, che hanno raccolto il
meritato successo.
Maria Teresa Giovagnoli
LA PRODUZIONE
Maestro concertatore
e direttore d’orchestra Gianluca Marciano'
Regia Francesco
Esposito
Scene Tommaso
Lagattolla
Assistente alla Scenografia Emanuele Sinisi
coreografie Gabriella Furlani Malvezzi
GLI INTERPRETI
Il Conte
d'Almaviva Matteo Macchioni
Don Bartolo Paolo Bordogna
Rosina Laura Polverelli
Figaro Nicola Alaimo
Don Basilio Riccardo Zanellato
Fiorello Donato
di Gioia
Berta Giovanna
Donadini
Coro città di Padova diretto da Dino Zambello
Orchestra di Padova e del Veneto
Corpo di ballo: Padova Danza (Flavio Papini, Niccolò Nanti,
Enrico Vignato, Maria Cusinato, Giulia Hornbostel, Silvia Bertoli)
coproduzione tra i Teatri di Padova e Bassano
Foto
Giuliano Ghiraldini