LE COMTE
C'est moi: c'est soeur Colette.
Seule, et dans cette chambre où je ne peux dormir,
Tout me trouble, et tout m'inquiète.
J'ai peur... permettez-moi... près de vous... de venir.
Seule, et dans cette chambre où je ne peux dormir,
Tout me trouble, et tout m'inquiète.
J'ai peur... permettez-moi... près de vous... de venir.
Sulla
genesi compositiva de Le Comte Ory si potrebbero scrivere tomi di libri,
talmente travagliata e complessa è stata la sua nascita.
Anche
qui, come nell'Assedio di Corinto o nel Mosè, dietro c'è tanta musica nata per
un libretto italiano: la cantata scenica del 1825 Il viaggio a Reims, che
ricordiamo con i televisori e le vasche da bagno nel memorabile allestimento di
Luca Ronconi; Gae Aulenti e Claudio Abbado al Rossini Opera Festival di Pesaro
nel 1984. Per una forma di sublime chiaroveggenza della pigrizia, Rossini sa
che la musica del Viaggio è troppo bella per morire in poche repliche insieme
ad un atto unico di tre ore, con un cast sterminato quanto irripetibile e un
libretto un po' sgangherato legato ad un'occasione unica come l'incoronazione
del truce Carlo X.
Decide
così di rifonderla nel nascente Comte Ory: una scoppiettante opera giocosa
destinata nientemeno che all'Opèra, deriva da qui quindi un rapporto tra testo
e note che è una perversa via di mezzo tra un patchwork, una parodia e un
palinsesto medievale, usando una griglia drammaturgica e metrica che gli consenta
di riutilizzare più pezzi possibili del Viaggio a Reims, rabberciando nuovi
versi francesi sulla falsariga di quelli italiani.
Il
risultato alla fine sarà che il testo sulla partitura di Rossini è un'altra
cosa rispetto a quello composto dal librettista Scribe che infatti, offeso,
ritira il proprio nome dal frontespizio a stampa accordandogli la firma solo
trent'anni dopo a forza di ‘soldoni’, pacche sulle auliche spalle e
ringraziamenti di circostanza.
L'allestimento
visto al Teatro alla Scala, proveniente con grande successo e altro cast
dall'Opéra Nationale de Lyon e qui ripreso da Christian Rath, ha
corrisposto in pieno all'idea del melodramma giocoso insito nell'opera di
Rossini.
Il
regista Laurent Pelly, a mio avviso uno dei più talentuosi di questa
generazione, firma anche scene e costumi
e concepisce una messa in scena dove tutto ruota attorno ad un Comte Ory visto
come un giovane frivolo, degenerato, un figlio di papà che sciupa la sua
fortuna saltando addosso a tutto ciò che di femminile si muove e respira, non
risparmiandosi sui mezzi e perennemente incalzato da un Gouverneur
precettore\complice. Siamo in un paesino della profonda e annoiata provincia
francese dei nostri giorni e la Comtesse Adèle non è più la pia castellana di
Scribe ma una giovinetta un po' scema di quella ricca borghesia di provincia
alla quale basta dare il la per far scoppiare la sua voglia di vita assopita
nell'attesa di un marito sodato in Afganistan.
Ed ecco
che il famosissimo trio della scena decima del secondo atto si trasforma da un
castissimo parlour di doppi sensi in uno scatenato menage a trois sessuale
esplicito, dove la casta contessina viene posseduta in contemporanea e con suo
grande giubilo da Ory e Isolier.
Si sa,
per il compassato e cotonato pubblico della Scala, questo può essere troppo e
le contestazioni non si sono fatte mancare all'indirizzo di una messa in scena
comunque mai volgare né scontata.
A
sostituire l'atteso e divino divo Juan Diego Florez, recentemente spesso
cagionevole di salute, è stato chiamato per tutte le successive recite il
tenore sudafricano Colin Lee, il quale si trova a suo agio perfetto nei panni del
Comte Ory riuscendo a non far rimpiangere al pubblico afflitto e contrito la
dipartita improvvisa del succitato divo.
Ha voce
robusta per il ruolo, per nulla nasale o coperta da falsettoni improponibili,
si spende senza parsimonia anche scenicamente, nonostante qualche
incomprensione nella dizione francese o qualche scivolata nel fraseggio non
sempre perfetto, porta a casa una recita decisamente convincente, segno di
maturità professionale e artistica di alto livello.
Roberto
Tagliavini è un Gouverneur algido nella voce, peraltro precisa e molto
chiara, che affronta la sua ostica aria “veiller sans cesse” con precisione, eleganza
e potenza di fiato; se solo riuscisse ad essere scenicamente più rilassato, il
risultato sarebbe stupefacente.
Jose
Maria Lo Monaco dà corpo al paggio Isolier con una verve ed una
spigliatezza encomiabili, da consumata attrice. La voce non è robustissima, ma
cavalca senza la minima difficoltà le puntature acute non proprio comode della
sua parte, adeguandole ad un fraseggio da manuale.
La
Comtesse Adele era Aleksandra Kurzak, la quale, dall'ultimo nostro ascolto come
Juliette all'Arena di Verona lo scorso anno, ha irrobustito notevolmente la
voce a scapito di tenuta e difficoltà nel settore più acuto della parte. Anche
lei è bravissima nell'assecondare le richieste di Pelly e si spende senza
risparmio nel portare a termine una recita musicalmente per lei un tantino difficoltosa.
Che dire
di Marina
De Liso come Ragonde? Che è di una bravura encomiabile. Una vera
fuoriclasse nel suo genere, per nulla scontata e credibilissima sia vocalmente
che scenicamente. Brava!
Sprecata
nel piccolo ruolo di Alice la voce preparata e importante di Rosanna
Savoia, che ci auguriamo di sentire ben presto in altri ruoli più
impegnativi.
Corretti
il Manfroy di Michele Mauro, il Gerard di Massimiliano Difino, il Raimbaud
di Stéphane Degout e i cinque Coryphée Maria Blasi, Marzia
Castellini, Massimiliano Difino, Emidio Guidotti e Devis Longo
Deludente
e inaspettata la prova della concertazione di Donato Renzetti a capo di
una svogliatissima e annoiata orchestra del Teatro alla Scala.
Dal
navigato Maestro abruzzese, che più volte in passato ha affrontato la partitura
del Comte Ory con altri più lusinghieri risultati, ci saremmo aspettati un
brio, una verve e un impianto decisamente più incisivi per una partitura del
genere che fonda il suo stesso essere su di un gesto vigoroso e preciso come un
orologio svizzero.
Tale non
è stato purtroppo e oltre agli imbarazzanti scollamenti tra buca e orchestra
nelle parti corali del primo atto, non abbiamo colto una particolare
propensione nell'accompagnare la compagnia di canto verso un risultato
ottimale, tendendo piuttosto a portare a termine mollemente la serata senza
ulteriori danni.
Ottimo il
coro del Teatro alla Scala preparato con precisione da Bruno Casoni.
Successo
vivissimo per tutti i cantanti, qualche contestazione per Renzetti da parte di
un pubblico attento e numeroso.
Pierluigi Guadagni
LA
PRODUZIONE
Direttore
Donato Renzetti
Regia,
scene
e costumi Laurent
Pelly
Luci Jöel Adam
GLI
INTERPRETI
Le
Comte Ory Colin Lee
Le
Gouverneur Roberto Tagliavini
Isolier José
Maria Lo Monaco
Raimbaud Stéphane
Degout
La Comtesse
de
Formoutier Aleksandra Kurzak
Ragonde Marina De Liso
Alice Rosanna Savoia
Nuova
produzione Teatro alla Scala
In coproduzione con Opéra National de Lyon
In coproduzione con Opéra National de Lyon