sabato 24 gennaio 2015

DO RE MI…..PRESENTO – intervista a Leonora Armellini.

Foto Irene Fanizza

Quando si incontra un’artista così giovane non si può fare a meno di pensare di trovarsi di fronte ad un talento straordinario considerando gli obiettivi che a soli ventitre anni ha già raggiunto: citiamo per esempio il primo premio assoluto al Concorso "Muzio Clementi" e il Premio "J.S.Bach" della città di Sestri Levante, il "Premio Venezia" nel 2005, il primo premio al Concorso Pianistico Internazionale "Camillo Togni " di Brescia-Gussago nel 2009,  il "Premio Janina Nawrocka" per la "straordinaria musicalità e la bellezza del suono" al Concorso Pianistico Internazionale “F. Chopin” di Varsavia nel 2010, il “XXXII Premio Abbiati” dedicato a "Piero Farulli" al Trio AMAR - Leonora Armellini, Laura Marzadori e Ludovico Armellini (Pianoforte, Violino e violoncello), per non parlare dell’onore di aver ricevuto dal Maestro Zubin Mehta nel 2013 a Firenze il Premio Internazionale Galileo 2000 per il "grande coraggio e talento musicale". Ci domandiamo allora come è la vita di questa giovanissima donna dai mille impegni e ne riceviamo risposte dettagliate, intelligenti e che denotano una persona molto più matura della sua età, solare, gentile ed anche molto disponibile.


Cominciamo con una domanda classica: cosa ti ha portata a diventare una musicista?
Sicuramente l’ambiente in cui sono nata e cresciuta ha avuto un ruolo fondamentale. I miei genitori sono entrambi musicisti e li ho sempre sentiti suonare, provare, fare lezioni... Ho vissuto nella musica fin da subito, e quindi ho voluto iniziare a suonare anch’io.

Cosa avresti fatto se non avessi scelto questa carriera?
Avrei sicuramente fatto l’università (mi hanno sempre interessato particolarmente Filosofia, Lettere classiche o Lingue). Mi sarebbe piaciuto anche lavorare con gli animali, per esempio in un canile o come educatrice cinofila. Oppure avrei cercato un altro tipo di impiego nel mondo della musica.

Come ci si sente ad essere così giovane e già tanto affermata e vincitrice di importanti premi?
Sicuramente è una bella sensazione, è sempre bello raggiungere degli obiettivi per cui si ha lavorato duramente. Ma non mi piace sentirmi arrivata, cerco di vivere tutto con semplicità e con normalità. Montarmi la testa e vantarmi dei successi ottenuti non fanno parte del mio carattere.

                                          Foto Irene Fanizza

I ricordi più cari e i momenti che ti danno maggiore soddisfazione?
Il ricordo che conservo con più affetto è il mese che ho passato a Varsavia durante il concorso Chopin (ottobre 2010). E’ stato un periodo emozionante, ricco di avvenimenti, nuove esperienze e cambiamenti; sono tornata a casa diversa, più matura e consapevole.

Quali sono i compositori che maggiormente senti nelle tue corde?
Chopin, sicuramente. E’ l’autore che ho approfondito di più, con maestri molto preparati e anche tramite diverse letture, cercando di comprendere a fondo la sua personalità, la sua vita, il suo ambiente, e conoscendo più in profondità le tradizioni e la storia del suo paese, la Polonia.

Come affronti una nuova partitura?
Prima la ascolto, cercando esecuzioni di pianisti diversi per non farmi condizionare in partenza, poi provo a darle una prima lettura, e piano piano inizio a prendere confidenza con la sua tecnica e le sue difficoltà, cercando comunque di non trascurare l’aspetto interpretativo fin da subito. In genere rifletto sull’autore e su cosa c’è intorno alla composizione di quel determinato brano, e poi inizio a lavorare più approfonditamente sull’esecuzione e sulla sua interpretazione, ovviamente seguendo e facendo miei i preziosi consigli del mio maestro.

                                                     Foto Irene Fanizza

E’ sempre facile trovare un buon feeling con i diversi partner con cui si suona?
Non sempre. La musica da camera o il lavoro a fianco di orchestre e direttori è un complesso intreccio di diverse personalità musicali, stili, idee interpretative e caratteri. Come in tutti i rapporti umani ci vuole un buon feeling anche al di fuori della musica, fondamentale è trovare una buona intesa personale. Mi piace tantissimo fare musica con amici, con persone a cui voglio bene; in questo modo si riesce a creare un’atmosfera molto positiva in cui le prove sono produttive e stimolanti e le pause sono momenti piacevoli passati in compagnia. Dal punto di vista musicale, alle volte non è semplice trovare un buon punto d’incontro, specialmente quando si hanno visioni diverse su quello che si suona, ma basta essere disposti a parlarne, ragionarci su, ed eventualmente rivedere le proprie idee.

Come si concilia un mestiere “frenetico” come il tuo con la vita privata? La tua giornata ‘tipo’?
Ci vuole tanta organizzazione, alle volte può essere complicato ma ci riesco quasi sempre. Bisogna essere consapevoli del fatto che non si può fare sempre ciò che si vuole quando si vuole, ma ci si deve regolare in base agli impegni e alle necessità dello studio. Comunque non è una cosa difficile da accettare, avendo scelto consapevolmente di percorrere questa strada, anche perché il tempo libero si riesce a trovare sempre! Periodi più impegnativi si alternano con periodi più tranquilli, quindi alla fine non rinuncio a nulla. La mia giornata tipo fortunatamente non esiste, ogni giorno può succedere qualcosa di diverso, ma diciamo che se sono a casa e non ho nulla di particolare da fare suono, passo del tempo con la mia famiglia e i miei amici, porto fuori Dollaro, il mio cagnolino, e seguo qualche programma tv, leggo blog su internet, mi informo su argomenti che mi interessano, aggiorno Facebook…

Hai tempo di dedicarti a degli hobby, come il cinema, la lettura o qualcos’altro di particolare che ti appassiona in modo specifico?
Certamente! In certi periodi ho più tempo, in altri di meno, ma cerco di non rinunciare alle cose che mi piacciono. Amo cucinare, stare con gli animali (in particolare sono appassionata di cinofilia), fare shopping e passeggiare nella mia bellissima Padova, passare del tempo all’aria aperta in campagna o sui colli, a tratti cerco di imparare tedesco, polacco e spagnolo, leggo e seguo alcune serie tv.


                                          Foto Irene Fanizza

I tuoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Adoro le interpretazioni di Artur Rubinstein, Claudio Arrau, Martha Argerich e Lilya Zilberstein, ma in generale ammiro molto tutti i musicisti che hanno qualcosa di diverso e personale da trasmettere.

Cosa fai poco prima di salire sul palcoscenico?
Mi concentro, ripasso mentalmente la memoria in punti che potrebbero darmi difficoltà, muovo dita, mani e braccia per riscaldare i muscoli prima di cominciare, e se con me dietro il palcoscenico c’è anche mia mamma, ci diciamo delle frasi “scaramantiche”, che ovviamente non rivelo a nessuno, ma che mi danno sempre un po’ di tranquillità.

Come vivi il rapporto con il pubblico?
Domanda complessa. E’ sempre un’incognita, non so mai chi c’è tra le persone che mi ascolteranno, ma sicuramente l’energia dell’applauso dopo il primo pezzo del concerto è sempre determinante per farmi stare più tranquilla. In generale trovo che la buona riuscita del concerto sia un gioco a due tra il musicista e gli ascoltatori. Cerco sempre di trovare idealmente un’intesa con chi mi ascolta, e voler bene al mio pubblico è fondamentale per trasmettere emozioni e fare in modo che l’esperienza del concerto lasci qualcosa di bello in chi ha partecipato.

Due parole sul momento che attraversa il settore della musica classica?
Certamente la situazione economica è il problema più grosso, ci sono pochi soldi per organizzare e sostenere i vari costi di una stagione concertistica, e molte associazioni stanno attraversando un brutto periodo. Ammiro però moltissimo chi, nonostante questo, riesce a portare avanti i propri progetti; bisogna avere pazienza, affrontare le difficoltà ed essere fiduciosi. Spesso mi chiedono se la musica classica sta morendo, e questa domanda mi mette sempre molta tristezza. Sono convinta che finché c’è chi fa musica, chi la ascolta, chi organizza concerti si può andare avanti, e col tempo si supereranno le difficoltà. Spesso mi dicono anche che sono troppo ottimista, ma in questa situazione preferisco esserlo.

Cosa ti aspetti dalla tua vita in futuro sia nel privato che nel lavoro?
Dal punto di vista musicale, spero di maturare sempre e non fermarmi mai, di continuare a studiare e di fare sempre più esperienze. Spero che l’aumentare degli impegni non mi impedisca di conciliare la musica con la mia vita privata; vorrei avere lo spazio di realizzarmi anche dal punto di vista umano e personale, lavorando su di me e sul mio carattere e dedicando sempre del tempo ai miei affetti, alle mie amicizie e a me stessa.
Con l’augurio che i suoi progetti si realizzino ringraziamo Leonora e le facciamo un grande in bocca al lupo per i suoi impegni futuri e che porti sempre alta la bandiera dell’arte italiana nel mondo!

Maria Teresa Giovagnoli