Foto Irene Fanizza
Quando si incontra un’artista
così giovane non si può fare a meno di pensare di trovarsi di fronte ad un
talento straordinario considerando gli obiettivi che a soli ventitre anni ha
già raggiunto: citiamo per esempio il primo
premio assoluto al Concorso "Muzio Clementi" e il Premio
"J.S.Bach" della città di
Sestri Levante, il "Premio Venezia" nel 2005, il primo
premio al Concorso Pianistico Internazionale "Camillo Togni " di
Brescia-Gussago nel 2009, il "Premio
Janina Nawrocka" per la "straordinaria musicalità e la bellezza
del suono" al Concorso Pianistico Internazionale “F. Chopin” di
Varsavia nel 2010, il “XXXII Premio Abbiati” dedicato a "Piero
Farulli" al Trio AMAR - Leonora Armellini, Laura Marzadori e
Ludovico Armellini (Pianoforte, Violino e violoncello), per non parlare
dell’onore di aver ricevuto dal Maestro Zubin Mehta nel 2013 a Firenze il Premio
Internazionale Galileo 2000 per il "grande coraggio e talento
musicale". Ci domandiamo allora come è la vita di questa giovanissima
donna dai mille impegni e ne riceviamo risposte dettagliate, intelligenti e che
denotano una persona molto più matura della sua età, solare, gentile ed anche molto
disponibile.
Cominciamo con una domanda classica: cosa ti ha portata a
diventare una musicista?
Sicuramente l’ambiente in
cui sono nata e cresciuta ha avuto un ruolo fondamentale. I miei genitori sono
entrambi musicisti e li ho sempre sentiti suonare, provare, fare lezioni... Ho
vissuto nella musica fin da subito, e quindi ho voluto iniziare a suonare
anch’io.
Cosa avresti fatto se non avessi scelto questa carriera?
Avrei sicuramente fatto
l’università (mi hanno sempre interessato particolarmente Filosofia, Lettere
classiche o Lingue). Mi sarebbe piaciuto anche lavorare con gli animali, per
esempio in un canile o come educatrice cinofila. Oppure avrei cercato un altro tipo
di impiego nel mondo della musica.
Come ci si sente ad essere così giovane e già tanto affermata
e vincitrice di importanti premi?
Sicuramente è una bella
sensazione, è sempre bello raggiungere degli obiettivi per cui si ha lavorato
duramente. Ma non mi piace sentirmi arrivata, cerco di vivere tutto con
semplicità e con normalità. Montarmi la testa e vantarmi dei successi ottenuti
non fanno parte del mio carattere.
Foto Irene Fanizza
I ricordi più cari e i momenti che ti danno maggiore
soddisfazione?
Il ricordo che conservo con
più affetto è il mese che ho passato a Varsavia durante il concorso Chopin (ottobre 2010). E’ stato un periodo emozionante,
ricco di avvenimenti, nuove esperienze e cambiamenti; sono tornata a casa
diversa, più matura e consapevole.
Quali sono i compositori che maggiormente senti nelle tue
corde?
Chopin, sicuramente. E’
l’autore che ho approfondito di più, con maestri molto preparati e anche tramite
diverse letture, cercando di comprendere a fondo la sua personalità, la sua
vita, il suo ambiente, e conoscendo più in profondità le tradizioni e la storia
del suo paese, la Polonia.
Come affronti una nuova partitura?
Prima la ascolto, cercando
esecuzioni di pianisti diversi per non farmi condizionare in partenza, poi
provo a darle una prima lettura, e piano piano inizio a prendere confidenza con
la sua tecnica e le sue difficoltà, cercando comunque di non trascurare
l’aspetto interpretativo fin da subito. In genere rifletto sull’autore e su
cosa c’è intorno alla composizione di quel determinato brano, e poi inizio a
lavorare più approfonditamente sull’esecuzione e sulla sua interpretazione,
ovviamente seguendo e facendo miei i preziosi consigli del mio maestro.
Foto Irene Fanizza
E’ sempre facile trovare un buon feeling con i diversi
partner con cui si suona?
Non sempre. La musica da
camera o il lavoro a fianco di orchestre e direttori è un complesso intreccio
di diverse personalità musicali, stili, idee interpretative e caratteri. Come in
tutti i rapporti umani ci vuole un buon feeling anche al di fuori della musica,
fondamentale è trovare una buona intesa personale. Mi piace tantissimo fare
musica con amici, con persone a cui voglio bene; in questo modo si riesce a creare
un’atmosfera molto positiva in cui le prove sono produttive e stimolanti e le
pause sono momenti piacevoli passati in compagnia. Dal punto di vista musicale,
alle volte non è semplice trovare un buon punto d’incontro, specialmente quando
si hanno visioni diverse su quello che si suona, ma basta essere disposti a
parlarne, ragionarci su, ed eventualmente rivedere le proprie idee.
Come si concilia un mestiere “frenetico” come il tuo con la
vita privata? La tua giornata ‘tipo’?
Ci vuole tanta
organizzazione, alle volte può essere complicato ma ci riesco quasi sempre.
Bisogna essere consapevoli del fatto che non si può fare sempre ciò che si
vuole quando si vuole, ma ci si deve regolare in base agli impegni e alle
necessità dello studio. Comunque non è una cosa difficile da accettare, avendo
scelto consapevolmente di percorrere questa strada, anche perché il tempo
libero si riesce a trovare sempre! Periodi più impegnativi si alternano con periodi
più tranquilli, quindi alla fine non rinuncio a nulla. La mia giornata tipo
fortunatamente non esiste, ogni giorno può succedere qualcosa di diverso, ma
diciamo che se sono a casa e non ho nulla di particolare da fare suono, passo
del tempo con la mia famiglia e i miei amici, porto fuori Dollaro, il mio
cagnolino, e seguo qualche programma tv, leggo blog su internet, mi informo su
argomenti che mi interessano, aggiorno Facebook…
Hai tempo di dedicarti a degli hobby, come il cinema, la
lettura o qualcos’altro di particolare che ti appassiona in modo specifico?
Certamente! In certi periodi
ho più tempo, in altri di meno, ma cerco di non rinunciare alle cose che mi
piacciono. Amo cucinare, stare con gli animali (in particolare sono
appassionata di cinofilia), fare shopping e passeggiare nella mia bellissima
Padova, passare del tempo all’aria aperta in campagna o sui colli, a tratti cerco
di imparare tedesco, polacco e spagnolo, leggo e seguo alcune serie tv.
Foto Irene Fanizza
I tuoi colleghi preferiti del passato e del presente?
Adoro le interpretazioni di
Artur Rubinstein, Claudio Arrau, Martha Argerich e Lilya Zilberstein, ma in
generale ammiro molto tutti i musicisti che hanno qualcosa di diverso e
personale da trasmettere.
Cosa fai poco prima di salire sul palcoscenico?
Mi concentro, ripasso
mentalmente la memoria in punti che potrebbero darmi difficoltà, muovo dita,
mani e braccia per riscaldare i muscoli prima di cominciare, e se con me dietro
il palcoscenico c’è anche mia mamma, ci diciamo delle frasi “scaramantiche”,
che ovviamente non rivelo a nessuno, ma che mi danno sempre un po’ di tranquillità.
Come vivi il rapporto con il pubblico?
Domanda complessa. E’ sempre
un’incognita, non so mai chi c’è tra le persone che mi ascolteranno, ma
sicuramente l’energia dell’applauso dopo il primo pezzo del concerto è sempre
determinante per farmi stare più tranquilla. In generale trovo che la buona
riuscita del concerto sia un gioco a due tra il musicista e gli ascoltatori.
Cerco sempre di trovare idealmente un’intesa con chi mi ascolta, e voler bene
al mio pubblico è fondamentale per trasmettere emozioni e fare in modo che
l’esperienza del concerto lasci qualcosa di bello in chi ha partecipato.
Due parole sul momento che attraversa il settore della musica
classica?
Certamente la situazione
economica è il problema più grosso, ci sono pochi soldi per organizzare e
sostenere i vari costi di una stagione concertistica, e molte associazioni
stanno attraversando un brutto periodo. Ammiro però moltissimo chi, nonostante
questo, riesce a portare avanti i propri progetti; bisogna avere pazienza,
affrontare le difficoltà ed essere fiduciosi. Spesso mi chiedono se la musica
classica sta morendo, e questa domanda mi mette sempre molta tristezza. Sono
convinta che finché c’è chi fa musica, chi la ascolta, chi organizza concerti si può andare avanti, e col tempo si
supereranno le difficoltà. Spesso mi dicono anche che sono troppo ottimista, ma
in questa situazione preferisco esserlo.
Cosa ti aspetti dalla tua vita in futuro sia nel privato che
nel lavoro?
Dal punto di vista musicale,
spero di maturare sempre e non fermarmi mai, di continuare a studiare e di fare
sempre più esperienze. Spero che l’aumentare degli impegni non mi impedisca di
conciliare la musica con la mia vita privata; vorrei avere lo spazio di
realizzarmi anche dal punto di vista umano e personale, lavorando su di me e
sul mio carattere e dedicando sempre del tempo ai miei affetti, alle mie amicizie
e a me stessa.
Con l’augurio che i suoi
progetti si realizzino ringraziamo Leonora e le facciamo un grande in bocca al
lupo per i suoi impegni futuri e che porti sempre alta la bandiera dell’arte
italiana nel mondo!
Maria Teresa Giovagnoli