Come è noto il Teatro
alla Scala ebbe la fortuna di veder rappresentato l’ultimo capolavoro
pucciniano nel lontano 1926, due anni dopo la morte del compositore stesso,
grazie al lavoro di Franco Alfano che ne completò la partitura. Colui che ne ispirò
le vicende, il veneziano Carlo Gozzi, inserì un simbolo che richiamasse la Repubblica di
Venezia in uno dei tre enigmi: ‘il Leone’, insieme al ‘Sole’e all’Anno’. Qui invece
il principe ignoto è portato a svelare i tre punti focali del dramma: ‘la
Speranza’, che ‘Ogni notte nasce ed ogni giorno muore’; il ‘Sangue’, che tanto
viene versato in quest’opera; e naturalmente il nome stesso della
protagonista: ‘Turandot’.
Un’altra grande
produzione firmata Franco Zeffirelli che il festival dell’Arena di Verona
ripropone quest’anno. Il regista
stupisce con una imponente scenografia che viene svelata man mano che la
matassa delle vicende si dipana. La struttura portante è costituita da una base
lignea formata da panche di varia altezza, che rappresentano l’esterno della
città e su cui il coro e le innumerevoli comparse si posizionano di volta in
volta. Ai lati due torri che segnano i confini della città proibita, le cui
mura sono simboleggiate da pannelli colorati con dipinti dei draghi che
guizzano su onde marine. Questi si aprono soltanto nella seconda scena del
secondo atto, svelando un piazzale del palazzo reale ricchissimo e sfavillante,
dove il color oro è gran protagonista, e celebrato da un grande applauso del
pubblico che ne testimonia il notevole impatto visivo. Di eccezionale ricchezza
nei colori e nella fattura sono i costumi di Emi Wada, che impreziosiscono una produzione degna dei
migliori set cinematografici.
Il cast che ha dato
vita al dramma ivi rappresentato è certamente degno del ruolo. L’algida
principessa Turandot, il soprano Lise Lindstrom,
fa
il suo ingresso sul palco dalla torre posta a destra della scena, immersa in un
fascio di luce intenso, quasi a sottolinearne la lontananza con tutti gli altri
esseri viventi. Con la sua presenza scenica, la cantante americana riesce a
dare corpo ad un personaggio altero, dal fare regale come il ruolo richiede, con
una voce chiara, che ben sostiene le note acute, e da un volume tale da non
temere gli spazi ampi dell’anfiteatro. Intensa è l’esecuzione dell’aria ‘In
questa reggia’, e nello spiegare le regole della prova al temerario Calaf si
infiamma nel proclamare che ‘La morte è una’, ma le fa immediata eco la sua
risposta ‘Gli enigmi sono tre, una è la vita’. Applausi al termine dell’aria
ben meritati.
Calaf, Carlo Ventre, ha dimostrato le sue doti
vocali ed interpretative non solo nella celeberrima ‘Nessun dorma’, lungamente
applaudita dal pubblico presente, ma anche sin dalla sua ‘Non piangere Liù’, eseguita
con fermezza ed intensità vocale, ed ancora ha esibito grande forza
interpretativa nell’esclamare ‘Turandot!
Turandot! Turandot!’, accettando la sfida nel primo atto.
Lungamente applaudita anche Maria Agresta, che ha saputo dar vita
ad una travolgente Liù, scuotendo il pubblico nella sua interpretazione di ‘Signore,
ascolta!’, in cui le
parole ‘Liù non regge più! Ah pietà!’ sono cantate con una grazia e precisione, e a cui si aggiungono Calaf e Timur in un canto davvero molto
sentito. Ha commosso in ‘Tu, che di gel sei
cinta’, meritando ovazioni alla sua uscita di scena. La sua voce è corposa, ben
definita, sa ben modulare le note più forti con i pianissimo che non sono mai
coperti dall’orchestra.
Timur è un
convincente Giorgio Giuseppini, che
ci ha regalato un’ intensa interpretazione del padre angosciato per le sorti
del figlio coraggioso, nonché bei momenti nei duetti con Calaf e Liù per tutta
la rappresentazione.
Brillante
anche Carlo Bosi nel ruolo dell’Imperatore Altoum,
austero nel ruolo ed efficace vocalmente.
Si sono
fatti notare positivamente, tra gli altri, anche Vincenzo Taormina, Paolo Antognetti, e Saverio Fiore, rispettivamente nei
ruoli di Ping, Pong, e Pang, coadiuvati da coloratissimi costumi e dotati di buona
presenza scenica.
Il coro diretto da Armando Tasso è
gran protagonista in questa opera, e ben si è comportato l’ensemble corale dell’Arena,
donando ora giusto pathos nei momenti drammatici, ora intenso giubilo nella
gloria del lieto finale.
L’orchestra è in mani
sicure sotto la direzione del Maestro Andrea Battistoni. Il direttore veronese ha
dimostrato di conoscere profondamente la partitura e ha tenuto brillantemente sotto
controllo il notevole organico di musicisti, con un gesto secco, preciso e
fluido ove occorreva. Come sempre ha vissuto intensamente quanto accadeva in
scena, permettendo alla musica di fondersi col canto degli artisti in un
effetto sorprendente, nota dopo nota. Una direzione dunque sentita e
coinvolgente, tanto quanto l’interpretazione degli artisti sul palco. Tante le ovazioni
in segno di stima da parte di tutti.
Nastri colorati sventolati dalle comparse e dal coro compiacciono un
pubblico soddisfatto al termine della rappresentazione. Un altro tassello
vincente nel mosaico di questo Festival lirico 2012.
LA
PRODUZIONE
Direttore
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Andrea Battistoni
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Regia e scene
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Franco Zeffirelli
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Costumi
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Emi Wada
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Movimenti coreografici
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Maria Grazia Garofoli
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Lighting designer
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Paolo Mazzon
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Coro voci bianche
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A.Li.Ve.
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Direttore voci bianche
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Paolo Facincani
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GLI INTERPRETI
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Turandot
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Lise Lindstrom
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Altoum
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Carlo Bosi
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Timur
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Giorgio Giuseppini
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Calaf
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Carlo Ventre
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Liù
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Maria Agresta
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Ping
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Vincenzo Taormina
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Pong
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Paolo Antognetti
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Pang
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Saverio Fiore
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Un mandarino
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Nicolo' Ceriani
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Il principe di Persia
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Cristiano Olivieri
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ORCHESTRA E CORO DELL’ARENA DI VERONA