‘Canto
perché amo cantare…’.
Non c’è frase più
azzeccata per comprendere una persona davvero speciale che ha conquistato e
conquista continuamente il cuore di centinaia di persone ogni volta che sale su
di un palcoscenico. Silvia Dalla Benetta, soprano vicentino, è una delle più
apprezzate cantati d’Opera che il nostro paese possa vantare in tutto il mondo attualmente.
Reduce dai successi di Traviata a Torre del Lago e precedentemente a Firenze, ci concede il suo tempo tra un impegno e l’altro della sua vita
più che frenetica, come capita spesso ad artisti del suo calibro. È in grado di
mettere subito a proprio agio l’interlocutore con cui si trova, è una persona
davvero genuina e spontanea, come se ne trovano gran poche al giorno d’oggi. In
un’atmosfera molto amichevole risponde con scioltezza a tutte le domande con
spontaneità e semplicità, sempre ricca di particolari e molto serenamente,
anche tra una risata e l’altra, a seconda dell’argomento trattato.
Come
definiresti la tua voce? Ho sempre cercato di seguirne la
naturale evoluzione. Dagli inizi come soprano leggero lirico di coloratura, e
poi col tempo e l’esperienza, sempre senza andare controcorrente, offrendo al
mio strumento i personaggi giusti a seconda di quello che esso man mano
le chiedeva, partendo per esempio dalle varie ‘Norina’ o ‘Adina’, anche
a costo di dover rinunciare a dei ruoli molto appetibili, che comunque sono
arrivati più avanti. Con gli anni ha preso più corpo, spostandosi verso il
drammatico di agilità, debuttando in opere come ‘I Lombardi alla Prima
Crociata’, ‘Il Corsaro’, piuttosto
che ‘Butterfly’, o ‘Norma’. Però ‘Traviata’ c’è sempre stata, ed ha avuto anch’essa la sua evoluzione
di pari passo con quella della mia voce, con le mie esperienze di vita, col mio
‘sentire’ il personaggio di Violetta sempre più profondamente, e con un peso
vocale totalmente diverso. Chiaramente bisogna essere anche delle brave attrici
in scena; non si può interpretare un personaggio senza viverlo in primis,
‘sentirlo’.
Come
prepari un personaggio da interpretare? Leggo tutto quello che
si può leggere del ruolo in questione, per esempio gli eventuali romanzi da cui
può essere tratto, e poi mi piace molto andare a fondo delle parole, mi soffermo
lungamente sul significato delle stesse e sull’emozione di un momento
specifico, e poi naturalmente lo studio vocale: ascolto la musica, studio la
partitura, provo e riprovo, ascolto anche le registrazioni del passato per
sentire quello che c’è stato, come viene affrontato il ruolo, per poi farne un mio
personaggio, mai un’imitazione. Analizzo soprattutto anche il perché di certe
pause, il perché della punteggiatura in determinati punti, per dare un motivo a
tutto quello che è scritto, il che mi aiuta ad entrare pienamente nello spirito
del personaggio. In ogni ruolo che interpreto c’è anche e soprattutto ‘Silvia’,
con le mie esperienze di vita, che si fondano e ritrovo in quelle del
personaggio che interpreto.
Come
descriveresti gli inizi
della tua carriera? Sono stati stranissimi: i miei studi mi avrebbero
condotta verso un altro tipo di arte, che ancora oggi mi affascina e riesco a
praticare nel tempo libero: la pittura. Avendo frequentato l’Accademia di belle
Arti, pensavo che la mia carriera si sarebbe indirizzata verso le arti
figurative: amo infatti molto la ritrattistica. Poi però il colpo di fulmine
con ‘Vissi d’arte’ della Tosca ascoltata per caso alla radio, e da lì una
ricerca su tutto ciò che riguardava l’aria e successivamente l’opera da cui era
tratta. Di seguito l’interesse per Puccini e le altre opere del grande Maestro,
amando tutte le arie più celebri, da cui la passione sempre più grande verso
questo genere di repertorio.
Ricordo ancora il mio
esame d’ammissione al conservatorio, per il quale mi ero preparata su arie di
diversa tessitura, persino maschile, generando lo stupore della giuria preposta
ad esaminarmi, semplicemente perché mi piacevano quelle, preparate peraltro in
brevissimo tempo e semplicemente ascoltando le musicassette, cantandoci sopra. Io
cantavo e basta, mi piaceva farlo. Ebbene su una sessantina di iscritti e due
posti a disposizione mi scelsero! Da lì subito concerti alla Fenice di Venezia,
o presso la Chiesa di Vivaldi, manifestando una passione nel canto entusiastica
ed una spigliatezza che ci sono ancora.
Per me cantare è quasi
vitale, non ci sono elementi oggettivi nella vita che possano minacciare il
buono stato della propria voce, e quando
si canta con amore lo si può fare in qualunque condizione, anche di salute.
Ci
sono dei momenti
difficili nella tua carriera? Ce ne sono certamente in un mondo così duro
quale è quello della musica: porte che si chiudono laddove sembrava si
aprissero portoni di opportunità, delusioni da persone insospettabili, oppure
il fatto stesso di dover spesso stare da soli viaggiando così tanto in lungo ed
in largo per il mondo. Ma la famiglia aiuta moltissimo col suo sostegno. Mi
sento molto fortunata ad averne una che mi vuol bene e mi sostiene in questo lavoro
tanto impegnativo e che spesso mi tiene lontana. E poi ci sono i momenti
indimenticabili sul palco: il debutto a Parma,
il debutto nei ruoli che ho sempre
amato, come ad esempio ne ‘Le contes
d’Hoffmann’, la ‘Semiramide’ e
naturalmente il sostegno del pubblico ad ogni rappresentazione.
Come
definisci il rapporto
con i direttori d’orchestra? Dipende da quanto il maestro lasci spazio
all’artista, se ognuno porta del suo, le diverse esperienze si incastrano per arrivare
ad un buon prodotto finale.
Quanto
conta l’immagine in questo lavoro? Conta fin troppo. Per
molti bisogna essere ‘nel personaggio’ anche fuori dal palcoscenico, ma io non
condivido questo modo di pensare, perché fuori dalla scena mi ritengo una
persona normale con la sua famiglia e la sua vita di tutti i giorni. Una
lezione di vita impartita a suo tempo dalla mia prima insegnante di canto. Sul
palco sono ovviamente una diva come i diversi ruoli richiedono, ma dopo c’è
l’altra vita, quella di ‘Silvia’.
Come
ti poni con le regie d’Opera moderne? A volte certe regie
contemporanee mettono in difficoltà un artista, ma un professionista cerca di
adattarsi e fare sempre del suo meglio, esprimendo ancora di più se stesso.
Quando, per esempio il palco è semi vuoto ci sia affida alla propria capacità
attoriale per essere credibile.
Quali
città preferisci? Amo moltissimo le città d’arte in
generale, e in Toscana prediligo soprattutto Firenze, punto di collegamento con
i miei studi passati, e in cui si mangia molto bene, ed uno dei miei piatti
preferiti è la classica Fiorentina, insieme a tutti i cibi tipici che la
Toscana sa offrire ai suoi visitatori!
Hai
un gesto scaramantico prima di entrare in scena?
Un piccolo gesto beneaugurante che eseguo
prima di entrare in scena è il segno della Croce. Pur non essendo praticante,
ritengo che debba esistere un qualcosa aldilà della nostra vita, soprattutto
quando essa ci riserva delle brutture in momenti particolarmente difficili.
Quali
sono le tue letture preferite? Accetto i buoni consigli degli amici su cosa
acquistare, non ho un genere preferito, semplicemente i buoni libri ben
scritti. Sto leggendo attualmente Carlos Ruiz Zafón, autore che ritengo molto
interessante.
Quale
è il tuo colore preferito? Il turchese che tende al verde
petrolio, anche se non lo indosso molto, perché un po’ appariscente.
Quando
sei a casa cosa ti piace fare? È importante molto
riposare, ma recentemente ho ripreso i pennelli in mano, realizzando anche una
mostra con i miei lavori preferiti.
Ti
piace andare al cinema? Ci vado volentieri! Un film che mi
ha lasciata particolarmente scossa è stato il ‘Miglio verde’ di Frank Darabont,
per l’intensità dei suoi contenuti, mentre
il ‘Conte di Montecristo’ è uno dei film che ho visto più di una volta. Non
esiste un film che vedrei all’infinito, il concetto stesso di infinito non mi piace
molto, ma sicuramente un buon film si può vedere più di una volta per coglierne
i dettagli che magari si sono persi precedentemente.
Preferisci
il giorno o la notte? Amo particolarmente la notte, perché è
più serena, calma, è silenziosa, svela solo alcune cose, e perché amo particolarmente
la luna, e inoltre la sera mi sento più piena di energia, come se l’energia
della notte fosse tutta per me. Per me l’energia che sappiamo emanare è
qualcosa di speciale, la stessa che sprigiono sul palcoscenico e che dono
completamente a chi mi ascolta, per cui dopo ogni recita mi sento
particolarmente provata, perché in quel frangente ho donato tutta me stessa,
l’energia vitale della musica e del ruolo che vivono in me!
Quali
sono le cantanti che ti hanno ispirata del passato e del presente?
Naturalmente Callas e Tebaldi per il
passato, e amo molto le grandi artiste di adesso: Devia, Dessì, Cedolins, per
citare alcuni grandi nomi di oggi.
Quale
è il tuo rapporto col pubblico? Indubbiamente ho un
rapporto molto stretto con il mio pubblico, per cui cerco di avere una parola
per tutti, perché il cantante è più gratificato dagli applausi che da qualunque
altra cosa. I cantanti sono lì per loro e voglio che questo arrivi, che sentano
le mie stesse emozioni, cercando di catturare l’attenzione della gente stessa,
di cui mi ritengo al servizio, sprigionando moltissima energia, dando tutta me
stessa, come spiegato prima.
Cosa
pensi del momento particolare che la lirica sta vivendo in Italia?
Spero sempre che le cose migliorino, ma non resta che stare a vedere
attualmente visti i tagli che si continuano a perpetuare in campo culturale.
Cosa
manca nella tua vita oggi? Se qualcosa mi manca adesso è solo
la sicurezza, la tranquillità che purtroppo questo lavoro non riesce a dare. Ci
sono momenti di grande soddisfazione lavorativa, e altri in cui sembra che
torni il buio. Ma per fortuna tutto il resto è dato dalla mia splendida
famiglia, che è sempre nel mio cuore ed è sempre presente. Fanno parte di
questa anche gli animali che amo moltissimo e popolano la mia
casa, anche grazie alle cure che la mia adorata figlia presta loro: un cane, un
gatto, una tartaruga ed un pesce, e prossimamente arriverà anche un bel Maltese, per avere un cagnolino da portare in
giro con me per farmi compagnia! (Mentre racconta queste cose si illumina
raggiante).
Ci
sono
aneddoti simpatici da raccontare in
scena? Il più simpatico riguarda sicuramente un Rigoletto, dopo la scena
del fazzoletto perso da Gilda. Un premuroso ed attento corista, credendo di farmi
cosa gradita, pensò bene di raccogliere il suddetto fazzoletto dal palco
pensando che lo avessi perso sul serio, e lo portò in camerino con gli occhi
che si illuminavano per il bel servizio reso! Va da sé che il baritono che
interpretava mio padre nella scena successiva fu costretto a far finta di
raccogliere un fazzoletto inesistente dal pavimento..
Quali
sono i tuoi prossimi impegni? Sarò in Marocco per Traviata e al Teatro alla Scala per Nabucco
nel ruolo di Anna, dopo un po’ di
riposo estivo, ed altri progetti in fase di lavorazione.
Dopo un’ intervista dal
sapore di chiacchierata tra due care amiche in cui ho avuto il piacere di
scambiare idee ed esperienze con una persona ‘vera’, con tanta serenità mi
accomiato dalla meravigliosa Silvia Dalla Benetta, augurandole tutto il meglio possibile e sperando di poterla
incontrare presto di nuovo.
MTG